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Il Bastardo Dentro

  1. #1
    Redhead Pride Lantis
    Uomo 41 anni da Estero
    Iscrizione: 21/10/2004
    Messaggi: 25,446
    Piaciuto: 1042 volte

    Predefinito Il Bastardo Dentro

    sicuro che gli iscritti hanno ricevuto le prime pagine di questo libro...sembra carino.vi riporto le prime 15 pagine

    Pochi saprebbero dire con precisione qual è il loro posto nel mondo. Alle 14.07 del 21 settembre 2008, una ragazza qualunque si appoggia contro lo schienale della poltroncina e si risponde: “Il posto a sedere numero 51, né corridoio né finestrino, della carrozza 2, non fumatori, del treno Eurostar 9434, da Salerno a Milano, con prenotazione obbligatoria”.
    Quando tutto ti crolla addosso, avere delle certezze è fondamentale.
    La ragazza qualunque ha un nome, ma preferisce non dirlo, a meno che non glielo chiedano direttamente. Troppi equivoci, troppe sopracciglia alzate, troppe risatine di sufficienza.
    Ha anche una storia, ma adesso come adesso ci vorrebbe qualche seduta da uno psicoanalista di quelli bravi, per tirargliela fuori.

    Quello che può dire ora è che stamattina si è alzata due minuti prima che suonasse la sveglia, come quando deve succedere qualcosa di importante. Ha spalancato gli occhi con la sensazione incontrollabile di essere in ritardo per qualcosa. Qualche secondo di panico. Si è addormentata lasciando la caffettiera sul fuoco?
    Ha dimenticato un test di gravidanza appiccicoso di pipì sulla mensola del bagno, che se suo padre lo scopre la fa nera? Ha chiuso di nuovo il gatto nel cassetto dei maglioni? No. Dopo qualche attimo se l’è ricordato: oggi compie trentun anni. E per la prima volta deve viaggiare da sola. Sia ben chiaro che è una sua scelta. E ne va fiera.
    È salita alla stazione di Firenze, dopo un viaggio di due ore in pullman. O meglio, di quindici minuti di corriera, un’ora e venti di attesa per la coincidenza e venticinque minuti di navetta per la stazione. Così ha avuto tempo per abituarsi all’idea e immaginarsi le magnifiche esperienze
    che stanno aspettando solo lei.

    Tutto è andato liscio. A un primo sguardo i suoi compagni di scompartimento sono sembrati affidabili e tranquilli: una signora anziana, un ragazzino rimbambito dalle cuffie, una coppia della sua età e un manager. Nessun militare in licenza, nessuna scolaresca esaltata, nessun fumatore indisciplinato, nessun vucumprà con la borsa che occupa due sedili.
    Ha passato i primi minuti a guardare fisso fuori dal finestrino.
    Anzi, si è divertita a trasformare le macchie di unto sul vetro in animali e forme varie, come quando era piccola e si sdraiava sul prato a osservare le nuvole. Ecco, lì in alto vicino al segnale in quattro lingue “Non gettare oggetti dal finestrino”, c’è un coccodrillo disteso. Più in basso una colata di caffè che è uguale spiccicata a un tulipano. E proprio in mezzo devono aver fatto saltare un tappo contro la finestra, e ora è rimasto un anello... Un anello.
    Questo gioco non è poi così divertente.

