Per la mia tesi sto leggendo una serie di articoli riguardanti l'altruismo e il comportamento prosociale in specie non umane. Giusto per introdurre i concetti, si parla di altruismo quando viene messo in atto un comportamento volto ad aiutare o favorire un altro, anche a discapito di chi lo mette in atto, senza che il soggetto altruista ne ricavi alcun beneficio diretto. Si parla invece di atteggiamento prosociale quando il comportamento è volto ad aiutare un altro, ma può anche avere un riscontro positivo sul soggetto prosociale, e in ogni caso non implica un costo aggiuntivo per il soggetto stesso. Voglio specificare che in questo caso parlo di altruismo senza coinvolgere in alcun modo la morale, come invece si tende solitamente a fare parlando dell'altruismo nell'uomo. Parlando di specie non umane è difficile poter parlare di morale, perché ancora si sa molto poco a riguardo. Venendo al punto, se l'altruismo puro esista o meno è un dibattito tuttora aperto. Secondo alcune teorie l'empatia, ovvero il condividere gli stessi sentimenti dell'altro, è sì una via che spinge all'altruismo, ma per fini che sono, in fondo, egoistici: alleviare il proprio dolore alleviando il dolore dell'altro, di cui il nostro è un riflesso. Altra teoria molto interessante è quella sostenuta da Dawkins, ovvero quella del gene egoista (https://it.wikipedia.org/wiki/Il_gene_egoista): l'altruismo tra membri di uno stesso gruppo favorisce la coesione e la fitness generale del gruppo, dunque la sua probabilità di sopravvivenza e successo riproduttivo. L'evoluzione, la selezione naturale, hanno come fine ultimo la sopravvivenza dell'individuo più adatto, e quindi dei geni più adatti. I comportamenti altruisti sarebbero dunque solo un modo per aumentare la probabilità di sopravvivenza dei propri geni. Forse queste ipotesi spingono a giustificare l'egoismo, ma io non credo sia così; innanzitutto, si parla di egoismo in una forma totalmente libera dal peso morale che viene così facile affibbiare in questi contesti: non è un egoismo cosciente, pensato, ma una sorta di spinta innata alla sopravvivenza che si esprime, in questo caso, con l'altruismo. In secondo luogo, mi piace rispondere a queste teorie con le parole di un importante primatologo, Fransis de Waal: "Even if contingent reciprocity were to play a role, it is good to realize that it is impossible to learn behavioural contingencies without spontaneously engaging in the behaviour in the first place. We must therefore assume an impulse that propels individuals to defend, share with or rescue others."
Personalmente credo che entrambi i punti di vista siano fortemente validi e che entrambi abbiano giocato un ruolo importante nell'emersione (se si dice così, la Germania sta danneggiando il mio italiano ) di una tendenza altruista nei primati e nell'uomo. L'altruismo, in specie sociali, aumenta la probabilità di sopravvivenza del gruppo, favorendo così la trasmissione di un'attitudine prosociale, ma deve esserci stato un primo ominide, o un primo scimpanzé, che ha agito aiutando un compagno senza alcun vantaggio per sé stesso. Qualcosa l'ha spinto a farlo, e che poi questo qualcosa si sia rivelato utile è un'altra faccenda.
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