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Perché questa crisi non è presa sul serio? Colpa di economisti e politici

  1. #1
    Scrivano Lucien
    Uomo 40 anni da Imperia
    Iscrizione: 10/10/2008
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    Predefinito Perché questa crisi non è presa sul serio? Colpa di economisti e politici

    Ieri un diciottenne s'è suicidato menzionando fra i motivi del suo gesto la mancanza d'un futuro possibile; oggi Moody's taglia il rating di molte solide istituzioni economiche italiane (confermando così che il suo giudizio vale quanto quello dei vecchietti tuttologi e un po' brilli del bar sport) e si viene a sapere che 8 milioni di italiani, ossia una famiglia su cinque, vivono in stato di povertà.
    Penso sia il caso di ricordarsi che tutto questo teatrino dell'assurdo in cui le sofferenze sono ben reali non è il frutto della fatalità ma delle scelte consapevolmente sbagliate dei poteri che ci sovrastano.

    Ecco un articolo degno di nota a tal proposito (non lo metto fra i quote perché la scrittura in corsivo è illeggibile)

    Due anni e mezzo fa i grandi geni dell’economia (quelli che la crisi non l’avevano prevista nemmeno il giorno prima del fallimento della Lehman Brothers e che ridicolizzavano i pochi che ne segnalavano l’arrivo) decretarono che la crisi era ormai risolta o in via di soluzione e che alla fine del 2010, al più tardi nel 2011, l’economia avrebbe recuperato il terreno perso e sarebbe tornata a galoppare. Infatti….



    La nuova fiammata iniziata esattamente un anno fa avrebbe dovuto rendere tutti un po’ più accorti e far venire qualche sospetto. Invece, la crisi continua ad essere trattata come un incidente di percorso, certo un po’ più noioso del previsto, ma, insomma, destinato a risolversi in breve (al massimo un paio d’anni). Nel frattempo, tutto quello che si richiede è di innaffiare i mercati bancari con ripetuti getti di liquidità e, per il resto, aspettiamo che il temporale passi per i fatti suoi. Eppure, riflettiamoci: dal 1929 in poi non c’è stata nessuna crisi così diffusa e duratura. Mai, prima, si era registrata una crisi di tale ampiezza planetaria: è vero che abbiamo avuto numerose recessioni dal 1945 in poi, ma mai così contemporaneamente in tutto il Mondo. E, se ancora non si è registrata una caduta della domanda aggregata mondiale, è anche vero che questo non è accaduto essenzialmente per la tenuta delle economie cinese, brasiliana ed indiana; oggi una regressione della domanda aggregata mondiale appare un rischio tutt’altro che lontano o improbabile.


    Anche dal punto di vista temporale le cose non stanno meglio: questa crisi è iniziata nel 2008 (ma sarebbe più corretto antedatarla almeno di un anno) e nessuno sostiene che siamo alla vigilia della sua fine. I più ottimisti parlano ancora di 1-2 anni di recessione. Quindi, si tratterebbe di una crisi sostanzialmente ininterrotta da 5-6 anni. Chi scrive queste righe è convinto che ci vorranno ben più di due anni per venirne fuori, ma, anche considerando che questo lasso di tempo sia sufficiente, si tratterebbe pur sempre della crisi più prolungata dopo quella del 1929. Ma, per di più, non si capisce sulla base di quali presupposti possiamo ipotizzare una uscita in tempi anche medio brevi e senza un lungo strascico. Per cui la prospettiva di una recessione prolungata che sbocchi in una depressione paragonabile (quantomeno per i tempi) a quella degli anni trenta è tutt’altro che irrealistica.
    Ma quello che più rileva è che ampiezza, diffusione e durata della crisi non sono quelle di una delle tanti crisi ricorrenti, ma fanno chiaramente intendere che si tratta di una crisi sistemica: in altri termini, non si tratta di scelte sbagliate ed errori occasionali, ma di una disfunzione del sistema in quanto tale. Non si tratta di gomme lisce o di una manovra sbagliata che ci ha messo fuori strada, è il motore che non va più.


