Ma infatti non l'ha saputo... quella mattina accompagnando Laure in facoltà (a questo e poco altro si riducevano le nostre torbide frequentazioni a cui io avrei dovuto rinunciare... ) fu lei stessa che mi chiese come procedesse l'affare con Hélène: al che io sbottai e le dissi che secondo lei non dovevamo vederci più.
Lei sì si incazzò, mi disse che Hélène era fuori di melone perché fra noi era impossibile che ci fosse qualcosa e che sarebbe andata a dirgliene quattro per mettere in chiaro le cose. Quindi io, che assolutamente non volevo vedere nessuno litigare per causa mia, la scongiurai di aspettare e di starsene buona, che se proprio ci fosse stato bisogno che lei le parlasse gliel'avrei detto io.
Così fu: incontrai Hélène più tardi e come mi azzardai a dirle:
-Guarda che comunque io non vedo dove sia il problema se
Tagliò corto:
-Ancora? Te l'ho detto, non voglio più sentirne parlare.
E così finì, non se ne parlò più e non le accennai affatto della mia chiaccherata con Laure. Mentre stavamo in cortile a parlare di cazzate insignificanti, venne Laure ma si trattenne dal far motto, era solo per dirmi che se ne tornava a casa da sola, pareva incazzata e mi lasciò col dubbio che avessi offeso pure lei. Per completare questa giornata demenziale, venne la direttrice del dipartimento ad affidarmi una studentessa italiana sperduta ed appena arrivata, perché facessi gli onori di casa: un'altra donna a cui servire da zerbino...
Tornai a casa con la certezza d'aver perso un amore, il dubbio d'aver perso due amicizie ed il più forte mal di testa di cui io abbia memoria: dopo una tale pioggia di merda, mi ritenni al riparo da botte di sfiga almeno per un bel po'...
A Brainscan e Temperance: non dico che il vostro parere fosse proprio quello che volevo sentirmi dire ma... lo confesso, è così. Avete proprio centrato il punto, si cominciava malissimo, su una confessione di sfiducia ed una prima condizione (di solito la sfiducia ed i ricatti dovrebbero spuntare alla fine della storia, non all'inizio) ed è per quello che ho pensato che mi avesse posto davanti ad una scelta che mi metteva in crisi per chiudere subito. Dato che ora mi ci faccio delle grasse risate su questa non-storia, ma che sul momento ci stetti male e non poco, mi verrebbe da domandarmi perché, al dettaglio che in realtà io non le piacevo, non ci ha pensato prima di mettere a mezzo la proposta. Io mi faccio sempre mille fastidi per evitare di fare del male alle persone (a Laure ho confessato che l'ho amata per 4 anni solo quando era tutto finito, e scegliendo con cura il modo, il momento e l'espressione), ma credo che sia utopico pretendere che gli altri prendano simili precauzioni nei miei riguardi.
Io credo che dovresti essere un po' più sincero con te stesso.
Perché questa Laure ti piaceva ancora e tanto, altrimenti non avresti avuto la pugnalata quando ti disse che tra te e lei non ci sarebbe stato nulla. Io forse avrei avanzato la stessa idea di questa Hélène, perché insomma si capisce se c'è un interesse soffocato.
Touché. Anche tu hai punto sul vivo, cogliendo un aspetto non secondario del problema. Laure mi piaceva ancora, come mi piace ancora adesso. Ciò non implica che l'amassi ancora, certo le volevo bene e fisicamente è sempre stata il mio modello, ma non mi ci vedevo proprio fidanzato con lei. E' vero, era un po' la mia ossessione, ma tutte credevano che io per amare ancora lei non considerassi le altre, mentre in realtà aspettavo solo la buona occasione per provarci con un'altra.
E su questo, che potevo farci? Io non potevo cambiare i miei gusti a comando, né innamorarmi ancora di un'altra perché l'avevo deciso io. Non amavo più Laure ma dopo tanto soffrirci non potevo così, di punto in bianco, risorgere a nuova vita e mettermi a rimorchiare a destra e a manca come un portuale di Genova... stavo un po' sulle mie, per amicizia e per forza maggiore frequentavo soprattutto Laure e penso che le altre considerassero questa mia attitudine come un indizio per credere che io l'amassi ancora.
