Lo sbocco finale della crisi capitalistica è la guerra
Le crisi sotto il capitalismo non sono tutte uguali, questo si sa. Ma si deve anche sapere che per superare le crisi economiche la classe borghese capitalistica è obbligata a seguire linee di intervento che non possono incidere minimamente sulle cause profonde delle crisi - ossia sul modo di produzione capitalistico - ma possono intervenire sugli effetti e, in particolare, sugli effetti che provocano sulle condizioni di vita delle masse lavoratrici, perchè - lo ripetiamo - è dal lavoro salariato degli operai che la classe borghese estrae il suo guadagno, sotto forma di plusvalore, e al quale dà il nome di profitto.
Il fattore decisivo sul mercato mondiale, in ultima analisi, è sempre il prezzo concorrenziale delle merci. Più aumenta la concorrenza fra capitalisti nel mercato, più essi tendono ad ottenere costi di produzuione più bassi e, quindi, gettare nel mercato merci a prezzi più convenienti. La legge di concorrenza non smette di funzionare, anche in presenza di cartelli e monopoli. Caso mai, come in effetti succede nello stadio imperialistico del capitalismo, l'azione dei cartelli e dei monopoli consiste nell'aumentare la pressione sulla classe proletaria in termini di intensità di lavoro e di produttività e abbassando i salari. La spinta della classe dei capitalisti a forzare la collaborazione di classe nonostante l'abbattimento dei salari, l'aumento del tasso di sfruttamento dei lavoratori impiegati e l'aumento della disoccupazione, tende, come ricorda Kautsky non ancora passato al nemico, «a distruggere e indebolire le loro organizzazioni»; di più, questa tendenza, in tempo di crisi, «è tanto più forte, quanto più aspra è la concorrenza sul mercato mondiale e quanto più questo appare ristretto in rapporto alla crescita illimitata delle forze produttive del capitalismo» (23).
Alla classe capitalistica non basta, però, schiacciare la classe salariata sotto la pressione dell'aumentato tasso di sfruttamento e della miseria crescente diffusa nelle gradi masse proletarie. Per uscire dalla crisi, quando i contrasti sul mercato mondiale si fanno particolarmente acuti con i concorrenti, da mettere in pericolo la stessa esistenza della classe borghese nazionale come classe dominante, non bastano più misure economiche e sociali restrittive, non basta più la collaborazione di classe in fabbrica, non bastano più leggi che aumentano l'autoritarsimo e il dispotismo sociale della classe dominante: si deve passare all'uso della forza militare, la politica di difesa degli interessi capitalistici e imperialistici della classe dominante cambia i propri mezzi di intervento, e diventa politica di guerra.
Le guerre commerciali, le guerre monetarie, le guerre delle diplomazie, ad un certo punto convergono in un'unica guerra, la guerra militare, la guerra per la spartizione del mercato mondiale su altri rapporti di forza di quelli precedenti.
Riprendendo questo aspetto del problema, continuremo il resoconto nel prossimo numero.
Partito Comunista Internazionale: Le crisi cicliche del Capitalismo