Fisherman, Simmenthal e aglio
non tengono l’amore al guinzaglio
Lei: un delizioso bocconcino da slow-food. Il clima: quello stuzzicante di inizio estate. Le tenebre ci hanno già avvolti in un manto di promesse che non ti dico.
Ci incamminiamo verso il parco, mano nella mano – una mano, la sua, che mi pare di carezzare il borotalco.
Mi sussurra – labbra di velluto sulle quali scivolano note di flauto dolce: “Tenera è la notte”.
E’ più forte di me: “Così tenera, così tenera
che si taglia con un grissino”.
Le fiamme del suo sguardo m’inceneriscono i peli del naso, diffondendo per l’aere quel tipico olezzo che avvertivo quando mia mamma strinava le raspe del pollo sul fornello a gas.
Chino gli occhi, in atto di consapevole ammenda.
Raggiungiamo una panchina, l’altare sul quale immolarci al dio dell’amore. Ci sediamo – e mani avide di conoscenza subito spiccano il volo sui nostri corpi, come libellule consce della loro vita effimera.
Le labbra, per non saper né leggere né scrivere, si fanno emule di tanta premura, calamitate le une verso le altre. Le lingue mulinellano come durlindane nelle mani di cavalieri d’altri tempi.
Però, cristo!, ha un alito che sa di Simmenthal – con tutto che da ragazzo me la divoravo con voluttà – la Simmenthal - soprattutto d’estate, bella fresca di frigo, con le patatine fritte. Le mitiche PAI, quelle che ti regalavano i palloncin - da gonfiare, non i preservativi, che all’epoca non esistevano nemmeno sul dizionario.
Quasi quasi le consiglio di ciucciarsi una Fisherman ogni tanto …
Mi ricordo ancora la prima volta che ne ho messo in bocca una – nemmeno sapevo di cosa si trattasse.
Una? Quel fetente del mio amico mi ha sfidato a metterne in bocca una decina in una volta sola. Mi son sentito la gola come fosse un deposito di surgelati; mi si son dilatati gli occhi che nemmeno quelli di un gatto dopo tre mesi di notte polare.
Superato il primo impatto, devo dire che mi son subito piaciute - e, diciamocelo, sono un bell’ausilio in caso di abboccamenti dopo una bruschettata folle.
L’aglio, l’aglio è un altro di quei sapori forti che mi dà alla testa – ma dal piacere. Aglio e piacere mi ricordano quanto raccontava anni fa un amico, a proposito di un sistema infallibile usato dai grandi amatori francesi del ‘700: con aglio e ortiche riuscivano a ….
Un lampo nel cervello, una fitta di dolore: ictus? elettroshock? un fulmine ha centrato la mia panchina?
A fatica apro gli occhi: un ciclope mi sovrasta, sormontato da un potente fascio di luce. Strizzo un po’ gli occhi e mi rendo conto che si tratta soltanto di un metronotte, che -accidenti a lui! - mi sta puntando in faccia la sua potente torcia elettrica.
Grazie ad essa raggiungo l’illuminazione sul mio stato presente: sono sempre seduto sulla panchina, calzoni aperti, camicia al vento, mezzo avvitato su me stesso, le gambe accavallate. Mi sto abbracciando – senza troppo trasporto, per la verità - con la lingua penzoloni.
Qualcosa mi dice che lei dev’essersene andata.
Uno non può distrarsi un attimo.….
Lo sguardo del metronotte è di quelli che per descriverli non ti basterebbe una Treccani. Non ha tutti i torti, diciamocelo – però, devo sbloccarlo, altrimenti gli si marmorizza l’apparato facciale.
“Scusi, ce l’avrebbe mica una Fisherman?”