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  • 3 Intervento di P S Y C H O

Agostino Di Bartolomei

  1. #1
    Se muoio rinasco P S Y C H O
    da Estero
    Iscrizione: 6/12/2005
    Messaggi: 17,140
    Piaciuto: 1393 volte

    Predefinito Agostino Di Bartolomei

    Oggi Ago avrebbe compiuto 56 anni.

    Se dovessi scegliere un calciatore emblematico di tutta la storia della Roma, sarebbe lui, il più grande capitano che la Roma abbia mai avuto.

    Nel 1980, quand'era ancora nel fiore della sua carriera professionale, Francesco De Gregori gli dedicò una canzone: la leva calcistica del 1968; oggi gli dedico questo video che la ripropone:



    Agostino Di Bartolomei è stato il regista della Roma dello scudetto, Niels Liedholm aveva un debole per lui. Lo convertì da centrocampista a libero davanti alla difesa. Le sue peculiarità erano un controllo del pallone come pochi calciatori al mondo, praticamente quando aveva il pallone tra i piedi era impossibile toglierglielo, una specie di Pizarro al quadrato; in più aveva un tiro micidiale, calciava la palla con una potenza sbalorditiva, che lo fece diventare anche un ottimo realizzatore.


    Un abbraccio Ago, ovunque tu sia!

    A Zeitgeist, FranCiccio91 e Str@ngelove piace questo intervento

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  3. #2
    FranCiccio91
    Utente cancellato

    Predefinito


  4. #3
    Vivo su FdT monty
    Uomo 40 anni da Verbano-Cusio-Ossola
    Iscrizione: 22/4/2007
    Messaggi: 3,535
    Piaciuto: 77 volte

    Predefinito

    ero piccolo e tante cose non potevo saperle, ma sono contento di aver visto coi miei occhi inconsapevoli di bimbo di 7 anni giocare un campione e di essere cresciuto nel suo mito grazie alla storica promozione in B del 1990.
    era un UOMO prima che un calciatore.
    scelse di rimanere a Salerno, di accasarsi nella provincia....e fu lì che decise di lasciarsi andare e di lasciarci!

    a Salerno è ancora ricordato come se non fosse andato mai via...


  5. #4
    Se muoio rinasco P S Y C H O
    da Estero
    Iscrizione: 6/12/2005
    Messaggi: 17,140
    Piaciuto: 1393 volte

    Predefinito

    Ieri era l'anniversario della sua scomparsa.

    Per commemorare propongo questa bellissima lettera che suo figlio Luca gli ha scritto lo scorso anno, come prefazione del libro "L'ultima partita - Vittoria e sconfitta di Agostino Di Bartolomei", di Giovanni Bianconi e Andrea Salerno.





