..scritto un mesetto fa e già pubblicato nei vari blog (quindi qualcuno l'avrà sicuramente letto), ma ci tenevo ad inserirlo anche qui, pur rendendomi conto che non sia un granché.
Testo "semi-nonsense" (che va un po' sul personale, in effetti) che contiene di tutto, anche errori sintattici, sgrammaticature e simili.
[Le espressioni contrassegnate dall'asterisco e/o poste fra virgolette sono riprese da altri testi - apportando le dovute modifiche - o sono citazioni di canzoni]
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"C'era la fiera, lì fuori città,
per festeggiare il ritorno del sole.
L'estate paziente ritorna lo stesso.* "
Non me ne accorgerò perché sarò troppo impegnata nel fare e disfare il mio zaino sempre troppo piccolo perché pieno e traboccante d'essenzialità.
Mi verrebbe da credere che sia tutta una presa in giro, uno scherzo di cattivo gusto del tempo che scivola e s'arresta sulla mia pelle come una giostra impazzita. Come un cielo impazzito. Che non urla, non ha voce. Cambia colore e forma freneticamente, come se non riuscisse a contenere le energie e le emozioni. Come se non riuscisse ad esprimersi.
Ed io non riesco a credere a questo rapido cambio di colori di un cielo che si sbizzarrisce.
Neanche i miei occhi ci credono. I miei occhi sono pieni. Pieni di tutto. Sono frenesìa. Una frenesìa carica e colorata di fili d'erba, di farfalle... anche di semi di pioppo che svolazzano instancabilmente e sembrano non trovare pace.
Occhi pieni anche di malinconiche melodie di fisarmoniche suonate dai passi di un qualche anziano ubriaco - di vita - sulle strade.
Ed io... non mi sento.
Non mi sento mente e non mi sento corpo (e se solo potesse, credo proprio che Cartesio, senza pensarci due volte, prenderebbe a calci la sua tomba pur di uscire per venire a picchiarmi).
Io mi sento tutto questo.
Sono un insieme frenetico e convulsivo di emozioni, e in questo stato confusionale non riesco a raggiungere il limbo che separa l'essere Chuang Tzu dall'essere farfalla. Ecco: mi sento proprio così: nel momento in cui mi risveglio non so più se sono la farfalla che sogna di essere Chuang Tzu, o se sono realmente Chuang Tzu che sogna di essere la farfalla.*
Stato confusionale.
Vuoto cosmico emozionale...*
Forse aveva ragione il Signor f l u: sto (stiamo. "vittime dell'abitudine!") perdendo la capacità di stupirci realmente.
Perdendo la sensibilità, la capacità di percepire e di concretizzare con parole di (non)senso compiuto le emozioni che m'entrano dalla pelle, dagli occhi, dalle dita.
Evidentemente l'assolutismo dei sentimenti* non fa proprio per me e, forseforse, per i miei sensi è solo una gran putta**ta.
Sono sempre stata l'amante delle viedimezzo, del nédiquanédilà: amo mischiare: il mio corpo altro non è che una tavolozza, e il pennello è uno: per mischiare tutti i più bei colori che gli occhi sono capaci di guardare - di ammirare. E tutto questo è fottutamente bello: sentirsi una tela su cui passare una mano di bianco per coprirne quanto di nero e di grigio era presente finora, per poi tornare a dipingerci su con nuovi colori, ma con le stesse mani e con gli stessi occhi.
Ora che tutto è cambiato, si è gonfiato. Ma ci sono cose che se si gonfiano troppo poi esplodono. Come un palloncino, che esplode e si straccia con un rumore che mi schiaffeggia gli occhi, il volto e il cuore. Un palloncino di cui non riesco nemmeno a rincollarne i pezzi, perché ormai non ce ne sono più. Ne rimane solo un brandellino scioccato di gomma stracciata. Ora siamo gomma e soffio in parti uguali* -
- ed io ho bisogno di riprendere fiato.
Di respirare fra una capriola e l'altra.
Ho bisogno di vedere la mia ombra nascondersi fra gli alberi; ho bisogno di risvegliarmi dal Limbo degli Assonnati, quel limbo degli Otto Secondi in cui è tutto un ripetersi continuo, instancabile e stancante, come l'effetto Droste, come il succedersi degli specchi che riflettono un'immagine che si rimpicciolisce fino a scomparire in un microscopico ed insignificante puntino nero.
Le mie mani hanno bisogno di toccare la terra, le mie gambe di correrci sopra, fino a non sentire più i piedi.
Ho bisogno di inginocchiarmi e raccogliere i fiori, e sentirne il profumo che sale su e m'invade ogni singolo capillare, e berne la linfa - linfa vitale - ché io la possa sentire nelle vene.
Ho bisogno di stupirmi.
Senza stupore non sono nessuno.