Seguo come voi con interesse l’evoluzione dell’infuenza A(H1N1), e con eguale interesse il diffondersi, negli italiani, di dubbi, perplessità, timori, insieme a informazioni approssimative, incomplete o false. Le persone chiedono certezze, ma la scienza per sua natura non ne fornisce purtroppo: in questo campo può solo dare delle stime probabilistiche. Ad una domanda semplice e legittima di una mamma che chiede “il vaccino dell’influenza farà male al mio bambino?” la scienza può solo rispondere in modo statistico. E questo per molte persone è terribilmente inaccettabile. Se poi i telegiornali aprono ogni giorno, irresponsabilmente, con l’elenco dei morti la percezione del rischio da parte del proverbiale “uomo della strada” diventa di gran lunga superiore al rischio stesso.
Seguo anche il pissi pissi bau bau dei canali ”alternativi”, i video su YouTube, gli articoli sul web in siti e blog, i gruppi di facebook, insomma tutti quei canali dove, per il solo fatto di essere “alternativi” (con un bel po’ di virgolette), qualsiasi stupidaggine viene propagata alla velocità della luce, facendo anche sentire chi la propaga in dovere di diffondere la “verità tenuta nascosta” a più persone possibile. Là invece le certezze abbondano. C’è una profusione di persone, anche medici e pediatri (sic! come se bastasse una laurea per avere autorevolezza), che sostengono che il vaccino è una bufala, che è un complotto mediatico delle multinazionali, che il virus è stato “inventato” appositamente, che addirittura è in atto un piano mondiale per uccidere milioni di persone nel mondo. Ci sono poi quelli che si oppongono a qualsiasi tipo di vaccinazione, o ancora peggio, pretendono di sostituirle con cure omeopatiche, cioè con l’acqua fresca. Tutti graniticamente sicuri.
Le certezze attirano molto di più dei dubbi e delle risposte probabilistiche che può dare la medicina. Non a caso le religioni hanno sempre avuto molto più appeal della scienza.
- Decessi dall’inizio della pandemia:
62
- Tutti i soggetti deceduti tranne tre presentavano gravi patologie pregresse
- Casi che necessitano di assistenza respiratoria: 216
- Percentuale di decessi in rapporto ai malati: 0,0041%
- Vaccinati: 167.680
Qui sotto potete vedere in rosso
il grafico dell’andamento dell’influenza espresso come numero di casi ogni 1000 abitanti (o meglio, di assistiti dai medici di base) confrontato con l’andamento delle passate influenze stagionali, che come potete vedere avevano il massimo di attività verso febbraio.
AGGIORNAMENTO alla settimana 46: il picco potrebbe essere stato raggiunto
La percentuale di decessi rispetto ai malati è, per ora, piuttosto bassa, ed è ovvio che il numero di decessi totali dipende, oltre che dalla pericolosità di un virus, anche da quante persone vengono infettate. Se ad esempio il virus infetterà 10 milioni di persone ci potremo aspettare tra i 200 e i 400 decessi. Ricordo però che non è sempre facile stabilire le cause delle morti e il Center for Disease Control di Atlanta (USA) che segue l’epidemia ha rivisto i dati dei decessi (e sono sicuro che anche questo farà scatenare i complottisti)
Testare un vaccino
Voglio qui invece soffermarmi su una frase che leggo spesso che riguarda il vaccino (che comunque, ricordo, in Italia per ora è disponibile solo per le categorie a rischio). In tutto il mondo, non solo in Italia, uno dei motivi di perplessità che circonda questo vaccino è riassunto nella frase: “Il vaccino è stato preparato in fretta e non è quindi sicuro al 100%”. Questa frase genera spesso dubbi, timori e diffidenze, anche comprensibili.
I vaccini pandemici sono sicuri?
I risultati degli studi completati, al momento indicano che i vaccini pandemici sono sicuri come quelli influenzali stagionali; gli effetti collaterali osservati fino ad ora sono simili a quelli osservati con i vaccini influenzali stagionali.
Gli studi clinici hanno identificato tutti i possibili effetti collaterali ?