    Caro Ago,
    è da quando Andrea e Giovanni mi hanno chiesto di
    pensare a un'introduzione per questo libro bello e onesto
    - scritto con il tatto di chi sa di toccare sentimenti privati
    e allo stesso tempo una passione e un affetto condivisi
    da tantissime persone - che penso e ripenso a queste
    poche righe.
    E ne ho buttate via tante di versioni prima di decidere
    davvero che forse era il caso di essere egoista e parlarti, per
    una volta pubblicamente, solo da figlio.
    Quanto mi manchi papà.
    In queste settimane ho passato qualche giorno di vacanza
    a San Marco e ho avvertito fortissima la tua assenza.
    In un attimo mi sono tornati in mente tutti insieme i
    piccoli segni dei giorni estivi di festa.
    Il tuo asciugamano blu nel bagno davanti al mare da
    cui d'estate cercavo la barca mentre assonnato indossavo il
    costume; lo sguardo di mamma quando vedeva che mettevi
    l'aria nelle bombole, preludio di una giornata di pesca
    subacquea in cui tu, ti riposavi 20 metri sott'acqua tra
    tane di cernie, e lei si agitava guardando il pallone di segnalazione
    galleggiare incerto di sopra.
    Ago, se prima mi capitava di parlare di te sempre con il
    sorriso e quasi con la certezza di scorgere nelle mie azioni
    qualcosa che ti riportasse alla mia memoria, adesso purtroppo
    tutto questo non mi viene naturale. Non più come prima.
    Mi manchi papà. E da figlio perdonami se decido oggi
    di gridare con egoismo l'ingiustizia di avermi sottratto i
    nostri anni più belli.
    Quelli dell'adolescenza e di una contestazione strozzata
    nel realismo; quelli di qualche schiaffone con cui, ogni
    tanto, mi avresti addrizzato. Quelli delle prime ragazze,
    dello studio all'università, della casa da solo. Quelli delle
    partite di calcetto insieme. Rigorosamente, in squadre
    diverse.
    Rituali sicuramente sciocchi e forse banali ma che ti parlano
    di una normalità che - forse perché negata - avrei desiderato
    tanto e che mi sottraesti in quella mattina serena
    di un'estate immobile.
    Una giornata di cui purtroppo ricorderò perfettamente
    ogni secondo per tutta la mia vita.
    Di quell'ultima volta che ti ho visto vivo al sole del terrazzo.
    Di quella sedia bianca da giardino che stazionò lì per
    mesi prima che ce ne accorgessimo, presi come eravamo da
    mille interrogativi e dai rimorsi che ti stringono quando capisci
    che non avevi capito nulla.
    Quella sedia bianca di legno colpita come da una martellata
    rotonda all'altezza della seconda fascia.
    Dell'ultima volta che ti ho visto poco più di un'ora dopo
    nel corridoio stretto del cortile davanti casa: steso in quella
    chiglia fredda di zinco.
    Avevo undici anni papà, tu mi sembravi invincibile e destinato
    a tornare in qualche modo in quello stadio grande
    con sopra gli imbuti nel quale quando incontravamo i tifosi
    partiva in automatico la foto mentre in sottofondo scattava
    plastico il coretto: "OOOO AGOSTINO... AGO
    AGO AGOSTINO GOL..." scatenando in un certo senso
    la mia gelosia di bambino.
    Volendo, oggi, essere onesto fino in fondo con me stesso
    penso che nella serenità con cui ho parlato di te alle moltissime
    persone chi mi hanno chiesto se fossi parente del
    Capitano - a riguardarla adesso quella serenità - ci sia stato
    qualcosa di inconsciamente innaturale.
    Come se con quella mia tranquillità volessi placare il rumore
    assurdo che quel tuo sparo ha prodotto nella testa di
    tutti noi. Che gesto estremo insensato imbecille ed allucinante
    hai fatto quel 30 di maggio Ago.
    Un altro 30 di maggio per te: l'ultimo. Per noi, da lì in
    avanti, l'unico.
    Quella data diventerà un giorno a caso sul calendario, un
    giorno tra il 29 e il 31 in cui i giornalisti delle radio mi chiamano
    per un ricordo con il pubblico. Per i tifosi che hanno
    visto e non hanno dimenticato quel Capitano serio. Per quelli
    giovani che ti hanno scoperto sui forum, visto su Youtube
    e che per te hanno aperto anche una pagina Facebook.
    Ho scoperto più avanti la crudeltà di quella data. Dieci
    anni dopo quella finale. Ho scoperto quella crudeltà e mi
    sono sempre ripetuto che non ci puoi aver pensato davvero.
    Troppa cattiveria in quella coincidenza. Forse ti si è insinuata
    dentro quella data, ecco. Come la depressione che
    ti porta a un gesto stronzo. Come un fallo plateale in area
    di rigore.
    Perché papà io non ci ho mai creduto e non voglio crederci
    che in quell'attimo estraneo all'intelletto hai pensato
    a una sconfitta in quella stupidissima partita di calcio.
    Di fronte alla grandezza di una vita umana, all'amore di
    una moglie e di due figli infatti cosa era quella se una stupidissima
    partita di calcio?
    E pensare che la sera prima saremmo stati in trenta a
    casa, tra cugini e amici stretti, a mangiare insieme senza che
    nessuno si accorgesse di nulla. Mentre quella sensazione
    lieve di malessere ti stritolava.
    Ma non penso che ci saremmo potuti accorgere di nulla,
    papà. Con noi sei stato, fino all'ultimo istante, lo stesso di
    sempre.
    Non chiuso. Non orso come ti vedevano gli altri. Quelli
    che non ti conoscevano. Quelli che ti avevano cucito addosso
    un personaggio che non ti apparteneva. Non fiero, non superbo.
    Solo riservato.
    Con noi eri solo Ago: innamorato, dolce, caciarone e
    ironico. L'Ago di sempre. Quello che accantonava l'aria
    seria del ragazzo cresciuto in fretta, precocemente vecchio,
    e buttava le miccette nel camino per spaventare nonno.
    Quello delle domeniche in barca per andare a pesca.
    Dei pomeriggi su un campo alla periferia del calcio per
    insegnare ai ragazzini gli schemi e dirgli che serietà e talento
    contano alla stessa maniera.
    Quello che veniva a svegliarmi tutte le mattine per vedere
    i tg delle 7 e che poi partendo per andare a lavoro con
    Gianmarco mi portava a scuola.
    Quello che durante la settimana aveva sempre dei fiori
    per Marisa e che quando tornava a casa aveva per lei il
    primo bacio.
    Quello che nonostante tutta la mia incazzatura e tutto il
    vuoto mi ha lasciato dentro riesco sempre a perdonare perché
    ho conosciuto tutto il suo amore.
    Mi manchi Ago. Ecco volevo solo dirtelo ancora una volta.
    (03 settembre 2010)

  6. #5
    Se muoio rinasco P S Y C H O
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    Di nuovo quel giorno stronzo...