Mi servirebbero più argomentazioni per sostenere che i valori dell'umanesimo e del rinascimento sono imprescindibili dell’essere umano
Mi servirebbero più argomentazioni per sostenere che i valori dell'umanesimo e del rinascimento sono imprescindibili dell’essere umano
Più rispetto a cosa? Quali argomentazioni hai già?
L’età medioevale costituisce un periodo di prigionia speculativa per il filosofo, costretto suo malgrado negli oscuri e intricati meandri della religione e della filosofia di stampo aristotelico, asservita alla causa tomista. Dalla metà del secolo XIV si sviluppa un movimento di rinascita culturale volto a restituire all’uomo, e soprattutto all’uomo colto, la sua autonomia spirituale, culturale, filosofica, storica e scientifica; un movimento di liberazione che mirava a ripristinare il ruolo di attore principale ricoperto dall’uomo nella natura e nel mondo. Questo movimento si chiama Umanesimo, e già nel nome propone senza alcuna ombra di dubbio la visione antropocentrica di questa epoca. Faro di quest’epoca illuminata, che anticipa il Rinascimento mitteleuropeo, è la cultura classica, greco-latina, assunta come esempio da continuare e perpetrare e non da imitare sterilmente. L’uomo dell’Umanesimo vive un periodo di crisi dei valori e delle istituzioni: il Papato e l’Impero sono in declino, il Feudalesimo va lentamente estinguendosi, come l’economia rurale nei confronti della nascente economia urbana, e la borghesia inizia la sua ascensione negli stati signorili italiani, prevalendo sul ceto nobiliare, che perde la sua importanza. Gli Umanisti rivendicano per l’uomo un nuovo posto nel mondo, accettano la crisi dei valori ritenendo di poter costruire una realtà migliore. Si parla non a torto di “scoperta dell’uomo”, un uomo che vive nella natura e nella storia. Come essere naturale l’uomo ha dei bisogni, che devono essere soddisfatti, come essere storico l’uomo deve essere agente delle trasformazioni politiche, e deve agire all’interno di un gruppo umano. Nascono da ciò due esigenze, una a carattere storico, che mette l’uomo nella giusta relazione col suo passato (qualcosa che viene prima e a cui guardare, ma non da cui farsi imprigionare), e una a carattere filologico, che è il bisogno di ricostruire la sapienza antica nel giusto modo: è un po’ la tendenza che nel Medioevo animò l’enciclopedismo di Severino Boezio, e che poi andò persa per l’inevitabile ingerenza della Chiesa. Un altro dei cardini umanistici è il nuovo ruolo della religione e della tolleranza religiosa. Gli Umanisti credono infatti che le confessioni religiose sono diverse solo strutturalmente ma non nella natura, poiché tutte inevitabilmente tornano a un principio cosmico, ad una unità spirituale che è la ricerca della Verità. Si tratta di un passo molto importante, che avrebbe dovuto porre fine non solo alle annose e pericolose disputationes scolastiche, ma anche all’odio teologico e alle persecuzioni.
IL RINASCIMENTO
Rinascimento è un termine di natura religiosa, tratto dal Vangelo di Giovanni e dalle Lettere di Paolo; significa “rinascita” ed è rivolto alla rinascita dell’uomo come depositario della fiducia di Dio che lo ha posto come protagonista del Suo Regno. Preceduto dall’Umanesimo, quale raccordo con la tormentata cultura scolastica, il Rinascimento occupa i secoli XV e XVI, e costituisce un periodo di fermento culturale, storico, politico, religioso, filosofico, scientifico e artistico di indubbia importanza.
Canone dell’epoca rinascimentale è il ritorno al principio: un principio che affonda inevitabilmente le radici nella ricerca speculativa classica, ormai giunta a maturazione, tipicamente neoplatonica, ma inteso in vari sensi anche in ambito storico, scientifico e naturale. Si tratta di un ritorno a Dio, ma anche a una sola e unica Verità, alle origini storiche dell’uomo e alla natura come forza che produce e vivifica le cose. L’opera di Bernardino Telesio, “De rerum natura juxta propria principia”, costituisce il manifesto di questo nuovo modo di intendere la natura.
Cambia il modo di intendere la natura, ormai non più soggetto a forze intrinseche, ma spinto verso uno studio empirico e scientifico che costituirà il fondamento della scienza moderna.
GLI UMANISTI
L’umanista per eccellenza è Dante Alighieri, che nella “Vita Nuova” e nella “Divina Commedia” si fa portavoce del rinnovamento in atto nei diversi settori della cultura del periodo.
Il poema dantesco, evidentemente ultraterreno e non privo di significative simbologie esoteriche e misteriche, rappresenta nel vero senso della parola quanto l’Umanesimo sta portando avanti: l’idea del ritorno al principio è rappresentata dal viaggio ultramondano che il Poeta compie a partire dall’Inferno, mentre Virgilio, che gli è guida, palesa quel metodo di lettura dei classici che anima l’Umanesimo letterario.
