"Chiamatemi Ismaele."
Ciao a tutti da Sportacus! Oggi volevo parlarvi di uno dei miei libri preferiti in assoluto, preso in mano per la prima volta a soli dieci anni e che leggo tuttora ogni tanto con piacere. Moby Dick, scritto da Herman Melville e pubblicato nel 1851, è un classico della letteratura che tutti conoscono (almeno credo), chi non ha mai sentito parlare della balena bianca e del capitano Achab?
La trama del libro si può riassumere brevemente in poche righe: Ismaele, narratore della vicenda, si imbarca sulla baleniera "Pequod", comandata dal tetro capitano Achab. Quest'ultimo ha giurato vendetta alla balena bianca (in realtà un capodoglio albino) nota a molti balenieri e conosciuta come Moby Dick, che nel viaggio precedente gli portò via una gamba e trascinerà l'intero equipaggio della baleniera nella sua caccia spietata al cetaceo, viaggiando per tre quarti del globo.
La vicenda del romanzo è intervallata dai pensieri del protagonista Ismaele, le cui riflessioni scientifiche, filosofiche e religiose sembrano quasi monologhi di Shakespeare. Si aggiungono inoltre dialoghi contorti che esplorano la natura umana, essendo il viaggio del Pequod anche un viaggio di introspezione dentro la mente dell'uomo toccando l'antropomorfismo in certi casi, e infine spiegazioni e descrizioni varie sul mestiere del baleniere e sulla caccia alla balena in generale. Tutto questo conferisce al romanzo un carattere enciclopedico e la sua lettura provoca un vago senso di disorientamento, analogo al sentirsi smarrito nell'oceano. Come Conrad in "Cuore di tenebra", anche Melville fa capire che non esiste conflitto che non ci ponga sullo stesso livello del nemico.