Rapelay, lo stupro è un videogame
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L'ultimo "passatempo" proveniente dal Giappone: il giocatore deve stuprare la prima ragazza minorenne che incontra, le sue due sorelle e, infine, anche la madre. Tra urla, pianti, lividi e abiti strappati. E c'è pure chi dice che è educativo
A proposito di "rape" c'è la storia per certi aspetti divertente di quel cuoco italiano che andò su Google a cercare ricette a base di questo ortaggio e trovò soltanto siti porno sulle violenze sessuali. Rape infatti in inglese vuol dire stupro. Meno divertente è la notizia di un videogame giapponese. Si chiama Rapelay (mix di rape e replay, ovvero stupro ripetuto).
Il protagonista è un maniaco con l'obiettivo di stuprare la prima ragazza minorenneche incontra, le sue due sorelle e, infine, anche la madre. La scena del videogioco hentai si apre in una stazione della metropolitana. Bisogna precisare che in Giappone le molestie all'interno della metropolitana sono all'ordine del giorno. Tornando al gioco, una ragazza giovane e formosa (oltre la realtà) aspetta il metrò e osserva il giocatore il quale, usando i comandi, le si avvicina, la palpa, la sveste, la molesta e infine la stupra. Il tutto tra urla, pianti e lamenti. Le scene sono molto realistiche e in alcuni casi anche molto crude e spinte.
Il "gioco" è stato creato dalla Illusion, una società di Yokohama, che lo ha lanciato nel 2006. Inizialmente era destinato al solo mercato nipponico, ma grazie al web è riuscito a varcare i confini e ora è in vendita su Amazon e eBay. Nemmeno le proteste di associazioni in Usa e Regno Unito sono riuscite a farlo bandire dai due celebri siti.
Ma c'è anche chi difende il videogame, sostenendo che - trattandosi di una simulazione - potrebbe salvare numerose potenziali vittime da violenze reali. L'argomento ha scatenato il dibattito su blog e forum e qualcuno sostiene che una certa funzione preventiva il gioco potrebbe averla, se a giocare fossero le ragazzine che potrebbero fare il gioco al contrario, cercando di evitare le molestie. Resta da vedere quale donna si cimenterebbe mai in un gioco simile. Posto che di gioco si tratti.
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