Ciao a tutti
occhio a non "coltivare"..cannabis !!
Cannabis, coltivazione illecita anche se per uso personale
di Giovanni Negri
La coltivazione di cannabis costituisce reato. Sempre. Anche quando è realizzata per destinare il prodotto a uso personale. Lo chiariscono, una volta per tutte, le Sezioni unite penali della Cassazione con la sentenza 28606, depositata ieri. La pronuncia scioglie un contrasto che aveva visto fronteggiarsi, all'interno della stessa Corte suprema, orientamenti di natura diversa, ora più favorevoli, ora contrari alla punibilità. A prevalere, alla fine, è stata la posizione più severa. Anche se l'autorità giudiziaria dovrà sempre valutare l'idoneità criminale della condotta. Ovvero dovrà considerare se esiste l'offensività e negarla tutte le volte in cui la sostanza che si è ricavata dalla coltivazione non è adatta a produrre un effetto stupefacente concretamente rilevabile.
Per le Sezioni unite il punto di partenza è costituito da una sentenza della Corte costituzionale, la 360 del 1995, nella quale si sottolineava la mancanza di un «nesso di immediatezza» tra la coltivazione e l'uso personale e l'impossibilità di determinare in anticipo la potenzialità della sostanza drogante che si può ricavare dalla coltivazione in maniera tale da rendere meno affidabili le valutazioni sulla destinazione della droga a uso personale piuttosto che alla cessione.
Inoltre, un'analisi della legislazione attuale, dopo la riforma Fini-Giovanardi del 2006, porta adesso la Cassazione a concludere che la rilevanza penale della condotta di chi coltiva cannabis, indipendentemente dalle valutazioni sul suo successivo utilizzo, non è mai venuta meno. Questo dice la norma ed è tanto più importante se si tiene conto della «carica ideologica» sottesa al problema della droga che può condurre a una dilatazione eccessiva oppure a una restrizione della fattispecie penale.
Alle Sezioni unite appare poi arbitraria la distinzione fra coltivazione in senso imprenditoriale e quella invece domestica. Nella disciplina normativa si tratta di una separazione che non è possibile rintracciare. È vero che è prevista una disciplina di autorizzazione alla coltivazione in situazioni particolari, come per esempio per scopi di ricerca e didattici, ma non è detto – spiega la Cassazione – che l'attività di coltivazione che è priva di questi requisiti particolari sia da considerare lecita.
La sentenza spiega così che «qualsiasi tipo di coltivazione è caratterizzato da un dato essenziale e distintivo rispetto alla fattispecie di detenzione, che è quello di contribuire ad accrescere (in qualunque entità), pure se mirata a soddisfare esigenze di natura personale, la quantità di sostanza stupefacente esistente, sì da meritare un trattamento sanzionatorio diverso e più grave». Infine, una volta raccolto il prodotto, non è che la sua detenzione a uso personale fa venire meno la rilevanza penale della precedente coltivazione, assorbendo il reato all'interno di un illecito amministrativo.
Fonte: www.ilsole24ore.com 11 luglio 2008