    La ragazza qualunque si volta e inizia a guardare sul serio chi ha intorno. Uno alla volta, con attenzione.
    POSTO 49 - FINESTRINO: una signora sulla settantina con le gambe gonfie, il grembiule scuro senza maniche che si pensava sepolto insieme alla povera Sora Lella e un ventaglio in plastica tarocco cinese di Hello Kitty. Alla ragazza bastano pochi secondi per capire che il ventaglio possiede
    la signora.
    La fa agitare su, giù, su, giù, di là, di qua, su, giù, di qua, di là, senza interruzione. C’è una legge di natura abbastanza ovvia che la vecchia sembra non comprendere:
    qui dentro fa caldo e più si agita, più suda – più suda e più sventola l’aggeggio, che peraltro a occhio e croce non deve avere la certificazione CE – più sventola l’aggeggio non CE e più diffonde nei quattro metri quadri una miscela odorosa indefinibile. La ragazza cerca di non pensarci, perché
    le hanno insegnato a portare rispetto. Ma per associazione inconscia le torna in mente un glorioso esperimento fatto all’età di cinque anni: latte condensato spremibile spalmato su una fetta di fegato alla veneziana. Quello con le cipolle, per intenderci. Sì, l’odore è proprio quello. Meglio
    passare oltre.
    POSTO 48 - CENTRALE, proprio di fronte: qui è seduta la metà di una mela. Naturalmente non si tratta del frutto, ma di una donna, che ha la fortuna di far parte di una di quelle coppie affiatate, tenere, affettuose, deliziosamente complici e spontanee che sembrano nate per stare insieme. Quel tipo di persone che riescono a rimanere sedute accanto per ore
    tenendosi la mano, sussurrandosi paroline dolci, accavallando le gambe una sopra l’altra. Alla maggior parte della gente, questo tipo di effusioni in libertà sembrano esibizionismi gratuiti. O, più tecnicamente, “atti osceni in luogo
    pubblico”. Ma la ragazza qualunque è indulgente, perché ha sempre creduto nell’Amore Vero, nella Passione, nel Per Tutta la Vita. Se fossimo in un telefilm degli anni Ottanta, quelli con le risate e i commenti del pubblico in sottofondo, sentiremmo sicuramente la sua voce fuori campo che sospira
    e dice: Oh. Che carini. Come si amano. Continua a osservarli perché davanti ai suoi occhi l’Amore sta trionfando.
    Ecco che la donna-mela riempie il suo compagno di sorrisini nati per niente e finiti nel nulla. Lui li ricambia, instancabilmente, uno a uno. (Ooh.)
    L’uomo-mela tocca ripetutamente la punta del naso della
    sua lei, che a sua volta cerca di mordergli il dito, accompagnando
    il gesto con un versetto da gatta. (Oooh.)

    La donna-mela inizia a guardarlo con un certo non so
    che e gli sbottona il colletto della camicia. (Ooooh.)
    L’uomo-mela si toglie il maglione e le fa cenno di venire
    più vicino. (Oooooh.)
    La donna-mela gli passa le mani sulla nuca, poi sul collo,
    sulle spalle sotto la camicia, sussurrandogli di non muoversi.
    (Oooooooooooh.)
    Trova il primo brufolo e ci si avventa, schiacciandolo con
    convinzione. (BURP.)
    Con un po’ di nausea che, se avesse studiato invece di
    mollare l’università dopo due anni, potrebbe definire esistenziale,
    la ragazza qualunque decide di degnare di attenzione
    il ragazzino seduto accanto a lei.
    POSTO 50 - FINESTRINO: il nipote della signora con il ventaglio.
    Dodici anni, sovrappeso di almeno quindici chili,
    pantaloni larghi e bassi che lasciano intravedere le mutande
    rosse, capelli scuri gellati all’indietro. Ha un portatile
    sulle ginocchia e dalle cuffie nelle orecchie non esce neanche
    un bip. Meno male. Qui non ci sono sorprese. La ragazza
    qualunque è sollevata. Non ce la farebbe proprio a sopportare
    anche il casino e gli schizzi di sangue di un
    videogioco tipo alieni-col-bazooka contro mostri-mangiavergini-
    urlanti.
    Può concedersi nuovamente un timido sguardo di fronte.
    POSTO 47 - CORRIDOIO: qui c’è l’uomo-mela, ancora intento
    a farsi spremere il pus contro la camicia azzurra. Nella sua
    pacifica condizione di Innamorato per Sempre, si accorge
    della ragazza qualunque e le chiede: «Vuoi favorire?».
    WOOOOM. Silenzio. Vampata di rossore misto a disgusto.
    Per il prossimo e anche un po’ per la vita.
    Cerca conforto alla sua destra.
    POSTO 52 - CORRIDOIO: un bell’uomo, sui trentasei anni, in
    giacca e cravatta, che legge un volume azzurro intitolato Il
    futuro è nelle tue mani. Profuma di buono e di maschio.
    Dev’essere uno di successo. Uno che ce l’ha fatta. Ha l’aria sicura e vincente di chi sa prendersi quello che vuole. La ragazza del posto 51 è colpita. Quella del titolo è la frase che l’ha portata a salire su questo treno, a partire per Milano, da sola, con la voglia di ricominciare. La stessa frase
    che continua a ripetersi da quando Marco l’ha lasciata.
    Non è che l’abbia lasciata e basta. L’ha lasciata dopo tredici anni di fidanzamento. A due mesi dal matrimonio. Con la casa fatta. E centottanta bomboniere pronte. E l’ha lasciata per...

