Calavano tenebre sudaticce
in sordidi rigagnoli di grasso.
Il cervello, tra il ‘discinto’ e ‘all’ammasso’,
palesava dal cranio le sue cicce.
I neuroni pressati dal cogito
sudavan sotto ascella come becchi;
eppure, quasi fosser Yuri Checchi,
balzàvan dal còmpromesso al rògito.
Pensare s’era fatto impensabile
Vietato era il pensiero. Punto e a capo.
Fossi stato tu fuori come Lapo
demtro restavi un pirla impeccabile
Sguazzavano i ricordi nel sudore.
Saigon era al confronto un fico secco.
Fabrizio e l’ Angiolieri un solo Cecco(*)
anarchici d’identico furore.
Il sangue mi bolliva nelle vene
40 gradi segnava il mercurio
Vedevo le due Kessler con Don Lurio
ma era solo l’entourage del mio pene.
Capii ch’ era il momento dell’azione
L’eroe che in me si cela balzò in piedi
urlando: “So che fare! che ti credi?|!
Un click! – e l’aria fresca entrò in azione.
(*) http://www.filosofico.net/poesiacecco8732135.htm
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