Testimonianza di Mirko, Fabbris preparatore atletico
Sì quel Natale Giulio ci sorprese davvero e ci divertì portando ad
ognuno un regalo buffo e speciale. Un bellissimo scherzo, che mise
allegria perché il regalo era un modo per prenderci amichevolmente e
in giro. Fu molto, molto divertente, anche se non tutti in verità la
presero bene.
Qualche esempio?
Dango. soprannominato “Orco”, ebbe in dono la favola di Pollicino.
Chiunque avesse osato tanto sarebbe stato spezzato in quattro,
chiunque ma non Giulio: quando gli porse l’omaggio Dango scoppiò in
una potentissima risata e abbracciò il compagno con affetto.
Toffoli invece, che parlava sempre nel suo incomprensibile dialetto
veneto ricevette, tra le risate dei compagni, l’iscrizione a un corso
di lingua italiana per stranieri.
Il mister, Flavio Castello, ebbe una confezione di soldatini con la
seguente dedica: “Al Signor Allenatore, per studiare meglio le
strategie di gioco”.
Anselmo Matteucci, il bomber, che non aveva per nulla in simpatia
Giulio perché, come diceva lui, “gli rubava spazio”, ebbe in dono un
CD di musica lirica intitolato “la prime donne della Scala”.
Poi il Dottor Scorolli il medico sociale. Scorolli ricevette un gioco
in scatola “Il piccolo veterinario”. Quando aprì il pacco e tutti
esplosero in una risata divenne tutto rosso e mi chiese una sigaretta,
anche se stava già fumando.
Giulio portò così il buonumore quel Natale nello spogliatoio. Tutti
andarono via felici. Quasi tutti. Infatti più tardi, mentre stavo
uscendo, sentii un forte odore di plastica bruciata provenire dalla
sala riunioni. Mi affacciai, pensando a un principio di incendio e
vidi il mister che aveva gettato la scatola dei soldatini in un
cestino e gli aveva dato fuoco.
La testimonianza di Ubaldo Cavallaro, opinionista televisivo
Quel Natale Giulio Capriata era al centro dell’attenzione come
Lindberg dopo aver raggiunto il Polo Nord. Indubbiamente il suo era un
modo di giocare al calcio completamente diverso dal solito, basato
sulla tecnica e sulla intelligenza a discapito della forza e della
prestanza atletica. Il calciatore non era più un forzuto come Primo
Carneade, ma un artista del pallone, un virtuoso, un Placido Mandingo
del calcio.
Con lui però la squadra non era più una struttura omogenea ed
organizzata, tutti i giocatori dovevano ruotare attorno a Capriata,
come le galassie ruotano intorno al sole.
E queste contraddizioni prima o poi sarebbero esplose, con la stessa
potenza del vulcano Cacatua.
Comunque Capriata inviò anche a noi giornalisti piccoli doni
personalizzati. A me donò una enciclopedia tascabile, anche se non ho
ancora capito perché.
La testimonianza di Odoacre Valmassoni, dirigente dello Juventus Club
di Pavia
Prima di Natale ci fu, come di consueto, l’incontro tra la squadra e i
dirigenti dei club, per lo scambio di auguri. L’atmosfera era cordiale
e calorosa, c’era un bel buffet ed i giocatori si mostrarono simpatici
e disponibili.
A rappresentare lo Juventus Club di Molteno, c’eravamo io e Aldone, il
capo degli ultras.
Eravamo ancora offesi con Capriata, per quando era venuto al nostro
circolo e aveva detto che non gli piacciono i cori, le sciarpe e che
condannava anche le piccole scaramucce con i tifosi avversari. Però
era Natale e volevamo essere buoni e magari fare anche la pace perché
poteva anche essere che lo avevamo capito male e che non voleva
proprio dire così.
Così io e Aldone ci siamo avvicinati a lui, e gli ho chiesto:
“Ti ricordi di noi, quando sei venuto a Molteno?”
“Come no – ha risposto lui sorridendo – è stata una bellissima serata
e ancora vi ringrazio.”
“Ci fa piacere – ci ho detto io – perché sai ti devo confessare che
qualcuno è rimasto perplesso quando hai detto che i tifosi ti danno
fastidio e che gli stadi sono pieni di energumeni che vanno lì non per
vedere la partita ma per fare a botte.”
Lui si è messo a ridere di gusto e ci ha detto:
“Ma no, ragazzi, non ci siamo capiti, a me i tifosi di solito non
disturbano, la maggior parte sono educati e rispettosi, io parlavo
degli scalmanati, di quelli che sono esagitati e violenti, degli
ultras insomma.”
Aldone in quel momento ha stretto forte le nocche delle mani che hanno
schioccato come mortaretti e mi ha detto nell’orecchio “Io adesso lo
meno”, ma io gli ho fatto segno di stare bravo, mentre Capriata
continuava:
“E poi è vero, ci sono gli energumeni, ma c’è anche tanta gente per
bene allo stadio. Quelli che vanno a godersi la partita. Quello che è
non mi va è quello che chiamano il tifo organizzato, quelli che fanno
i prepotenti solo perché sono un gruppo, trascinati da capi e capetti
esaltati e frustrati.”
“Bene. Buon Natale” ho concluso io, trascinando via Aldone che stava
per esplodere. Per calmarlo gli ho detto
“Non te la prendere, Aldone, il cotechino che abbiamo portato mica
glielo diamo, ce lo mangiamo stasera a casa mia”.
Testimonianza di Carmelo Cusimano, calciatore del Messina
Quando che arrivò Natale io ancora inqualificato ero, da quella volta
che quel fottutissimo fetuso di Capriata mi fece espulgere perché
quando che ci ammaccai onestamente la caviglia lui tre tunnel
tremendissimi mi fece in mezzo alle mie proprie gambe causandomi
grandissimo disonore ed io cercai di zomparci addosso per lavare
l’onta e romperci le corna ma trattenuto fui dai compagni, cacciato
dal cornutissimo arbitro e insultato dall’ancor più cornuto mister.
Così sorpresa grandissima fu quando che a Natale un pacco mi giunse da
Capriata con numerosi salumi toscani, la sua maglietta ed un biglietto
che diceva:
“Caro Carmelo, ti invio questo dono in segno di pace, tendendoti la
mano dopo il malinteso della partita. Auguri Giulio.”
Immediatamente mi decisi a rispondere e ci scrissi una lettera che
così diceva:
“Caro Giulio, non puoi propio capire quanto felice sono per il tuo
pensiero e scriventoti queste riche onoratissimo sarei se tu a
trovarmi venissi quando che ti pare, che la porta di casa mia qua in
Sicilia sempre aperta è per te ed io a riceverti sempre pronto sono
anche subito se vuoi. Salutiamo. Carmelo”
Imbucata la lettera andai nel cortile andai e chiamai Adolfo, il mio
rotvailer. Ci diedi in pasto i salami, ci feci annusare la maglietta e
guardandolo negli occhi canini ci dissi:
“Tienti pronto picciotto.”
Renato de Rosa
Personaggi tratti del libro “Il più grande calciatore del mondo”