Anche gli studi clinici più estesi potrebbero non essere in grado di identificare possibili eventi rari che diventano evidenti quando i vaccini pandemici vengono somministrati a molti milioni di persone. Gli eventi rari possono essere valutati soltanto quando il vaccino è utilizzato in maniera massiva.
I trial clinici forniscono dati di sicurezza per la popolazione in generale. E’ necessario il monitoraggio aggiuntivo di gruppi particolari di riceventi il vaccino per raccogliere informazioni di sicurezza più specifiche.
Sono state già pianificate aggiuntive azioni di monitoraggio a largo raggio sui vaccini pandemici, man mano che questi vengono utilizzati da un numero crescente di persone in tutto il mondo. L’OMS raccomanda a tutti i Paesi di condurre un’accurata sorveglianza per monitorare la sicurezza dei vaccini.
Questa risposta, che per me è rassicurante perché afferma che il vaccino è sicuro quanto un vaccino stagionale, e quindi non ci sono rischi in più, per quel che ne sappiamo al momento, in realtà allarma molte persone per esattamente lo stesso motivo. Chiedono sicurezza al 100% e rischio zero invece che confronti tra rischi, cosa che la scienza per sua natura non può fornire.
Ma ragioniamo un po’ su cosa significa “testare un vaccino”: significa evidentemente somministrarlo a molte persone e aver raccolto ed elaborato sufficienti dati statistici. Ora, come è possibile pretendere che questo vaccino sia già stato sperimentato su milioni di persone quando questo virus è nuovo? Capite il corto circuito del ragionamento? Si pretende una sperimentazione sull’uomo che non può esserci stata, non per chissà quale negligenza ma semplicemente perché è un virus nuovo. È questo un buon motivo, dal punto di vista logico, per diffidare?
Paradossalmente è molto più facile testare un potente veleno perché gli effetti sono molto evidenti. Come invece dice giustamente l’OMS, se si vogliono scoprire degli eventuali effetti collaterali che, supponiamo, colpiscono una persona su un milione (un po’ come gli effetti collaterali possibili di cui si legge nei foglietti illustrativi dei farmaci), è necessario aver prima vaccinato più di un milione di persone, non c’è altra via putroppo. Non siamo ancora in grado di prevedere l’effetto di un qualsiasi farmaco o vaccino su di una persona specifica, ma solo fare previsioni statistiche.
Questo per molti è, comprensibilmente, psicologicamente inaccettabile, fonte di inquietudine e paura. É per questo che, io credo, alcuni abbracciano le certezze dei negazionisti, dei complottisti, di quelli che è tutto un magna magna delle multinazionali e dei politici corrotti. È più facile credere alla verità rivelata di qualche naturopata su YouTube che non doversi confrontare con la scelta personale di un comportamento (ad esempio vaccinare il proprio bimbo) in base a delle stime probabilistiche, alla scelta tra due rischi, vaccinarsi o non vaccinarsi, per quanto entrambi piccoli ma non zero.
Spesso su questo blog racconto storie passate e dimenticate, perché sono convinto che possano essere utili per capire meglio il presente. Parlando di sperimentazione dei vaccini questa volta vi voglio parlare del più grande e massiccio test mai effettuato nella storia dei vaccini, quello contro la poliomielite. Questo per spiegare cosa vuol dire “testare” un nuovo vaccino.
Il vaccino antipolio.
Sfogliando le mie collezioni di vecchi fumetti ho trovato degli inserti dedicati alla campagna contro la poliomielite che vi voglio mostrare.
La poliomielite è una malattia virale che attacca le cellule nervose e a volte il sistema nervoso centrale che può causare la paralisi o addirittura la morte. Nella maggior parte dei casi una persona in salute sopravvive alla poliomielite senza problemi, ma in circa l’1% dei malati l’infezione ha esiti terribili.
Ci sono evidenze, in reperti egizi, che la paralisi da polio fosse già conosciuta nel 1000 AC.
