mercoledì il premier berlusconi aveva minacciato di porre il veto sul pacchetto
Ue, tagli ai gas serra: unanimità sugli obiettivi, si deciderà a dicembre
Si va verso un compromesso: si terrà conto dei costi-benefici per i settori dell'economia europea
BRUXELLES -
Mercoledì il presidente del Consiglio Berlusconi aveva minacciato di porre il veto sul pacchetto con le misure contro il cambiamento climatico. Decisione che lo aveva posto in contrasto con la maggioranza dei Paesi europei. Al termine del Consiglio europeo sembra però essere stata trovata una soluzione di compromesso.
SARKOZY - «Abbiamo ottenuto l'unanimità: gli obiettivi sono gli stessi e il calendario è lo stesso». Lo ha detto il presidente di turno dell'Ue Nicolas Sarkozy riferendosi alle conclusioni raggiunte dal Consiglio Europeo in merito al pacchetto clima.
C'è però l'impegno «a trovare soluzioni per i paesi che hanno manifestato problemi» ha aggiunto Sarkozy riferendosi al dibattito che si è svolto in seno al Consiglio Europeo sul pacchetto clima.
FRATTINI - L'Ue ha «condiviso» i «principi e le obiezioni» rappresentate dall'Italia sul dossier clima-energia. Lo ha riferito il ministro degli Esteri Franco Frattini al termine del Consiglio europeo di Bruxelles. Frattini ha osservato che su materie come clima ed energia «nessun interesse di nessuno Stato membro potrà essere trascurato». L'Italia, ha riferito ancora il titolare della Farnesina, ha rappresentato «difficoltà » non riguardo al raggiungimento degli obiettivi finali ma alla «rigidità » del pacchetto. L'Italia ritiene che ci vogliano «sostenibilità e flessibilità » e l'Ue, ha detto Frattini, ha condiviso la sostanza «dei principi e delle obiezioni» presentate da Roma.
BERLUSCONI - «Condivido la formula di rinviare la decisione a dicembre da parte del Consiglio Europeo. Ho notato la preoccupazione dei Paesi dell'Est per il gravame economico. Bisogna partire da un principio e cioè se l'Unione europea deve essere la portabandiera di una politica per ridurre le emissioni di CO2 i gravami economici devono essere divisi tra tutti i cittadini in egual misura» ha detto il premier Silvio Berlusconi. «Ci sono ad esempio - prosegue - dei paesi manifatturieri, come il nostro, che hanno dei gravami molto più alti rispetto agli altri paesi e, non è possibile dunque, che l'Italia si addossi costi altissimi rispetto ad altri Stati. Se l'Unione Europea a dicembre prenderà questa decisione, il tutto sarà suddiviso tra i 530 milioni di europei in egual misura. Questa deve essere la direzione».
COMPROMESSO - In pratica si va verso un compromesso dato che il vertice dei 27 Paesi Ue a Bruxelles ha accolto la richiesta italiana di valutare la bozza alla luce del rapporto costi-benefici, confermando però la prevista scadenza di fine anno per il raggiungimento di un accordo. Si cercherà di dare una mano ai comparti industriali dei diversi Paesi, a cominciare dal settore dell'auto: «Non possiamo chiedere di produrre auto pulite senza dar loro una mano - ha detto infatti nella conferenza stampa finale - ed è proprio su questo che stiamo lavorando.
Mercoledì sera era stato Sarkozy, presidente di turno della Ue, a fare un'apertura dicendo che Berlusconi «non è un uomo che blocca i processi. È una persona che alla fine della discussione ha sempre fatto l'interesse dell'Europa. Troveremo un accordo giusto». Poco prima lo stesso presidente francese aveva sottolineato che «è inaccettabile» rivedere gli obiettivi contro il cambiamento climatico e che «va trovata una soluzione prima di gennaio». «Dobbiamo tenere conto delle questioni sollevate da alcuni nostri colleghi - aveva aggiunto -, ma la questione clima è una questione di responsabilità storica e la crisi finanziaria non deve diminuire le nostre ambizioni». Oltre all'Italia, anche la Polonia e altri otto Paesi dell'est avevano chiesto di tenere conto delle «specificità dei singoli Paesi» nell'applicazione delle misure.
