Con uno sprint straordinario, il figlio del rettore della Sapienza diventa prof poche ore prima che la legge lo proibisca. Adesso a insegnare nello stesso ateneo ci sono proprio tutti: lui, la moglie, il neo assunto e pure l’altra figlia.
Lo ammetto, ci stavo cascando. Il fatto è che in questi mesi il rettore de La Sapienza si era comportato proprio bene. Ha trasformato l’ateneo, ha detto che avrebbe punito i fannulloni, ha cercato il modo di incentivare la ricerca… insomma mi stavo convincendo che talvolta è la funzione che crea l’organo e che Frati, una volta rettore, con una giravolta etico-caratteriale di 180 gradi, era davvero diventato un uomo delle istituzioni.
Poi, una notizia sgattaiola dall’elenco delle persone considerate idonee per il posto di professore ordinario, e diventa ufficiale che la facoltà di medicina dell’ateneo di Frati (che fino a qualche settimana fa era sia rettore sia preside della stessa facoltà) ha terminato il 19 dicembre le procedure per chiamare a questo ambito compito tal Giacomo Frati, già professore associato nella stessa facoltà.
Certo i meriti di Giacomo Frati saranno esemplari, chi siamo noi per giudicare?
Ma è difficile considerare una pura coincidenza i tempi della chiamata che, per un pugno di ore, eludono il giogo della riforma Gelmini che, tra i mille danni che fa, ha l’effetto positivo di impedire che un ateneo chiami figli e parenti di chi già vi occupa posizioni accademiche.
Quindi il professor Frati Giacomo potrà sedere accanto all’augusto padre. Alla sorella Paola che alla Sapienza fa il professore di Medicina legale. Alla madre Rita Angeletti che nello stesso ateneo è professore di Storia della medicina.
Frati Luigi dice che se uno è bravo non può essere discriminato perché si chiama come lui (come dargli torto?). E, riferendosi alla moglie, ci ha detto che è ovvio che gli amori nascano tra persone che fanno mestieri analoghi, in particolare mestieri di questa fatta. Resta però che la signora Angeletti Frati quando è salita allo scranno di prof ordinario era docente di liceo; e che l’amore con l’attuale Magnifico non deve essere nato in consiglio di facoltà. Ma questi sono fatti loro (chissà perchè lui li ha tirati in ballo?).
Un ultima cosa: a chi venisse in mente di pensare che, in fondo, se impedisce simili inciuci, la riforma Gelmini non deve essere male, suggerisco che a Roma ci sono tre università e che una mano lava sempre l’altra. Impedire d’ufficio consanguinei nello stesso ateneo è una sciocchezza: l’amante, la moglie, il figlio o la cugina un vero barone li mette in cattedra dove c’è un amico pronto a farlo in cambio di un analogo servigio per analoghi amanti, mariti, cugini…
Da questo schifo se ne esce solo con una vera e misurabile meritocrazia e con la trasparenza assoluta delle scelte e degli atti: tutto il resto è papocchio.
Fonte:
Frati, una famiglia in cattedra - L'espresso