Adesso voi mi vedete qui, cieco, a chiedere l'elemosina fuori dalla chiesa. Ma un tempo ….
C'è chi il destino ce l'ha nel sangue, come la vocazione dei preti. Io da piccolo, un po' da solo un po' con la banda, passavo le ore a palpare il culo alle galline. Senza malizia.
A scuola c'avevo i miei problemi: il mio papà ne ha dovuti tirare fuori di salami e cotechini per farmi prendere la licenza elementare. Che poi cosa serve, che non ci puoi vendere niente.
Lo sanno anche i muri che quelli che vanno bene a scuola, poi nella vita fanno seghe (Bondi a scuola era un genio).
Io, con l'esperienza fatta da bambino, ho messo su una attività tutta mia, che la fa neanche il veterinario più laureato che ci sia. Vado in giro negli allevamenti di polli delle colline bergamasche: alle galline che hanno il culo stretto gli dò una mano a fare le uova. Mi pagano anche bene (i padroni, non le galline), perché a volte la gallina sotto sforzo gli muore di crepaculo. E' un bel danno economico per quelli che ce ne hanno mica tante.
Oltre che il suo bel guadagno, c'hai anche la soddisfazione morale: la gallina quando l'hai sgravata ti mette lì un coccodèèèèèèè che pare un orgasmo di femmina e ti guarda con gli stessi occhi. Che uno non vuole profittarsene, se no …..
Un giorno, in un paesello della Val Imagna, una gallinella invece del solito coccodèèèèè mi spara lì un chicchiricchììììì tipo do-di-petto. La guardo stupito; lei, un po' sorniona, mi fa: "Tranquillo, sono una gallina poliglotta: discendo da una antica famiglia della Gallia, poi emigrata nel gallese".
Be', allora.
Però un residuo di dubbio mi deve restare sul muso, perché lei scoppia a ridere (una girandola di cò-cò-cò-chì-chì-chì) e spara gioiosa: "Ho fatto a te quello che tu hai fatto a me, no?!".
Una presa per il culo, appunto.
La fisso con sguardo tipo braci ardenti, che subito si diffonde un aroma di pollo allo spiedo.
Lei, zitta.
Quando me ne vado, chiedo al contadino se me la vende. "Gtanca se me la paga a peso d'oro!".
"?!"
"La dopero quando vado in Francia, come interprete".
Il mio sguardo deve fargli sorgere il dubbio che io sia cannibale, perché si affretta a dirmi: "Per farmi perdonare, ci conto su una barseletta. Perché i galli fanno mica le uova?"
"Quali, galli?" gli sibilo.
Non raccoglie il mio sarcasmo: "Perché non sono mica così cojo’ da spaccarsi ogni volta il culo per 20 centesimi".
Non c'ho più visto.