Io aspettavo un po' di fiducia per ricominciare: mi sarei innamorato di nuovo strada facendo. Non sono un tipo da tradire e da fare il pirla con le altre, fossero anche i miei amori di mezza vita. Se poi oltre a questo mi si chiedeva una sorta di colpo di fulmine a comando, un'esclusività immediata di tutti i miei pensieri su Hélène, allora voleva dire che la mia situazione mi condannava senza appello a restare solo.
con questi nomi sembrate usciti tutti dalla favola di Heidi
Ma Heidi non era tirolese?
I nomi (tranne il mio) sono veri, la storia è successa in Francia. Trovo che ci sia più gusto a soffrire per delle francesi
Esattamente, delle demoiselles che, dal punto di vista di un essere umano maschio in età riproduttiva, parafrasando all'inverso il Sergente Hartmann, sono la più alta forma di vita che ci sia nel globo.
Dice invece Cetto Laqualunque: Infattamente i giovani sono costretti ad emigrare perché in Italia c'è carenza di pilu e se nel ponente ligure ciò è verissimo devo anche dire che, perlomeno alla facoltà di lettere dell'università di Nizza, l'offerta supera la domanda Peccato solo che vadano forte gli spagnoli, gli italiani avendoceli dietro l'angolo non li cagano
Per darvi un'idea più completa del personaggio, Hélène in quei tempi faceva il filo pesante ad un professore ed aveva un ex a Roma che voleva tornare a trovare per riallacciare i contatti in profondità. Se ripenso a questi dettagli, io appaio come l'errore d'un momento, un sassolino nella scarpa e niente più.
EDIT
Approfitto di questo spazio che ho occupato, del thread aperto e che ormai mi pare abbia raggiunto un certo consenso, rispondendo quindi alla mia domanda, per parlarvi più estesamente dell'altra storia cui vi ho fatto accenno, quella con Laure, ed avere il vostro parere sul mio comportamento. Era da un po' che avevo in mente di farlo, diciamo pure da quando mi sono iscritto, ma finora non m'ero mai trovato dell'umore adatto a raccontarla. Forse facendolo così, in un edit che passerà forse inosservato, in un thread che è partito parlando d'altro, senza fanfara in testa, mi riesce più facile.
Questo è stato un amore alla vecchia maniera. Di quelli che, forse, ormai da me non se ne faranno più. Il pezzo unico, l'ultimo fatto con una certa arte, prima delle ripetizioni seriali. Quando è iniziato ci credevo ancora, ormai son troppo cinico in amore per godermi di nuovo una storia così.
Ed io lo sapevo che non dovevo vederla. Infatti, quando al secondo anno di facoltà di lettere me la trovai disgraziatamente in classe, l'evitavo come la peste. La mia timidezza in questo mi aiutava: non le rivolgevo mai la parola, non la avvicinavo, per disgrazia prendevamo lo stesso treno? Benissimo, mi nascondevo dietro un'aiuola della banchina finché il treno non arrivava, mi mettevo all'altro capo del convoglio se necessario. Se prendevamo lo stesso autobus, aspettavo che arrivasse la corsa seguente. Non potevo permettermi di conoscerla: avevo da pensare a studiare, non potevo permettermi il lusso di innamorarmi.
Tutte queste precauzioni non bastarono a salvarmi. Non erano passati nemmeno due mesi dall'inizio delle lezioni, era il 19 ottobre, che lei sale sul mio stesso autobus e, trovandosi davanti a me che ero piantato in mezzo alla corsia (era pieno da scoppiare, non potevo quasi muovermi, in una parola ero fregato), mi saluta.
All'epoca ero molto imbecille. Leopardi mi avrebbe definito "un coglione, un fiume di ciarle", ed infatti invece di far finta di non sapere il francese mi misi a parlare con lei. Peggio: cominciai a farmi delle idee, volevo sapere se fosse sola, pur senza osare chiederglielo. Trattenere un innamoramento come quello, è come tentare di trattenere la pisciazza che vi viene dopo due litri di coca ghiacciata ed un'oretta: impossibile e doloroso. Me la feci sotto fino all'ultima goccia, con grandissimo sollievo. A fine giornata ero cotto come una pera. Fossi stato meno imbecille, avrei parlato con lei ma freddamente, mantenendo le distanze e senza farmi digressioni sul futuro.
