Ricordo che ho scritto questa storiella, senza capo nè coda, durante un momento di assoluta noia, mentre il mio soporifero prof di latino tentava di spiegare Cicerone, quindi non lamentatevi. Lo so che non è "perversione", ed è una cosa assolutamente "naturale", ma il titolo è venuto così...
MOMENTI DI PERVERSIONE
Affondo le mie dita, nascondendole nel suo corpo incandescente, assaporando quelle sue dolci vibrazioni. Percepisco solo i suoi ansimi e i suoi rapidi gemiti, accelerati dal ritmo crescente del mio braccio. Ed è un lungo respiro, prima che la mia bocca scompaia fra le sue gambe, aperte, alla ricerca di quell'estremo piacere, tanto voluto quanto sconosciuto. Le sue mani raggiungono timide i miei capelli, mentre io gusto quel suo desiderio fuori uscente con ogni mio senso. Risalgo il suo corpo in fremito, trainato dalla debole forza delle sue braccia, aggrappate al mio cranio. Il suo ventre è percorso da infiniti piacevoli brividi, attraversato dai lievi schiocchi delle mie labbra. Mordo lievemente il suo seno, in uno scatto di misterioso sadismo, e avverto la turgidità dei suoi capezzoli. Le nostre lingue si intrecciano in un momento d'estatica violenza, mentre le sue unghie tentano di penetrare nella carne della mia schiena. Con quella forza, lei sconvolge la nostra unione, facendomi sentire la dolcezza del suo peso sul mio petto e il calore della sua pelle bruciante. Afferro le sue natiche finchè la sua forma non scivola verso il fondo del mio ventre. Con lo sguardo perso nella vuota oscurità della stanza, sento la sua bocca, la sua lingua, il nostro delirio. Il mio sangue pulsa nelle vene ad un ritmo insostenibile, mentre cerco invano di porre un freno ai miei palpiti, in preda un irreprensibile ed incompleto godimento. Le sue gambe si aprono all'oggetto del suo volere, infine.
Le nostre anime ci guardano distanti. Non appartengono più al nostro corpo, alla loro prigione. Su questo letto immerso nell'oscurità vi sono solo due masse informi che ricercano un piacere volgare, aggressivo, sbagliato. Due animali che non desiderano altro che un contatto fisico puramente egoista. Nella foga dei loro respiri, non comprendono nemmeno loro stessi. Ed è un piacere forzato, nella disperazione di poter trovare in qualcun altro, di poter avvertire su di sè, il desiderio che come è stato concesso, è stato loro tolto, o semplicemente, mai ricevuto.
Sei riuscito a descrivere il tutto in maniera esplicita (ma non troppo) senza nemmeno sfiorare le punte della volgarità o bassezza, complice anche il "registro linguistico" (definiamolo così) utilizzato.
Credo sia il punto di equilibrio, il giusto compromesso tra l'erotico e l'esplicito, appunto.
È di un'intensità coinvolgente, ma dolce...
E la parte finale è in leggero contrasto, ma sta lì quasi a completare quanto detto prima.