Hanno tentato più volte il suicidio, sperimentato le cure più invasive, fino all'elettroshock, senza alcun risultato. Oggi per le persone colpite da gravi forme di depressione, resistenti ai farmaci, c'è un'altra possibilità per provare a sconfiggere il mal di vivere: due elettrodi di spugna collegati a una 'pila' che rilascia corrente continua a bassa intensità ed è in grado di modulare l'attività cerebrale. Il dispositivo è stato messo a punto, brevettato e realizzato da Newronika, spin-off nato dalla collaborazione di due enti pubblici: l'università degli Studi e la Fondazione Policlinico di Milano.La società, con un investimento inferiore a 50 mila euro, ha sviluppato la tecnologia necessaria per mettere in pratica la metodica studiata dal docente di neurologia Alberto Priori, direttore del Centro clinico per la neurostimolazione del Policlinico, culla del progetto. La pila è stata sperimentata su 14 pazienti reclutati nella clinica Villa Santa Chiara di Verona. E i risultati sono stati pubblicati ieri sull'edizione online del 'Journal of Affective Disorders'. Dopo un ciclo di due stimolazioni quotidiane per cinque giorni, tutti i pazienti hanno mostrato evidenti miglioramenti, ancora presenti a diverse settimane di distanza.
I risultati, spiegano i medici che hanno partecipato al progetto, indicherebbero una nuova via per trattare soprattutto quelle forme di depressione che resistono o non rispondono bene ai farmaci. Forme che affliggono il 30% dei 5 milioni di italiani alle prese con il mal di vivere. Circa 1,5 milioni di persone potrebbero dunque beneficiare di questa novità. Di queste, circa 500 mila hanno una forma di depressione totalmente resistente ai farmaci: "Casi in cui si sono registrati almeno tre tentativi consecutivi falliti di trattamento con molecole differenti", precisa Carlo Altamura, direttore dell'Unità operativa di psichiatria del Policlinico.
Il nome tecnico è 'Stimolazione transcranica con correnti dirette' e, assicurano gli esperti, non ha nulla a che vedere con l'elettroshock. Il trattamento dura pochi minuti e non ha effetti collaterali se non, in alcuni casi, un lieve arrossamento della parte in cui vengono piazzati gli elettrodi. E il leggero sapore metallico che i pazienti avvertono in bocca quando vi si sottopongono. Niente di più. Il trattamento determina modificazioni funzionali cerebrali che persistono anche quando la corrente è stata interrotta. "I miglioramenti sono poi evidenti anche a distanza di mesi", assicura Priori, parlando del trattamento: una sorta di "rivisitazione della pila di Galvani", in grado di "garantire un campo elettrico costante e di modificare la carica delle membrane".
Alla fine del trattamento i pazienti - 13 donne e un uomo, di cui 6 con un elettroshock alle spalle e 6 con uno o più tentativi di suicidio all'attivo - sono stati sottoposti a diversi test, spiega Priori, "che non hanno mostrato alcuna alterazione cognitiva o di memoria, fenomeni tipici invece della terapia elettroconvulsiva". Il trattamento non è invasivo, non richiede la presenza di un anestesista, dura solo cinque giorni.
L'85% dei pazienti studiati, riferisce Mario Giacopuzi della clinica Villa Santa Chiara di Verona, una casa di cura privata convenzionata con il Ssn dove si trattano casi perlopiù gravi, "presenta un miglioramento significativo. Quando Priori ce l'ha proposto eravamo scettici. Dopo abbiamo dovuto ricrederci. E adesso abbiamo già applicato il protocollo a 250 nuovi pazienti". Il Policlinico, annuncia infine Altamura, aspetta ulteriori dati che arriveranno da Verona su questa tecnica per ora sperimentale, e ha in programma di avviare una sperimentazione. L'obiettivo è saperne di più anche sulle forme di depressione più sensibili al trattamento e sulle differenze di reazione dei pazienti, per perfezionare l'indicazione della terapia.