La settimana dopo vengo a sapere il prevedibile: era fidanzata. Non mi dispiacque perché ne ero certissimo, non poteva essere altrimenti. Cominciano intanto i sintomi di follia: a casa studiavo poco, costruivo modellini faraonici tentando d'avvelenarmi con la resina poliestere, cambiavo di corsi per stare più tempo con lei, anche se dovevo alzarmi alle cinque e mezza di mattina, ora all'inverso le tenevo compagnia in viaggio.
Ricordo che pensavo a lei, sola, come una lontanissima evenienza di un futuro improbabile, tanto lei sembrava innamorata (erano assieme solo da un anno). Intanto stando assieme diventavamo amici, anche se per onestà limitavo le frequentazioni alla facoltà. Ero completo in sua presenza, in sua assenza stavo come l'ago di una bussola, sempre volto verso di lei. Passavo per la città dove sapevo che abitava come se fossi passato in una chiesa.
Passano così due anni. Le avevo scritto quella poesia da 124 versi che ho già pubblicato anche qui, ma con falsa dedicataria: l'aveva letta, ma senza sapere che fosse per lei. Non volevo assolutamente dichiararmi, perché loro sembravano così felici assieme e non avevo il diritto di intromettermi; lui l'amava d'un amore bello quanto il mio, ed era certo nella posizione sociale migliore per assicurarle la felicità. Cominciavamo ad uscire in compagnia e ricordo che una notte che seguì una di queste serate, una particolarmente ben riuscita, che era come se fossimo stati assieme da fidanzati, la passai a piangere, per la certezza che non l'avrei mai avuta. Pagai così la mia coglioneria d'averle ceduto.
Un anno di lontananza, con lei che va a fare l'erasmus a Torino: cominciai a calmarmi un po'. Per un curioso scherzo del destino, proprio mentre l'allontanamento mi addormentava, lo stesso fatto cominciava a mettere in crisi il rapporto di lei col ragazzo, d'altronde già al quarto anno.
L'anno seguente, la coppia traballava: si mollarono e si ripresero almeno tre volte. Invece di soffiare sul fuoco, questo tira-e-molla mi svelò tutti i difetti di lei e mi rese molto tiepido nei suoi confronti, è la disillusione a cui mi riferivo sopra. Vacillai solo un giorno, quando il bellimbusto la fece piangere ed io, a vederla così, ci stetti male. Però non la amavo quasi più, le volevo un grandissimo bene in quanto amica, ma non avevo più desiderio per lei. Continuavo a sognarmela di notte, ma era normale, l'eco d'un amore così è duro a morire nell'inconscio. Fu allora che le dichiarai che l'avevo tanto amata per tutto quel tempo, che quella lunghissima poesia era per lei e lei sola, ma che ormai m'ero calmato, era finita.
Come avevo sperato, questa dichiarazione tardiva non fece nulla di male alla nostra amicizia, semmai la rinforzò: forse capì che io mantengo per le ragazze che ho amato la più grande devozione. Ora siamo sempre amici, a nostro modo: per il mio compleanno è stata anzi lei a scrivermi una poesia. Eppure quando la vedo in certe occasioni, in tutta la sua bellezza, sono lusingato dall'avere con lei un rapporto speciale, ma sento anche un po' d'amarezza per non aver comunque tentato... forse sarebbe bastato non dirle che non l'amavo più. Sbaglio: lei se mi avesse voluto altrimenti che da amico me l'avrebbe detto la prima volta che si era mollata.
Comunque la si giri, sono stato un imbecille, la prova ne è tutto il male che mi ha fatto questa storia, ma volevo sapere, secondo voi, in cosa lo son stato di più: a lasciarmi cascare nella rete? A non dirle subitissimo, fidanzata o meno, come stavano le cose? A non averne approfittato appena s'era liberata? Non abbiate timore di offendermi, parlate pure in tutta franchezza.
Ultima modifica di Lucien; 16/12/2010 alle 1:19