Il 9 APRILE
(liberamente, molto molto liberamente ispirata a "Il 5 maggio")
Ei fu. siccome ignobile,
musa del gran raggiro,
perì dentro le regole
nel mezzo di un delirio,
senza la rissa stolida
per terra l'Unto va
sfranto annaspando all'ultima
balla sesquipedale,
livido egli trasecola
per l'esito mortale
mangia la propria polvere
cipria di vanità.
Il re del monopolio
si eclissa nella notte
quando nel faccia a faccia
trema tentenna e sbricca
e mille servi al seguito
salvarlo non protran.
L'Unto da manicomio
ma lato di sondaggio
crolla dal virtual pulpito
delle sue balle ostaggio,
appare sol decrepito
sa già che sparirà.
Dall'Annunziata i brividi,
dileggio senza freno,
raggiunse tetro il culmine
spargendo acre veleno,
scappò dal suolo RAI
in preda al vaneggiar.
Fu vanagloria? Ai poster
l'ovvia sentenza: noi
subiam l'affronto di un lessico
volgar, che in altri tempi bui
il fu cavalier Benito
usò per noi vessar.
La portentosa e callida
ascesa di tanto ingegno,
del cavalier che l'etere
si prese con un assegno
e irrompe fin su un proscenio
ch'era follia sperar
tutto ei comprò: l'Italia
latitante, quel lotto sul Naviglio,
sentenze, la memoria,
Bettino e il suo cipilgio,
i lodi per assolvere,
le leggi per sfangar.
Ei s'immolò per debiti
che aveva accumulato,
in campo eroico scese
dalle tivvù osannato
comprò la squadra e l'arbitro
si coronò d'allor.
E senza dar nell'occhio
mentre il Paese affonda
le aziende sue fioriscono
con fatturati bomba,
segno di grande genio
o d'infinito dolo.
Gnomo dal cranio glabro
crine s'innesta a iosa,
onde di chioma posero
stile stantìa sciantosa
folta quasi da mietere
simile a Sandokan
tirò il suo volto tremulo
le rughe si rapprese
sì da mostrar sui poster
fronte e mascelle tese
sotto un cerone ruggine
e strati di Chanel.
Per un consenso estatico
armò corte solerte,
servi a decenza estranei
lise menti deserte
proni al padron che incensano
intorno a lui belar.
L'Unto dai nervi gracili,
complici i suoi vassalli,
le istituzioni fragili
mastica e fa a brandelli,
sponsor del vituperio
e dell'altrui schernir.
Ma di poter non sazio
al vizio aggiunge il pelo,
per non smarrir la florida
manna che vien dal cielo
per ritornare a vincere
chiunque egli ingiuriò.
E s'avviò nei gelidi
tunnel d'incompetenza
e dal suo bunker il Genio
c'imbriglia all'indigenza,
in un calar di palpebre
l'Italia tramontò.
Lombo sciacal! Farnetica
Al Cafone e bile sprizza
tra i manager più celebri
per mascherar la strizza,
dell'imboscata gongola
il guitto che franò.
Or che di sé dà i numeri,
attonito è il Paese,
la sua follia sceintifica
prepara oscure imprese,
prima che l'urna vindice
il requiem a lui intonò.