Il male però per migliaia di anni non è stato considerato una minaccia grave quanto il vaiolo, la peste o altre infezioni comuni perché le incursioni del virus si sono limitate a episodi sporadici. Ai primi del Novecento la situazione muta all’improvviso: importanti epidemie scoppiano dapprima in Europa e poi negli Stati Uniti, ripetendosi con intensità sempre maggiore fino a oltre la metà del secolo. Non solo, ma nel mezzo secolo in cui le epidemie si intensificano cambia anche l’età delle persone più colpite: all’inizio si ammalano soprattutto i più piccoli, mentre attorno al 1950 si infettano di più i bambini di 5-9 anni, un’età in cui fra l’altro il rischio di paralisi è maggiore. Ma neppure gli adulti sono risparmiati: circa un terzo dei casi riguarda persone sopra i 15 anni.
Dal 1900 sono documentate varie epidemie di polio in tutto il mondo, spesso ognuna più forte delle precedenti. La malattia colpiva soprattutto i bambini e i ragazzi, ma anche adulti, come Franklin Delano Roosevelt, futuro presidente americano in carrozzella.
ai primi di luglio i giornali newyorkesi parlano di 350 bambini paralizzati e di 75 decessi. A causa dell’emergenza vengono cancellate quasi un terzo delle celebrazioni fissate per la festa dell’indipendenza del 4 luglio, ai ragazzi sotto i 16 anni viene vietato di frequentare i luoghi pubblici affollati, vengono stampati e distribuiti più di mezzo milione di volantini con tutte le informazioni utili e le misure di prevenzione da intraprendere contro la polio. Ma il virus sembra comunque inarrestabile: 113 nuovi casi il 5 luglio, altri 133 solo ventiquattr’ore dopo. I cittadini, terrorizzati, iniziano a elaborare ipotesi fantasiose e a improvvisare improbabili soluzioni fai-da-te: all’inizio i gatti vengono bollati come i responsabili della diffusione della polio. Si parla anche di una taglia per ogni animale eliminato. Risultato: in un mese vengono uccisi più di 70 mila gatti in tutta New York, ma l’epidemia non accenna affatto a diminuire. Si passa allora a dare la caccia alle zanzare. E poi ai topi di fogna. Ma non solo: sul banco degli imputati sale di tutto, dalle mosche ai coni di gelato, dalla polvere alla metropolitana, dai gas industriali alla postura assunta dai bambini sui banchi di scuola, dai vulcani e i terremoti alle bottiglie di latte sporco.
…
A ottobre l’arrivo dei primi freddi ostacola la diffusione del virus e l’epidemia si estingue lentamente. Sul terreno restano 6000 vittime e 27 mila nuovi casi di poliomielite.
Negli USA sono riportati 17.000 colpiti da poliomielite nel 1931, 10.000 nel 1935, 25.000 nel 1946, 42.000 nel 1949 (vengono conteggiati solo i casi fatali o di paralisi).
Nel 1952 dilaga negli Stati Uniti la peggior epidemia di poliomielite fino ad allora, con più di 57.000 persone colpite. Migliaia di persone nel mondo rimangono paralizzate. Questo inserto tratto da Superboy 21 (1952), è parte della campagna di sensibilizzazione verso i giovani e i loro genitori per arginare un poco la terribile epidemia. Cliccate sull’immagine, leggete e rabbrividite al pensiero di come si viveva all’epoca, quando si doveva diffidare di un nuovo amico perché non si sapeva se era portatore di polio o meno.
Era purtroppo frequente in quel periodo vedere ragazzi in giro con le stampelle o in carrozzella, colpiti dalla paralisi infantile, come testimonia questo inserto tratto da Superboy 28 (1953).
Nel 1947 il Dr. Jonas Salk iniziò le sue ricerche per trovare un vaccino contro la poliomielite al Virus Research Lab all’Università di Pittsburgh. Ben presto si scoprì che i 125 diversi tipi di virus della polio che erano stati isolati ricadevano in tre grandi gruppi. Un vaccino doveva quindi necessariamente proteggere da tutti e tre i gruppi di virus. Una tappa fondamentale verso lo sviluppo di un vaccino efficace venne nel 1948 quando John F. Enders, Thomas H. Weller, e Fredrick C. Robbins scoprirono il modo per far riprodurre il virus in una coltura di tessuto animale, senza la necessità di utilizzare un intero organismo, come un embrione di pollo. Questa scoperta fruttò ai tre ricercatori di Harvard il premio Nobel per la medicina del 1954.