    Ma questo è un tabù che non bisogna toccare: istituti di vigilanza, banche centrali, governi, organizzazioni finanziarie ed “economisti” ammettono che ci sia al massimo bisogno di qualche aggiustamento, di “limitare gli eccessi”, rafforzare gli asset, imporre un po’ più di trasparenza e, per il resto, inondare di liquidità tutto il globo terrestre. Come dire che il motore si è fuso, ma il meccanico pensa a cambiare la coppa dell’olio o rettificare un po’ l’albero di trasmissione che, in effetti, era un po’ sbilanciato e, per il resto mettere tanta acqua nel radiatore. Voi dite che l’auto riparte?


    Il punto è che non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire, per cui i finanzieri non hanno alcuna intenzione di rimettere in discussione la loro centralità nel sistema economico e tantomeno di prendere in considerazione massicci salassi all’incredibile massa di profitti realizzati in questi anni, le banche centrali, sostenute dagli “economisti” non prendono lontanamente in considerazione l’idea di ripensare il Talmud neo liberista con le sue verità rivelate, i governi non pensano neppure che possa esserci un diverso ordine sociale ed economico e, più che di uscire dalla crisi, si preoccupano di fare in modo che tutto resti come è. E per il resto la ricetta è quella di sempre: liquidità a cascata per le banche e tagli ai servizi sociali e tasse sui consumi. Che a pagare la crisi siano lavoratori e ceti medi: nuova questa idea!



    Solo che ci sono momenti in cui non serve neppure la solita spremitura dei ceti subalterni. Continuate pure a tagliare i servizi sociali e a decurtare i salari, a licenziare e ad aumentare le tasse sui consumi: i consumi caleranno sempre più, le aziende falliranno a catena, i disoccupati diventeranno legione, il Pil precipiterà e con esso il gettito fiscale, ci sarà un impoverimento generale su cui “galleggeranno” i vostri patrimoni ultra miliardari, ma tutto quello che otterrete sarà di approfondire la recessione ed andare verso la catastrofe.


    A distanza di quattro (cinque) anni dall’inizio della crisi, questa dinamica dovrebbe ormai essere abbastanza chiara e, invece, siamo al punto di prima: quelli che “non vedevano” venire la crisi e bacchettavano i “profeti di sventura” sino al giorno in cui gli è caduta in testa la Lehman Brothers, oggi continuano a non vedere che la crisi non solo c’è, non solo continua, ma si è anche avvitata su sé stessa precludendo ogni via di uscita.


    Da cosa dipende questa straordinaria cecità? I maggiori responsabili sono gli “economisti”, cioè quanti occupano cattedre universitarie, centri studi di grandi banche, ecc che, (salvo qualche mosca bianca”) sono tutti di dichiarata e granitica fede neo liberista e sono totalmente incapaci di un minimo di laicità che gli consenta il benché minimo dubbio sui propri dogmi. Ma, in fondo, non è colpa loro: povera gente che conosce solo le quattro formule neo classiche che ripetono alla noia, si trovano in quei posti perché ce li ha collocati il vento dell’anti rivoluzione liberista che si illudono di aver suscitato. Negli anni settanta-ottanta negli Usa, in Inghilterra e poi, man mano, negli altri paesi occidentali iniziò un processo di espulsione di qualsiasi corrente culturale alternativa a quella neo liberista, lo strumento fu quello della “peer review” per cui prevalevano quelli che scrivevano sulle riviste più autorevoli o partecipavano ai convegni internazionali più fastosi, solo che le riviste più accorsate erano tali perché finanziate con valanghe di dollari dalle maggiori banche che provvedevano anche a finanziare i convegni internazionali. Ed ovviamente, i finanziamenti arrivavano solo agli istituti ed alle riviste orientati “bene”. Mass media e consulenze fecero il resto ed una responsabilità gravissima la ebbe il Premio Nobel che promosse fior di cialtroni e truffatori, purché dichiaratamente liberisti.




    L’operazione “pensiero unico” ebbe successo: l’economia fu costantemente sinonimo di pensiero liberista. Economisti furono riconosciuti solo quelli che suonavano solo lo spartito che il padrone voleva sentire. D’altro canto, le consulenze bisogna pur meritarsele e non è educato sputare nel piatto in cui si mangia.


