66.000 euro in un anno,
5.500 al mese: più o meno
5 volte la paga mensile di un operaio metalmeccanico. Ammonterebbero a tanto le spese che il direttore del Tg1, Augusto Minzolini, avrebbe fatto utilizzando la carta di credito aziendale della Rai.
"
Mi sembra una cosa campata in aria, ridicola: tutte le mie spese sono motivabili", ha
replicato il direttore del più importante tiggì italiano,
Augusto Minzolini, con l'aria finto-sicura di chi pensa "
ora sono nella merda". Che dire. Non bastava l'irrefrenabile crollo degli ascolti, degli introiti pubblicitari e soprattutto della credibilità, non bastavano le epurazioni, le menzogne e le omissioni, non bastavano le quotidiane irrisioni al servizio pubblico, alla deontologia professionale e all'intelligenza di noi telespettatori, ora ci sarebbe pure questo.
Cinquemilacinquecentoeuroalmese di carta di credito aziendale: più di
10 volte il limite imposto dalla Rai per le spese di rappresentanza, quei 500-600 euro mensili che viale Mazzini mette a disposizione dei propri direttori per "
pranzi e cene, o per fare dei regali a ospiti, fonti o autorità istituzionali". Un limite che precedentemente era sempre stato rispettato. Precedentemente. Eh già, è una cifra folle, che fa rabbia, quella scialacquata dal Direttorissimo: perché si schianta contro il profondo rosso iscritto nei bilanci societari, perché coccia contro gli stipendi da fame dei tanti precari Rai, perché va sommata a quei
circa 700.000 euro che Minzolini si porta già a casa ogni anno. Insomma, come questi soldi siano stati spesi per ora rimane un mistero. Ma tranquilli, sul caso c'è già la Corte dei Conti. Come perché? Perché sono soldi nostri, naturalmente.
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