SCAMBIO DI EMISSIONI - Il veto a cui aveva fatto riferimento il presidente del Consiglio riguardava la clausola Ets che consente lo scambio di emissioni di Co2. In pratica la norma, già contenuta nel protocollo di Kyoto, prevede che un'azienda che inquina meno dei parametri previsti possa acquisire inquinamento dietro compenso da aziende che altrimenti rischiano di infrangere il tetto di emissioni. Anche altri Paesi, tra cui Francia, Germania e Polonia, si sono espressi contro l'ulteriore ampliamento della norma. Nella "borsa delle emissioni" (sistema Ets) attualmente in vigore nell’Ue, e che applica la legislazione derivata dal Protocollo di Kyoto (periodo 2008-2012), a tutte le installazioni industriali, comprese le centrali termoelettriche, sono assegnate gratis le quote di Co2 che è possibile emettere. Anche in questo caso, se superano le quote, gli impianti devono acquistare sul mercato i diritti di emissione eccedenti. Nel pacchetto Ue sul dopo-Kyoto (2013-2020) è previsto che tutti gli impianti termoelettrici comprino all’asta il 100% dei loro diritti di emissione già a partire dal 2013.
«NON FACCIAMO I DON CHISCIOTTE» - «È una clausola ridicola, perché si creerebbe un nuovo mercato economico su titoli derivati che sarebbero tossici - ha spiegato il premier -. Le nostre imprese non sono assolutamente nella misura di sopportare i costi della regolamentazione proposta. Non crediamo che sia il momento di fare i Don Chisciotte, di andare soli quando i paesi grossi produttori di C02 come gli Usa e la Cina sono assolutamente negativi sul fatto di aderire alla nostra azione». Secondo il premier il pacchetto costerà all’industria automobilistica italiana «dai 160 ai 180 miliardi di vecchie lire», mentre «tutto il resto dell’economia dovrebbe addirittura pagare il prezzo di 25 miliardi di gravame all’anno». Il ministro degli Esteri Franco Frattini aveva aggiunto che «la parola d'ordine è flessibilità e sostenibilità. Se questi due elementi vengono inseriti, si può anche arrivare a un accordo». L'annuncio italiano e l'iniziativa polacca hanno rimesso in discussione la tabella di marcia per l'applicazione del pacchetto proposto dalla Commissione Ue, che si articolano in quattro direttive. Bruxelles intende applicare le decisioni assunte all'unanimità dai 27 a marzo 2007 che prevedono, entro il 2020, una riduzione del 20% di emissioni di gas nocivi rispetto ai livelli del 1990, un aumento del 20% di consumi da energie rinnovabili e un incremento del 20% dell'efficienza energetica.
PROTESTA DI GREENPEACE - Nella notte alcuni attivisti di Greenpeace sono entrati nel cantiere della centrale Enel di Torrevaldaliga Nord a Civitavecchia per protestare contro «l'ostilità del governo italiano al pacchetto clima ed energia dell'Ue». «La volontà del governo è quella di sabotare il percorso per la seconda fase del Protocollo di Kyoto e far saltare le uniche possibilità concrete di ridurre le emissioni» ha spiegato Giuseppe Onufrio, direttore delle campagne di Greenpeace. «La recente conversione a carbone della centrale di Civitavecchia - ha aggiunto Francesco Tedesco, responsabile della Campagna Energia e Clima di Greenpeace - rappresenta il fallimento della politica energetica italiana verso la riduzione delle emissioni di gas serra. Una volta in funzione, la centrale immetterà in atmosfera oltre 10 milioni di tonnellate di Co2, pari alle emissioni di due milioni di Suv. Per questo Greenpeace chiede una moratoria sulle centrali a carbone». Mercoledì l'organizzazione aveva denunciato la posizione dell'Italia al vertice Ue: «Se questa deve essere la funzione del ministero dell'Ambiente, tanto vale chiuderlo, visto che l'impegno ambientale del ministro non è migliore di quello di Confindustria». Risposta del portavoce del ministro Prestigiacomo: «Siamo per lo sviluppo sostenibile, non per le declamazioni insostenibili che ci hanno portato ha sforare del 13,5% gli impegni di Kyoto. Non dovrebbe sfuggire ai tanti che invocano questo pacchetto che i costi li pagherebbero i cittadini con rincari delle bollette e bei beni di consumo».