    «SÌÌÌÌÌÌÌÌÌ. FICCAMELO DENTRO. DAAAAAAAAAI.»
    Oddio. Che è?
    Per un attimo al ragazzino grasso è caduta una cuffia.
    Alla faccia dei videogiochi! Questo si sta guardando un film porno in digitale in pieno treno, con la nonna di fronte che gli sorride e gli prepara un panino con il culatello.
    La ragazza qualunque era così presa dai suoi pensieri che ha fatto un salto sul sedile.
    Ma come? Gli altri non si sono mossi. Sguardi vuoti e sonnolenti.
    Ah okay, devo aver sentito male.
    Allunga il collo verso lo schermo liquido del PC, in cerca di mostri assassini che la rassicurino.
    Adesso, va bene essere brave ragazze e non avere dimestichezza con alcune pratiche particolari. Ma basta essere andata in una stalla un paio di volte per capire che davanti agli occhi ha una scena di monta bella e buona. Solo che i tori sono almeno tre.
    Questo viaggio è un po’ diverso da come se l’era immaginato.
    Forse il posto numero 51, né corridoio né finestrino, della carrozza 2 eccetera eccetera non è quello giusto per ricominciare a vivere. Non sa che fare. Cerca gli occhi del ragazzino per dirgli qualcosa, come farebbe una donna matura, come farebbe sua madre, una persona perbene che non si fa mica prendere in giro, eh. Qualcosa tipo: Okay signorino, sei molto furbo tu. Okay, ti sei divertito.

    Ma io ho visto. Io so. Adesso spegni subito questo affare, se no lo dico a
    tua nonna. E in effetti il ragazzino non si nasconde, le offre i suoi
    occhioni neri per subire la ramanzina silenziosa. Ecco bravo.
    La ragazza qualunque gli fa un sorriso tra il soddisfatto e il condiscendente. Lui le fa cenno con gli occhi di guardare in basso. Certo, vuoi farmi vedere che finalmente hai spento quella porcheria. Invece sullo schermo del PC la cavalcata continua. Allora? Mi prendi in giro? Il ragazzino le fa di nuovo cenno di guardare in basso. Ancora un po’. Sì sì, più giù. Ecco brava. Ohsantacaterinadasienamartire!
    Se il movimento dei corpi sullo schermo l’aveva turbata, quello che la ragazza qualunque vede adesso agitarsi dentro ai pantaloni del ragazzino è davvero uno shock troppo, troppo grosso.

    Se avete passato anche voi buona parte dei vostri sabato sera chiusi in casa, seduti sul divano di fianco alla mamma a vedere l’ennesimo documentario sul comportamento dei felini nella savana o sui finti eroi che fanno il bagno con squali narcotizzati dalla benzina fuoriuscita dalle navi,
    potete intuire quale sarà la reazione della ragazza qualunque.
    Un’altra donna si rimboccherebbe le maniche, strapperebbe il ventaglio alla nonna puzzona e lo lancerebbe a tutta forza contro la montagnetta insolente del ragazzino. Al limite, un altro comportamento accettabile sarebbe quello di alzarsi, passare in rassegna il resto dello scompartimento e pronunciare solennemente una frase tipo:
    Voi siete un branco di pervertiti, feticisti e portatori di malattie indicibili. Quindi, con tutto il rispetto, addio. E passare il resto del viaggio a farsi consolare da una schiera di aitanti ultras ventenni, nell’ultima carrozza.
    La ragazza qualunque invece ha sempre avuto un problema ad agire. È come se, nel suo corpo, l’impulso nervoso che parte dal cervello, invece di arrivare ai muscoli in qualche nano-frazione di secondo, avesse bisogno di fare un saltino su Marte, scoprire se è vero o no che lì la vita non esiste, e poi tornare indietro. A quel punto però l’impulso ha perso la sua spinta. E decide di farsi un pisolino.