Salk nel 1952 ha pronto un vaccino sperimentale, testato su se stesso, la moglie, i suoi figli e su alcuni bambini che avevano già contratto la poliomielite.
Nel 1953 Salk pubblica le sue ricerche sul Journal of the American Medical Association.
A fianco vedete un inserto della NFIP, la National Foundation for Infantile Paralysis, tratto da Superboy 28 del1953. Recita “Un vaccino non è pronto per il 1953, ma c’è speranza per il futuro”
Nel 1954 il vaccino viene sperimentato, con il più grande programma di test su larga mai effettuato. Circa 1.8 milioni di bambini americani, canadesi e finlandesi tra i 6 e i 9 anni presero parte all’esperimento voluto dal NFIP: il test fu condotto utilizzando per la prima volta, su un vaccino, la procedura in doppio cieco: ad un gruppo di bambini (per la precisione 422.743) fu somministrato il vaccino, ad un secondo gruppo (201.229) un inefficace placebo, dell’acqua salata, e i restanti vennero utilizzati come gruppo di controllo, senza inoculazione. Nè i piccoli pazienti nè i ricercatori sapevano chi aveva ricevuto il vaccino e chi il placebo. Questo è un punto di fondamentale importanza per la verifica sperimentale di un farmaco perché i fatti mostrano, anche se ancora non ne comprendiamo il meccanismo, che una persona che crede di essere curata, anche se gli viene data a sua insaputa della semplice acqua, ha delle probabilità maggiori di guarire rispetto a chi invece non prende nulla consapevolmente. Per verificare l’efficacia di un farmaco quindi è necessario “sottrarre” l’effetto placebo (alla base di molte pratiche terapeutiche cosiddette “alternative”).
Vi erano dubbi sull’efficacia di questo vaccino, anche da parte di eminenti scienziati come Albert Sabin che avrebbe sviluppato negli anni seguenti un vaccino alternativo da somministrare per via orale. L’unico modo per dirimere la questione era effettuare un test su larga scala. Harry Weaver, il direttore delle ricerche del NFIP scrisse
“La pratica della medicina è basata sui rischi calcolati… Se aspettiamo che ulteriori ricerche vengano svolte, un gran numero di esseri umani svilupperà la poliomielite mentre avrebbero potuto essere protette”.
Può sembrare non etico somministrare un placebo, cioè qualche cosa che non ha quasi effetto e quindi lasciare quella parte di popolazione non protetta dall’infezione. Senza placebo (o come spesso si fa oggi, somministrando il miglior trattamento disponibile per una certa patologia) tuttavia si rischia di prendere degli abbagli e considerare efficace qualche cosa che non lo è. Commentava Salk in proposito
“Un esperimento bellissimo, che gli epidemiologi ammirerebbero in estasi ma che farebbe rabbrividire le persone umanitarie”
I risultati preliminari erano notevoli: 60%-70% di copertura contro il virus di tipo 1 e 90% contro i tipi 2 e 3. La buona novella del vaccino in fase di test arriva anche su Superboy 36, del 1954 “Si sta testando un vaccino sicuro e promettente, ma i risultati si sapranno solo nel 1955“
Il 12 aprile del 1955 il Dr. Thomas Francis, supervisore dell’esperimento di massa, annuncia che il vaccino di Salk era “Sicuro, efficace e potente”. Il governo degli Stati Uniti autorizza il pomeriggio stesso la produzione su larga scala del vaccino, concedendo la licenza di produzione a cinque aziende: Eli Lilly, Parke-Davis, Wyeth, Pitman-Moore e Cutter.
Due settimane dopo l’autorizzazione arriva la terribile notizia di cinque bambini californiani rimasti paralizzati dopo l’inoculazione del vaccino. Le vaccinazioni vennero fermate e il morale tornò a terra. Si scoprì però che i casi di malattia erano stati causati da due lotti di vaccino contaminato da virus vivo prodotti dai laboratori Cutter a Berkeley. I lotti contaminati hanno anche generato una epidemia locale di polio. Alla fine 164 persone rimasero paralizzate e 10 morirono. Fu uno dei peggiori disastri dell’industria farmaceutica americana.