    A questo proposito, nei prossimi giorni, pubblicherò un saggio di Alberto Martinelli su alcuni aspetti nascosti della crisi globale, in cui si sofferma anche sulle responsabilità degli economisti e sulla loro venalità, Martinelli non è affatto un marxista e tantomeno un estremista bolscevico, anzi ama molto la tradizione liberal degli Usa, ma è una persona molto intelligente ed onesta intellettualmente. Il testo è in inglese (forse con un po’ di tempo proveremo a tradurlo) ma consiglio di leggerlo ugualmente.


    Tornando a noi, l’operazione è riuscita, ma i promotori di questo pogrom intellettuale non hanno a gioirne: oggi, al posto di valenti consiglieri si trovano solo un coro di cortigiani prezzolati. Non c’è malafede nelle diagnosi che questi “economisti” spacciano impudentemente, semplicemente è quello che sanno fare. D’altra parte, l’assenza di confronto intellettuale non ha mai fatto crescere nessuno. E, dunque, molto più che gli “economisti” le responsabilità vanno attribuite a chi se li è inventati come tali: i finanzieri ed in parte i politici. E siamo all’altra categoria che porta tutto il peso di questo disastro: i politici. Anche qui siamo di fronte agli effetti del “pensiero unico” per cui da trenta anni abbiamo stabilito che legittimo è solo il pensiero liberale-liberista, tutto il resto era conservazione (in particolare qualsiasi difesa dello Stato sociale o dell’eguaglianza), utopia, errore, quando non proprio insania (come quella di chi continua a dirsi comunista). In questo senso, la catastrofe è stata il passaggio dei partiti socialisti europei in campo liberale. Gravissime sono le colpe di personaggi come Schroeder, Blair, Occhetto, D’alema, ecc. personaggi molto più spregevoli dei loro dirimpettai (Berlusconi incluso) per la loro inconsistenza politica ed intellettuale e per il ruolo di becchini della tradizione socialista.


    Il risultato di questa uniformazione generale al verbo neo liberista (e guardate come l’attacco alle ideologie si è trasformato nella dittatura di una ideologia e della più fondamentalista, spacciata come scienza) ha avuto come unico risultato un ceto politico occidentale di sconfortante mediocrità: fra Obama, Monti, Sarkozy, Hollande, Bush, Blair, Cameron, Merkel, Berlusconi, Schroeder, Zapatero, Rajoy, ecc ecc. riuscite a trovare uno (solo uno) capace di reggere il confronto (non dico con Churchill, Roosevelt, Tito, De Gaulle, Togliatti, ed azzardo persino Stalin e Franco) con Mitterrand, Brandt, Moro, Kennedy, Mc Millan, Johnson, Khol ecc.? Di fronte a questa compagnia di guitti diventa un personaggio di statura storica. De Gasperi diceva che la differenza fra un politicante ed uno statista sta nel fatto che il primo pensa alle prossime elezioni ed il secondo alla prossima generazione. Qui abbiamo personaggi che pensano al massimo al prossimo sondaggio d’opinione e le cui gesta più memorabili sono qualche confronto televisivo. Deprimente.


    Ma c’è anche altro che riguarda la percezione della crisi nei comuni cittadini che, pure, non vivono la cosa con particolare drammaticità, convinti che si tratti dell’ennesima perturbazione passeggera. Ma di questo parleremo nel prossimo pezzo.

    Aldo Giannuli


    Perché questa crisi non è presa sul serio? La colpa è di economisti e politici - AgoraVox Italia

  2. #2
    Randagio
    Utente cancellato

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    Non è vero, è colpa del fruttovendolo sotto casa che non mi ha fatto lo scontrino per le due mele! Maledetto fruttivendolo!

  3. #3
    Overdose da FdT
    Uomo
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    Quote Originariamente inviata da Randagio Visualizza il messaggio
    Non è vero, è colpa del fruttovendolo sotto casa che non mi ha fatto lo scontrino per le due mele! Maledetto fruttivendolo!
    domanda ma in un anno ruba di piu il tuo fruttivendolo o il manager pubblico che guadagna piu di 900.000 euro o 600.000 senza rispettare il limite dei 250.000 euro che il tanto decantato governo monti aveva promesso di ridurre a tutti i manager pubblici?

  4. #4
    Mayak
    Utente bannato

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    e perchè il problema del fenomeno migratorio è preso sul serio ?