    Ecco, in questi interminabili secondi di imbarazzo, la ragazza qualunque è immobile al suo posto. Con gli occhi bassi puntati sulle sue scarpe. Con le guance e il collo decorati da deliziose chiazze rosse che le compaiono quando le cose, anche le più piccole, prendono una direzione diversa
    da quella che si era immaginata. Anche il cuore, pian pianino, diminuisce la frequenza dei battiti. La ragazza qualunque chiude gli occhi. Distende le dita delle mani. Appoggia i talloni a terra. No, non si è rilassata. Si sta fingendo morta. Come un mustelide della prateria. Lo fa spesso. L’ha imparato in TV.
    Quando i nemici che ti inseguono sono troppo grossi o troppo pericolosi, lo Stato di Morte Apparente è la soluzione, baby. È provato: per tenere alla larga gli orsi grigi funziona. L’unica controindicazione è che con gli occhi chiusi, il respiro lento e il corpo disteso, il rischio di addormentarsi
    è dietro l’angolo. La ragazza qualunque cade in un sonno profondo e senza sogni. Un sonno che supera città, campi, stazioni. Supera lo scoccare delle ore e perfino l’invadenza dei controllori.

    “Cnhcpj kjsowpc nchuiqpc nlxpay hpwyatrvlap hgswcw
    xxj. Trenitalia si scusa per il disagio.”
    Mmh? Dove sono? Cosa? Quale disagio?
    Per una ragazza qualunque con la pressione bassa, il risveglio
    non è mai un bel momento.
    Durante il suo letargo, il treno ha subito dei “problemi tecnici seri, ma non allarmanti” che hanno portato a una sosta di tre ore in un luogo così sperduto che non ha neanche un nome. Qui la gente parla di chilometro 26. Sì ma da dove? Verso dove? Rispetto a cosa?
    Orologio. Sono le otto e un quarto. No, aspetta. Riguarda.
    Ho sonno. La lancetta corta è sulla tacca VIII, quella lunga sul III. Sono le otto e un quarto. *****, sono le otto e un quarto di sera.
    Il tipo dell’agenzia di Milano la aspettava alle otto per darle le chiavi dell’appartamento. E le ha detto che era un’eccezione che faceva solo per lei. Non per il 4,2 per cento di commissione.
    Telefono. Ah già, il telefono è stato spento come segno di indipendenza. Pin: 1094. Okay. Nessun messaggio. Nessuna chiamata. Nessun segnale. Merda. La ragazza qualunque non riesce a godersi l’ironia della situazione: sono spersi e fermi in mezzo a chilometri di prati che si perdono all’orizzonte, e non c’è... campo. Ah ahah. No. Non fa per niente ridere.
    Per fortuna lo stimolo della pipì è più forte di quello di
    autoconservazione che la porterebbe a morire di nuovo sul sedile. Trova la forza di sorridere al manager che scavalla le gambe per lasciarla uscire.
    La ragazza qualunque guarda la carta igienica che viene risucchiata nel buco nero. E pensa che una parte di lei se ne è andata per sempre. Pensa che è sola. E sfigata.
    Bisogna dire che l’obiettività non le manca. Fuori dal bagno c’è il bel manager. Uh. Lampo di sole. Brivido nella schiena. Chiazze sul collo.
    «Ehi, ti senti bene? Sembravi agitata.»
    Odddiodddio cosa gli dico?
    «No, non ho paura». *****.
    «Come?»
    «No, dicevo: non aver paura, sto bene.» Fffiu.
    «È la prima volta che prendi questo treno?»
    «Sì. Vado a Milano.» Ma *****.
    «Eh, sì. Manca solo quella fermata...»
    «...» Ho tre anni e mio padre mi sculaccia perché mi sono fatta
    la cacca addosso.

