Questa, la aggiungo solo perché avevo detto che era il personaggio che avevo pensato prima della storia, ma comunque di lui ho detto poco e allora niente, volevo dirvi qualcos'altro in proposito, sperando di non annoiarvi.
Antoine non era mai stato protagonista nemmeno delle sue feste di compleanno, nonostante fossero manifestazioni cui prendevano parte davvero pochi figuranti.
Sin da bambino il nostro, era sempre passato inosservato ai più, nonostante i tratti caratteristici che lo contraddistinguevano.
Innanzitutto, il nome. Si chiamava Antoine come avrete ben capito, che in italiano(l’unica lingua che parlava correntemente) si pronuncia Antuàn, ed è perlomeno insolito sentire tale pronuncia all’interno degli italici confini.
Antoine doveva il suo nome cosi singolare(perlomeno nel Belpaese), alla smodata passione, rasentante i campi in cui indaga la psicoanalisi, che sua madre Valeria(che si legge Vàleria, ma che la stessa preferiva fosse detto Valerià, per motivi ormai intuibili) nutriva nei confronti della Francia.
Della Francia non l’affascinava tanto la Tour Eiffel, il Louvré o la simbologia fallica immanente nella forma delle baguette; della Francia Valerià amava, più di qualsiasi altra cosa, i giardini di Versailles.
Sicuramente i giardini di Versailles hanno estimatori in tutto il globo, ma quello che affascinava Valerià non era lo sfarzo e l’oggettiva beltà abbacinante dei suddetti; Valerià era stregata dalle sensazioni che provava camminandoci, sensazioni che, a detta sua, ricorrevano in forma di deja vù da vite passate.
Per questo ed altri motivi Valerià, decise di chiamare suo figlio Antuàn, di comprargli un baschetto nero da artista parigino e di dargli un’educazione cattolica.
è palese che scrivi davvero bene e leggerei volentieri un continuo di questo racconto