IL FEDERALISMO non si farà mai, le riforme neppure, il calo delle tasse è un sogno, ma almeno un obiettivo programmatico il governo Berlusconi l'ha centrato in pieno: la chiusura di Annozero. In fondo a una guerra cominciata nel 2002, con l'editto bulgaro, Silvio Berlusconi ha ottenuto la resa di Michele Santoro.
A parte cinque o sei milioni di spettatori, che però non contano nulla, sembrano tutti contenti. È felice il premier, per il quale Annozero era ormai diventata un'ossessione personale, come si evince dalle intercettazioni, anche quelle destinate a sparire nel nuovo giro di vite. È entusiasta il direttore generale Rai, Mauro Masi, detto "Zimbabwe", d'aver finalmente portato a termine la missione voluta dal presidente del consiglio. Pur se si tratta di chiudere la più redditizia trasmissione dell'intera azienda, alla fine di un anno record, con una media di oltre il 20 per cento di share su una rete, Raidue, ormai crollata al 9 per cento. Sono soddisfatti i consiglieri dell'opposizione, che appena possono votare con la maggioranza lo fanno sempre volentieri. Alla fine, se non contento, è sereno anche Michele Santoro, stanco di guerre legali. Soltanto un po' preoccupato che la "fabbrica della diffamazione" possa far passare la versione losca della vicenda, "quella da gossip, il comunista Santoro che vende i suoi ideali in cambio di una liquidazione milionaria". Peraltro già usata all'epoca contro Enzo Biagi.
Nel caso Santoro c'è un aspetto personale e uno politico. Il primo non è del tutto chiaro, forse nemmeno a Santoro stesso, che continua a cambiare idea. Ieri, alla vigilia della puntata, ha radunato la redazione e spiegato le sue ragioni. "Non è vero quello che leggete sui giornali, non ho firmato nessun accordo" è stato l'esordio. Ha chiesto a Masi una settimana per riflettere, per guardarsi intorno, anche per capire "se qualcuno ancora mi vuole in Rai". Ieri pomeriggio ha scritto una lettera aperta al segretario del Pd, Bersani, per chiedere la ragione dell'apparente assenso dei consiglieri di opposizione alla strategia di Masi. Ma poi l'ha cestinata, per decidere di "dire qualcosa stasera, in trasmissione". Della trattativa per uscire dalla Rai, chiudendo Annozero, non aveva parlato con nessuno, neppure con Marco Travaglio. Ma da mesi Santoro va dicendo d'essere stufo della battaglia legale con l'azienda che si trascina dal 2002 e rischia di durare ancora a lungo. Contro le promesse fatte a Santoro, dopo il successo di Annozero 2010, la Rai ha infatti deciso di ricorrere in Cassazione contro la sentenza che permette alla trasmissione di andare in onda. Senza peraltro, anche qui, alcuna opposizione dei consiglieri di minoranza. "Questo significa altri tre anni almeno di trincea con gli avvocati - ha spiegato Santoro ai suoi - Significa anche non poter cambiare d'una virgola il programma, non poter dare un'intervista perché ogni volta rischio il licenziamento. Significa doversi ripetere all'infinito in questa specie di soap dal titolo: ce la faranno i nostri di Annozero a durare fino alla prossima puntata? Basta". Per essere sinceri, significa anche non poter mai chiedere un adeguamento del contratto.
Santoro guadagna 500 mila euro netti all'anno, che in tempi di crisi possono indurre ad amare riflessioni, ma dal suo punto invidiabile di vista costituiscono un compenso fuori dal mercato televisivo. Dove, per fare un esempio a caso, uno come Bruno Vespa, con un programma certo assai meno remunerativo per l'azienda Rai, guadagna tre volte di più. A parte i milioni, c'è il divertimento. "L'ultima volta che ci siamo davvero divertiti è stato con 'Rai per una notte'. Ma se io cambio la formula di Annozero, non ho più lo scudo del magistrato e non posso andare in onda". Così, sulla scia dell'incredibile successo della manifestazione di Bologna, Santoro avrebbe deciso di andare al gran finale. O la Rai chiude la guerra e decide di trattare la squadra di Santoro per quello che è, una delle poche vere risorse strategiche del catafalco di viale Mazzini; oppure lui prende la baracca e la porta altrove, su Internet, sulle reti locali, sul modello di "Rai per una notte". "Il mio mestiere è fare il giornalista, non l'opposizione a Berlusconi".
Questa è la posizione personale di Santoro, che accetterebbe in cambio della resa di Annozero, uno "scivolo" di tre anni, circa due milioni, e la possibilità di fare cinque docufiction all'anno. C'è poi la vicenda politica, e qui il buio è totale. L'unica posizione comprensibile è quella del direttore generale Masi, che obbedisce agli ordini di Berlusconi. Meno chiaro è perché gli altri vertici aziendali siano così soddisfatti della chiusura dell'unico programma di punta della disastrata Raidue, il migliore di tutto il palinsesto per il rapporto fra costi e ricavi. Ancora meno chiara è la ragione della mancata opposizione dei consiglieri di minoranza, a meno di non dar retta alla sindrome di accerchiamento dello stesso Santoro. "Alla destra diamo fastidio, alla sinistra non facciamo favori, quindi l'intesa è bipartisan". L'ultimo dettaglio, in ordine d'importanza politica, è la possibile reazione dei milioni di spettatori di Annozero, che non pagano il canone soltanto per il Grande Fratello e per gli editoriali di Minzolini. Ma purtroppo gli spettatori non contano nulla nei giochi di potere della Rai e forse neppure abbastanza per un Michele Santoro stanco di fare il paladino
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