Coevo di Dante è Francesco Petrarca, anche se lo si potrebbe già dire uomo del Rinascimento. La poetica petrarchesca mira soprattutto alla rievocazione e alla celebrazione della cultura classica, anche qui con un chiaro metodo di lettura che non isterilisce l’opera dei classici nella loro antichità ma ne fa un valido trampolino di lancio per l’uomo dell’epoca, allontanando l’ombra inquisitoria della cultura cristiano-scolastica. Su questa scia Petrarca si accompagna all’opera di Giannozzo Manetti e Leon Battista Alberti.
L’umanista si riappropria non a caso della stessa vita spirituale, e l’ascetismo viene visto come una forma di egocentrismo religioso. Lorenzo Valla è uno degli autori più impegnati in questo ambito: a supporto dello sforzo reazionario di Valla basta la dimostrazione dell’apocrifazione della donazione di Costantino, resa dall’ingerenza della Chiesa di Roma.
L’Umanesimo europeo annovera tra i suoi esponenti i francesi Carlo Bovillo e Pietro Ramus: secondo Bovillo l’intendere dell’uomo va esaltato e valorizzato, poiché Dio ha creato l’uomo un gradino sopra gli animali, che pure possono sentire ma non intendere, e pertanto è giusto che l’uomo coltivi le facoltà superiori per non annegare nei gradi inferiori dell’essere; Ramus, come lo spagnolo Ludovico Vives, cerca di proporre un modello di logica più umana e naturale, e rifugge dal modello aristotelico. In assoluto una delle menti più illuminate dell’Umanesimo francese fu Michel de Montaigne, autore dei “Saggi”: saggi nel senso di esperienze, e non di tentativi, e basati sullo stesso procedimento autobiografico ripreso poi da Descartes.
STORICI E POLITICI RINASCIMENTALI
Il Rinascimento aggiunge un ulteriore ingrediente all’Umanesimo: se l’Umanesimo rinnovava l’uomo, il Rinascimento rinnova la vita associata dell’uomo stesso. Ritornare alle origini, al principio, viene assunto in due accezioni diverse, sia ad una comunità storica determinata e assunta a modello della vita politico-istituzionale contemporanea, sia come ritorno di una comunità politica alle sue proprie origini, alle sue basi. Queste due accezioni animano due prospettive di studio, lo storicismo e il giusnaturalismo.
Iniziatore dell’indirizzo storicistico fu Niccolò Macchiavelli, fermo assertore della necessità benefica del ritorno al principio. Come nell’antica Roma dopo ogni sconfitta si faceva ritorno alle origini, così anche l’Italia deve cambiare e tornare al modello politico della Roma repubblicana. Macchiavelli non fa discorsi astratti ma fondati sulla realtà di fatto, miranti a restituire all’uomo il suo ruolo di protagonista della storia e alla storia il suo fattivo insegnamento di verità. Egli attribuisce per primo un ruolo scientifico alla politica, considerando unico il compito svolto dal politico, compito che non potrebbe mai conciliarsi con le esigenze di ogni singolo, essendo inevitabilmente basato sui dati di fatto cui il politico deve fare fronte.
Per quanto riguarda il giusnaturalismo, si può dire che questo indirizzo nasca con l’Utopia di Thomas More, isola fantastica dove More pone uno stato ideale e conforme a ragione, come vorrebbe la dottrina platonica. Meno fantasiosa è la ricostruzione fatta da Giovanni Bodin, che esalta la sovranità dello Stato, come massima autorità, sottomessa però alle leggi naturali della moralità. Bodin difende la tolleranza religiosa, riconoscendo l’imprenscindibile unità di tutte le confessioni religiose nel nome di una sola verità. Contro Bodin, il tedesco Giovanni Altusio affida la sovranità non allo Stato ma al Popolo, che ne delega l’uso ai suoi governanti, ma non la aliena. Il popolo è per Altusio una comunità di individui che si riconosce unita da un patto, concetto questo tipico della filosofia politica rinascimentale. Il vero maestro del giusnaturalismo è però l’olandese Ugo Grozio, vero sarto dei concetto di natura e ragione. Il diritto naturale si fonda secondo Grozio sulla natura razionale dell’uomo, e ogni azione e ogni valore sono positivi o negativi proprio a seconda della loro conformità alla ragione umana. Grozio è ovviamente favorevole alla libertà e alla tolleranza religiosa, e la sua opera porta per la prima volta la fede nella ragione umana, mediando i vecchi contrasti e le polemiche della Scolastica.
Spero, in qualche modo, di esserti stato d'aiuto...