  5. #5
    Scrivano Lucien
    Uomo 40 anni da Imperia
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    Non perdiamoci in discussioni di dettaglio: Monti, la sua banda e le sue alternative sono solo strumenti al servizio di un sistema. E' il sitema nel suo insieme che va messo sotto accusa, non il servo tizio o il galoppino caio.

  6. #6
    Overdose da FdT
    Uomo
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    Quote Originariamente inviata da Lucien Visualizza il messaggio
    Non perdiamoci in discussioni di dettaglio: Monti, la sua banda e le sue alternative sono solo strumenti al servizio di un sistema. E' il sitema nel suo insieme che va messo sotto accusa, non il servo tizio o il galoppino caio.
    Se tu fossi un politico che deve essere eletto per non avere le mani spoche del sangue della macelleria sociale che fai? Chiami monti quindi che tu sia alfano,bersani o fai casini l'economista tecnico ( ma costui chi lo avrà mai votato?) ti fa gioco sara sporco o indegno ma questo è il sistema metterlo sotto accusa, e un giochino facile come demagogia che però non porta a nulla visto che qualcuno questa gente li ha votati e quindi la colpa e un po tua o come mia o di altri che li abbiamo votati

  7. #7
    Scrivano Lucien
    Uomo 40 anni da Imperia
    Iscrizione: 10/10/2008
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    Ripeto: qui non si tratta di piccole beghe della politica interna italiana; qui si tratta piuttosto di una dottrina economica inefficace, il neoliberismo, che va esautorata.

    Nel nostro piccolo propongo due soluzioni: rivolgerci ad istituti di credito minori e votare il politico che inserisce nel suo programma la tassazione delle rendite finanziarie.

  8. #8
    Can che dorme Wolverine
    Uomo 39 anni
    Iscrizione: 3/4/2006
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    Quote Originariamente inviata da Lucien Visualizza il messaggio
    Ripeto: qui non si tratta di piccole beghe della politica interna italiana; qui si tratta piuttosto di una dottrina economica inefficace, il neoliberismo, che va esautorata.

    Nel nostro piccolo propongo due soluzioni: rivolgerci ad istituti di credito minori e votare il politico che inserisce nel suo programma la tassazione delle rendite finanziarie.
    Il liberalismo inteso come libera iniziativa e mercato non è da esautorare...sono invece da esautorare tutti coloro che guadagnano unicamente su speculazioni finanziarie pure senza avere uno straccio di talento imprenditoriale e quindi senza produrre nulla che per lo meno assomigli ad un bene tangibile o ad un servizio ragionevolmente utile per la comunità. QUESTO è il baco del liberalismo...ma per il resto il sostegno all'iniziativa privata, la libertà d'impresa e di crescita sono capisaldi che non devono essere persi. Un'economia pianificata, guidata e collettivista ha fallito OVUNQUE, non può essere un modello perchè è perdente in partenza.

    Liberalismo con alcuni paletti? Perfetto, sono con te
    Qualche settore chiave lasciato in mano statale (Acqua, in primis)? Può starmi bene anche questo, se la gestione riuscisse ad essere efficiente.

    Stato "pesante" e con eccessiva regolamentazione burocratica? NO, la via d'uscita non è quella.

  9. #9
    Scrivano Lucien
    Uomo 40 anni da Imperia
    Iscrizione: 10/10/2008
    Messaggi: 2,441
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    Sì, siamo d'accordo, infatti con neoliberismo intendo non il liberalismo ma la sua estremizzazione, le dottrine del lasciar fare esasperato, senza nessun controllo né regolarizzazione.
    Non è giusto che gli istituti finanziari facciano i porci comodi loro sui mercati andando poi a chiedere finanziamenti agli stati, cioé a tutti noi, quando la speculazione va male, ricattandoci perché se vanno a fondo loro affondiamo tutti, né che gli stati vengano portati a fondo dall'effetto domino dei mercati innescato dalle agenzie di rating. Bisogna darsi una regolata, altrimenti corriamo grossi rischi. La fine del mondo di cui si parla tutti la attendono dal meteorite o dai vulcani, io la aspetto dai mercati e dalla speculazione.

    Penso anche che la maggior parte della gente sia ancora estranea a queste considerazioni, e che ci vorrebbe più consapevolezza.

  10. #10
    FdT-dipendente napevril
    Uomo 31 anni da Caserta
    Iscrizione: 25/2/2008
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    La vera crisi è nei valori.

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