In un viaggio che lo porta verso un luogo importante della sua vita un funzionario di polizia, assieme ad una ragazza dal suo passato, ricorda alcuni momenti della sua vita alla fine della seconda guerra mondiale quando lui e la sua famiglia sono stati stretti tra le rivolte partigiane e le nuove istanze della Repubblica di Salò. Con il fratello in uno schieramento e la sorella nell'altro il protagonista non prende parte alla guerra intestina e decide di concentrarsi sul caso di una donna uccisa e della sua bambina, unica testimone oculare, data in custodia alla sorella gemella della defunta.
Dopo le moltissime polemiche che hanno accompagnato il libro di Giampaolo Pansa ora quella storia diventa un film e dispiace molto pensare che tutte le facili polemiche che seguiranno l'uscita di questa versione per il grande schermo oscureranno un fatto ben più importante e decisamente più grave: la povertà indescrivibile di un film che si colloca sui valori più bassi della già bassa scala di giudizio delle fiction televisive.
Sebbene sarebbe assolutamente superfluo spendere parole per un film così mal concepito, girato, scritto e interpretato (è sufficiente il dimenticatoio che la mente dello spettatore è pronto a riservargli già a partire dall'uscita dalla sala), lo stesso va sottolineato lo stupore per un regista come Michele Soavi che, solo 3 anni fa, aveva stupito tutti con Arrivederci amore, ciao, riscattando anni di fiction televisive facili e scontate.
Ora invece Il sangue dei vinti lo riporta nel baratro dell'ovvia medietà e dei prodotti studiati per la più facile identificazione: quella della famiglia all'italiana tutta mamme apprensive e padri integerrimi, dei legami di sangue divisi dalla guerra e della memoria storica. Scene come quella della cartina italiana che una sventagliata di mitragliatrice separa in due sono tra le peggiori immaginabili per il grande schermo e tra le più sconsigliabili per il piccolo.
Ci si chiede davvero come sia pensabile proporre al pubblico cinematografico, profondamente diverso da quello più acquietato e poco pretenzioso della televisione, un prodotto così scadente, tempestato di buchi di trama, incongruenze di montaggio e leggerezze di recitazione.