ROMA - Cristiano Di Pietro non ha fatto nulla di diverso da quanto fanno la maggior parte degli italiani. Nelle telefonate finite sotto la lente degli inquirenti che indagano sugli affari sospetti dell'imprenditore Alfredo Romeo si è limitato dire "che a Bologna ci sono dei bravissimi professionisti che conosce e se ce ne è bisogno si possono dare dei lavori a loro". Parola di Antonio Di Pietro, tornato oggi in un'intervista a Sky Tg24 sulla vicenda giudiziaria che ha sfiorato il figlio Cristiano, per ribadire che "se questo venisse considerato un fatto penalmente rilevante dovremmo mettere il recinto intorno a tutto il Paese".
"Un buon padre - sostiene il leader dell'Italia del Valori - non può far finta di non vedere se una certa cosa riguarda il figlio. Il mio non ha fatto niente di penalmente rilevante e se vogliamo niente da rimproverargli chissà cosa". "E' un consigliere provinciale - aggiunge - che ricordava al Provveditore della Repubblica la necessità di ultimare la costruzione di alcune caserme dei Carabinieri e fin qui mi sembra che abbia fatto una cosa doverosa di cui sono orgoglioso. Poi però - prosegue - ha anche detto in un paio di telefonate che a Bologna ci sono dei bravissimi professionisti che conosce e se ce ne è bisogno si possono dare dei lavori a loro. Se questo venisse considerato un fatto penalmente rilevante dovremmo mettere il recinto intorno a tutto il Paese".
Che le intercettazioni possano essere usate per creare polverone attorno a una persona innocente secondo Di Pietro non è però motivo sufficiente per ridurne il ricorso, come vorrebbe la riforma proposta da Silvio Berlusconi. "Le intercettazioni - spiega l'ex pm - stanno all'attività giudiziaria come il bisturi alla sala operatoria: sono strumenti utili e necessari. Io sono contrario alla loro limitazione e sono anche convinto che debbano essere pubblicate".
"La colpa di ciò che sta accadendo sul fronte della giustizia - precisa ancora Di Pietro - non è né dei magistrati che fanno le indagini, né dei giornali che pubblicano le intercettazioni. La colpa è dei parlamentari che non si decidono a fare una legge che stabilisca di non candidare più i condannati, di non consentire a chi è stato rinviato a giudizio per reati gravi di fare l'amministratore pubblico e di non permettere più alle imprese con rappresentanti legali che sono stati condannati di partecipare alle gare di appalto. Basterebbe questa semplice legge per avere un ricambio generazionale in Parlamento e nel sistema delle imprese".
"Per il Paese - sottolinea ancora il leader dell'Idv - la vera emergenza non è solo la giustizia in senso lato, ma la giustizia sociale". Il governo, prosegue Di Pietro "si decida e, invece, di togliere ai poveri per dare ai ricchi, cerchi di togliere agli evasori fiscali, che sono aumentati, per sostenere, invece, il reddito di chi rimane senza lavoro e di chi non sbarca il lunario pur avendocelo, a partire dall'incremento del fondo per gli ammortizzatori sociali. Vedrà che su questa strada a collaborare, per una volta, troverà anche l'Italia dei valori".
Di Pietro difende il figlio Cristiano "Nulla di penalmente rilevante" - cronaca - Repubblica.it