"Germoglio del ventre del tuo crimine di cui ancora non hai pagato, mi nutro delle più flebili luci che filtrano dagli angusti squarci del ferro e dell'asfalto". Pronunciando queste parole, egli dipinse il puro sgomento sul viso del suo intelocutore, regalò al suo viso un pallore tipico delle maschere di morte scolpite sul marmo. L'aria intorno si era fatta fredda, ma non ci è dato sapere se effettivamente il clima esterno i due corpi si fosse fatto più freddo, o se i polmoni si fossero riempiti di fiamme e pece bollente. "Lei, che fine ha fatto?" - disse l'interlocutore con una voce spezzata dal tremare della sua stessa ugola, come se una mano invisibile avesse tra le dita la sua carotide e gliela stesse scuotendo, cosa che inoltre gli provocava un fastidio non indifferente e una gran voglia di grattarsi, se non fosse per il fatto che il pizzicore provenisse dall'interno della sua gola - "pensavo che non avesse resistito alla notte, d'altronde le sue condizioni di salute erano pressochè disperate". Egli, con una calma che di solito anticipa qualcosa di tremendamente cruento ed istintivo, calma che spunta come forma di difesa, come se dicesse a sè stesso "fargli capire piano piano, senza fretta e con molta calma, le mie intenzioni, non farà che incrementare il piacere che proverò nel momento che le attuerò", disse - " E' morta prima che spuntasse il sole, l'hanno trovata piegata su sè stessa, congelata dalla rigida notte, era fredda come lo strato di ghiaccio di un lago in inverno". Disse tutto in maniera spassionata, come se avesse versato troppe lacrime e maledetto ogni singola parte del Dio meschino che aveva permesso una cosa simile - "quanto a me, mi sono nutrito dal seno dell'odio, mordendolo senza posa, succhiando il nettare della vendetta".
Detto ciò, abbassò lo sguardo, e si morde il labbro inferiore fino a sentire quel dolore quasi piacevole; l'interlocutore aveva ben capito cosa stava per accadergli, ma non osò fare una mossa.