Mandiamo ora in onda un servizio inviato poco fa dalla nostra redazione della Riviera.
Questa mattina, nel corso di un furioso temporale, un fulmine è caduto in mare poco distante dalla costa. Subito si sono messe in azione le squadre di soccorso. Mi verrebbe da dire: in modo fulmineo, ma il servizio scadrebbe non di poco.
I sommozzatori si sono calati nelle acque agitate per cercare di rintracciare e portare a galla il povero fulmine prima che in lui si fosse sopito ogni alito di vita.
(Aò, ma voi gliel’avete mai sentito l’alito a un fulmine? Dev’essere elettrizzante).
Hem, scusate. I carabinieri, subito inviati sul posto, hanno ricevuto l’ordine di transennare la zona interessata dalle operazioni di soccorso.
“Brigadiere – gli abbiamo chiesto - come si transenna il mare?”.
“Niente niente voi siete di quella schiera di giornalisti che chiesero a Tremonti come avrebbe fatto a ridurre le tasse e contemporaneamente aumentare le pensioni? Comunisti, voglio dire?”
Ah, ecco ….
La notizia (del fulmine in mare, non delle transenne) ha fatto accorrere sulla spiaggia frotte di curiosi – curiosi di scoprire come avrebbero fatto i carabinieri a transennare il mare. Nessuna trepidazione per il povero fulmine: tutti davano per scontato che, una volta in acqua, si fosse spento in un baleno.
Abbiamo chiesto a un interessatissimo spettatore che cosa lo tenesse lì inchiodato:
“Se lo ripescano ancora in vita, voglio vedere come fanno a fargli la respirazione bocca a bocca.”
L’abbiamo rassicurato sull’assenza di alito di vita nel fulmine annacquato. Se n’è andato scuotendo il capo deluso.
La folla accompagnava con un brusio le immersioni dei sommozzatori. Che dice, scusi? Le emersioni? Ma sì, anche le emersioni vengono accolte con un brusio. Che cacchio di domande …
Folla.
Immersione.
Brusio.
Bollicine tipo emersione.
Folla.
Brusio.
… che si trasforma subito in un corale e stuporoso: “Ooooohhhh!!!!”.
Non è il sommozzatore che riemerge, bensì un corpulento calamaro gigante – che, dimenando i lunghi tentacoli in perfetto stile berlusconiano, gli fa alla folla brusiante: “Cribbio (era di antiche origini meneghino-varesotte: parenti suoi furono tra i primi calamaretti di Saronno), perché non ve ne andate a casa vostra a fare tutta ‘sta caciara? Prima, quel pirla che mi scarica nell’acqua non so quanti megawatt di corrente – da farmi rizzare anche i peli sotto le ascelle (e non parliamo di poco).
Poi, ‘sti ranocchi che entrano ed escono (certo che ci metto la ‘d’ fra le due ‘e’! Solo perché uno è un calamaro gigante non percepisce la cacofonia, vero, stronzi?!) dal mare come biscotti Oro Saiwa inzuppati uno per uno nel latte Parmalat (che vuol dire ‘pubblicità occulta’? quelli sono i miei sponsor ufficiali).
Per finire, ‘sta pentola di fagioli di sottofondo: non si riesce a chiudere occhio! Se non smammate, vengo fuori e vi faccio un culo a capanna a tutti quanti, com’è vero Nettuno!”.
Non si può dire che non si sia ingenerato un leggero sbigottimento tra gli astanti (chiedo scusa ai telespettatori, se rido, ma mi ricordo quando all’asilo le suore ci imponevano file e file - cretinetti iperinformatizzati: non si legge ‘fail’! - di aste).
Poi si è levata una voce timida: “Scusi, signor calamaro: a scuola ci insegnano che i pesci non parlano”.
Risposta del calamaro-tamarro:
“Primo: pesce ci sarà tu’ sorella.
Secondo: ha ddda tornà la Moratti!
Terzo: com’è vero Nettuno, ho superato le 30 righe classiche e me ne frego se manca un finale coerente. Mettete che mi si sia prosciugato il calamaro.
(Ecco, l’ho detto, me ne frega niente se si abbassa ulteriormente il livello del racconto. Tanto, è più sotto che sopra il livello.
Del mare.)