Non sono particolarmente informato ne ferrato in materia, ma posso dare una mia "leggera" opinione. Può uno stato permettersi di "chiudersi" nei propri confini? Se riduciamo in scala la scelta di uno stato o di una nazione ad un piccolo paese? Cosa diremmo di un paesino chiuso in se stesso che non accetta nuovi cittadini o non accetta nuove idee dall'esterno ma vuole invece preservare il più possibile la propria cultura e le proprie abitudini senza che queste vengano messe in discussione o modificate da elementi esterni tacciando di "eretico" tutto ciò che non è "tradizionale"? Bè... minimo sarebbe un paese arretrato ed alquanto bigotto no? Ora... in realtà non è possibile per nessun paesino per piccolo e chiuso che esso sia frenare l'entrata di nuovi elementi (una ragazza sposa un ragazzo di un paese più lontano... ad un professionista serve un aiuto dall'esterno...) bene, come gestire la cosa? Bisogno obbligare i nuovi elementi alle tradizioni del paese o è bene che ognuno porti un po' del suo?
Ad ogni modo visto che il processo di amalgama di diverse razze e religioni è inevitabile, sarebbe meglio essere pronti all'integrazione che chiusi... è come ostinarsi a pensare che la terra deve rimanere piatta indipendentemente dalle prove.
Per loro è un continuo scendere a compromessi:
- Limitare la libertà di stampa, limitare la libertà di pensiero, limitare la procreazione, limitare l'accesso ad internet... ed alla fine anche loro utilizzano la doppia lingua, le doppie scritte (c'è sempre anche l'inglese), copiano tutto ciò che vedono fuori dai loro confini... hanno pochissimi diritti... lavorano 20 ore al giorno.... e il divario tra ricchezza e povertà è enorme... non mi sembrano messi benissimo
Ci sono conventi poveri con frati ricchi e conventi ricchi con frati poveri.
La Cina ha tutto questo denaro da spendere con cui compra porti container strategici per le sue esportazioni, aziende chiave, e tanto altro perché, sostanzialmente, è un lager dove 1.299 milioni di lavoratori forzati sono sotto il comando di 1 milione di ricchissimi imprenditori e/o politici. In queste date condizioni è facile primeggiare nell'economia. Qualcuno dice che in Cina dovremmo esportare i nostri diritti, il che è giustissimo. Ma se in Cina vivessero con lo stile di vita e i consumi italiani (che sono molto più parchi degli Americani) quel paese da solo utilizzerebbe tutto il petrolio, il gas, il ferro, rame etc. di questo pianeta (e quando dico tutto, intendo tutto). In questo momento solo 200 milioni di Cinesi sono entrati nella macchina produttiva, ce ne sono 1.100 milioni che stanno ancora a guardare. Probabilmente non per molto. Prendiamo l'India (ma vale per tutti i paesi in via di sviluppo): nella prima metà degli anni '60 aveva 365 milioni di abitanti. Ora ne ha 1.200 milioni. Prendiamo l'Egitto: ha 85 milioni di abitanti, 2,5 in più della fertile, ricca e grande Germania, e tutti costoro vivono, uno sopra l'altro, nella strisciolina coltivabile del Nilo. Fossi uno di loro, rischierei anch'io una probabile morte nel Canale di Sicilia, piuttosto di una morta certa per fame a casa mia.