Non una, ma 18 volte. Per 18 volte, tra il 2002 e il 2008, il Co mune di Piacenza si è rivolto all’Anas se gnalando che il ponte sul Po era malan dato. Finché il ponte, a fine aprile, è crol lato per davvero. E Roberto Reggi, pri mo cittadino della città emiliana, non sa darsi pace: «Sono cose che succedono nei paesi più derelitti dell’Africa. Qui è capitato a cavallo delle due regioni più ricche e nessuno ha fatto una piega. Pos sibile che io sia l’unico a indignarsi?». Cartoline dall’Italia: c’è tutto il senso della cosiddetta «questione settentriona le » in quanto avvenuto tra Emilia Roma gna e Lombardia. Qualche chilometro più a valle del ponte centenario che ha fatto flop c’è quello nuovissimo sul qua le sfreccia il treno dell’alta velocità. Mo dernità e vecchiume, eccellenza e incu ria vivono praticamente gomito a gomi to. E anche Piacenza, adesso, teme che avvenga «the Big One», l’evento in gra do di gettare nel caos tutta la fascia affac ciata sul fiume.
«Ce ne accorgeremo — dice il sindaco Reggi — al primo inci dente (e ne capita anche uno al mese) che bloccherà il ponte dell’autostrada, l’unico rimasto in piedi in un raggio di 50 chilometri. Tutto il traffico si riverse rà sulle strade secondarie e in pratica l’Italia rimarrà tagliata in due. Ditemi: si può vivere così nel 2009?». Si «dovrà» vivere così, anche perché le previsioni più ottimistiche dicono che occorrerà attendere ancora sei mesi almeno prima che il manufatto ora sotto sequestro da parte della magistratura possa essere riaperto (molto parzialmen*te) al traffico. Le prime verifiche hanno intanto spazzato via un’illusione: il disa stro — come hanno dichiarato anche gli esperti del Magistrato del Po — non è stato causato dalla piena delle ultime set*timane, ma solo dall’incuria. Il ponte aveva resistito a «spallate» ben più vio lente, ad esempio le alluvioni del ’94 e del 2000; l’arcata venuta giù, inoltre, sca valca un’area golenale, vale a dire una zona che si allaga solo quando il fiume si ingrossa, non è perciò quella che sop porta le pressioni più forti. «L’altro gior no — prosegue Reggi — sono stato sen tito dai carabinieri sul crollo: ho conse gnato loro il carteggio con l’Anas da quando sono sindaco. Alla fine abbiamo contato 18 missive che segnalavano peri coli e chiedevano interventi urgenti. Una di queste mostrava, corredata da fo to, che un giunto del ponte si era dilata to a tal punto che una colonia di piccio ni ci aveva nidificato dentro. Ma il guaio è che molte altre strutture sono nelle medesime condizioni, questo è solo l’emblema dell’Italia che va in pezzi».
Nel 2000 era stato indetta una gara per sistemare l’opera, i lavori partiti nel 2007 non erano ancora terminati. In real tà servirebbe un ponte nuovo, enti loca li di Lombardia ed Emilia hanno sotto scritto un protocollo nel 2003 in cui indi cavano la soluzione: allargare l’attuale ponte dell’autostrada. Ma la risposta del l’Anas è stata prevedibile: mancano i sol di. «Ci hanno proposto — ecco ancora lo sfogo del sindaco piacentino — di re alizzare l’opera con il cosid detto project financing. Co me dire: un nuovo ponte dovrebbe essere pagato im ponendo un pedaggio a tutti quelli che vi passano sopra, come nel Medioevo. E pensare che con le tasse che versiamo allo Stato qui a Piacenza di ponti potrem mo costruircene tre». Così l’area più avanzata e più popolata d’Ita lia resta stritolata tra bisogno di moder nità e mancanza di quattrini. Male che vada, Piacenza si dovrà arrangiare alle stendo nel giro di qualche settimana un ponte di barche affittando la struttura a una ditta privata, a 100mila euro al me se: molto pittoresco, ma totalmente ina datto a sostenere il traffico di 25mila vei coli al giorno che servirebbe già oggi. E pensare che in città ha sede il Genio Pon tieri dell’Esercito, capace di scavalcare i fiumi di mezzo pianeta. Ma in questo ca so, per legge, non può essere impiegato.