    «Io faccio su e giù tutte le settimane. Per lavoro.»
    «Oooooh. Sì anch’io viaggio perché comincio un nuovo
    lavoro.»

    «E da dove vieni?»
    «Da Firenze.» Be’, dai, lì vicino.
    «Vedrai, andare a Milano ti cambia la vita. Nuovo lavoro,
    nuovi giri. Nuove esperienze. Tutta un’altra cosa.»
    «Tu sembri così... realizzato.»
    «Certo. L’unica cosa è imparare a gestirsi. Devi essere tu
    che decidi. Devi lavorare per vivere, non vivere per lavorare.»

    Ecco. A Milano sono tutti così. Lo sapevo!!! Belli, di successo,
    con la testa sulle spalle. E mia madre che non voleva che partissi.

    E mio padre che voleva che continuassi a fare la commessa
    nella mesticheria dello zio. Ma da qui riparte tutto. Io decido. Io
    lavoro per vivere, ma soprattutto vivo. Io mi r-e-a-l-i-z-z-o.

    «Senti, mi stai davvero simpatica. Voglio lasciarti il mio
    biglietto da visita. Così quando ti va mi passi a trovare.»
    «Be’, non so. Io...»
    Ovviamente prende il biglietto da visita. Manco a dirlo.
    «Guarda. Per farti vedere che sono un amico, ti lascio
    anche un regalo di benvenuto. Apri la mano.»
    Una... due... tre... Cinque. Cinque pastiglie gialle con disegnato...
    un cuore nero? Cinque past...
    «Per i primi giorni ti dovrebbero bastare, piccola. Poi chiamami eh. Il futuro è nelle tue mani.»

    Se una ragazza qualunque con la pressione bassa e un sistema
    nervoso piuttosto fragile si trova di fronte a cose che non si aspetta, o entra in uno stato di morte apparente, o sviene.
    Il punto è che se sviene di fronte al cesso, intasando il corridoio di un merdosissimo treno di pendolari in ritardo di tre ore, mentre tiene ancora in mano una... due... tre... in ogni caso troppe pasticche di roba, difficilmente la gente sarà carina con lei.

    Schiaffo. Un altro schiaffo. Ancora schiaffi.
    «Allora mi senti?»
    «Svegliati!»
    «Sai dove sei?»
    «Sei strafatta eh?»
    «Tanto lo so che mi senti.»
    «Allora ragazzina, come ti chiami?»
    «Mi senti? Qual è il tuo dannato nome?»
    Oddio. Quella domanda.
    «Dea. Mi chiamo Dea.»




    Per chi è arrivato/a fin qui...che ne pensate?
    sembra promettente, no?

  2. #2
    Sempre più FdT
    Donna 31 anni da Bari
    Iscrizione: 9/4/2005
    Messaggi: 3,192
    Piaciuto: 1 volte

    Predefinito

    bhoc...non mi è chiara la fine( la fine delle 15 pagine)....

  3. #3
    Overdose da FdT Morgana
    Donna 36 anni da Catania
    Iscrizione: 24/1/2008
    Messaggi: 8,418
    Piaciuto: 1653 volte

    Predefinito

    si mi sembra promettente,ma è solo l'inizio mi piacerebbe leggere il seguito.

  4. #4
    Redhead Pride Lantis
    Uomo 41 anni da Estero
    Iscrizione: 21/10/2004
    Messaggi: 25,446
    Piaciuto: 1042 volte

    Predefinito

    Quote Originariamente inviata da CLEAR Visualizza il messaggio
    bhoc...non mi è chiara la fine( la fine delle 15 pagine)....
    cioe?
    beh...invece a me ha lasciato un buon sapore....sapore di curiositá
    non è il solito libro con frasi divertenti prese qua e lá dal web, si tratta di un racconto. e promette bene (secondo me)

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