Furono subito adottati standard di produzione più elevati e le vaccinazioni ripresero.
I 28.985 casi di polio riportati nel 1955 scesero a 14.647 nel 1956, e a 5894 nel 1957. A 396 nel 1963 e a 61 nel 1965.
Nel 1959 ormai altri 90 paesi utilizzavano il vaccino di Salk che, dopo l’esperienza dell’incidente Cutter, era un vaccino molto sicuro. Questo vaccino è basato su del virus reso inattivo (insomma, ucciso, anche se tecnicamente un virus non è proprio “vivo”) mediante della formaldeide e viene indicato con IPV (Inactivated Polio Vaccine). Salk è stato il primo a dimostrare che un vaccino può funzionare utilizzando un virus inattivato.
Qui sotto potete vedere un video con filmati dell’epoca (ricaricate la pagina se non vedete nulla)
Nel 1957 Albert Bruce Sabin iniziò a sviluppare un vaccino alternativo, da somministrare per via orale e non più per inoculazione. Il vaccino venne testato in Unione Sovietica perché Sabin aveva bisogno di un paese dove nessuno era mai stato vaccinato. Venne adottato nel 1961 negli USA, nonostante qualche opposizione al “vaccino comunista”. Il vaccino Sabin era più efficace del Salk, forniva una maggior protezione e per un periodo di tempo più lungo, ma comportava rischi maggiori. Il vaccino di Sabin infatti (OPV Oral Polio Vaccine), a differenza del Salk, era basato su un virus attenuato, indebolito in laboratorio in modo da non risultare più pericoloso ma in grado solo di stimolare le difese immunitarie dell’organismo. In alcuni casi però il virus poteva riprendere virulenza ricombinandosi, come solitamente fanno i virus, all’interno del corpo umano e ridiventare pericoloso causando la paralisi da vaccino, indicata con VAPP (Vaccine-Associated Paralytic Poliomyelitis). Succede molto raramente: le stime, per eventi così rari, non sono precise ma siamo intorno ad un caso ogni 2.4 milioni di dosi, tenendo però presente che un ciclo di vaccinazione può richiedere più dosi. Raramente ma succede, e putroppo non è un evento prevedibile o da imputare ad una cattiva qualità del vaccino o alla azienda produttrice (a differenza dell’incidente Cutter). É purtroppo la tipica roulette del DNA: mutando e mutando ogni tanto si produce qualche cosa di pericoloso e non è possibile prevedere in quali soggetti un evento del genere può accadere.
Proprio perché più efficace per combattere l’epidemia, il Sabin è stato il vaccino antipolio utilizzato dal 1963 sino quasi alla fine del secolo dagli USA e molti altri paesi del mondo, soppesando i costi, dei pochi sfortunati colpiti dalla paralisi da vaccino, con i benefici della grande maggioranza che veniva protetta dalla malattia.
Nel 1994 la poliomielite viene dichiarata eradicata nelle americhe. Nel 2000 ormai, i pochi casi di polio che si verificavano in USA (8-10 per anno) erano non più dovuti alla circolazione del virus (anche se ogni tanto capita qualche persona infetta proveniente da paesi dove l’epidemia esiste ancora) ma al vaccino di Sabin, e quindi, non ritenendo più giustificabili i rischi, seppur piccoli, di contrarre la polio, si decise di ripassare al più sicuro vaccino di Salk (che, ricordate, contiene solo il virus inattivo e quindi non può causare paralisi)
L’Europa fu dichiarata libera dalla polio nel 2002. In Italia nel 2001 ci furono zero casi di poliomielite, a fronte degli 8.000 casi (paralisi e morti, ricordate) del 1958.
Negli anni 50 e 60, prima che fossero disponibili i vaccini antipolio (inattivato o IPV, vivente attenuato o OPV) in Italia venivano osservati ogni anno migliaia di casi polio paralitica. Il vero declino della poliomielite in Italia è cominciato nel 1964, quando sono state portate a termine campagne di vaccinazione di massa con vaccinazione della popolazione compresa tra 0 e 20 anni.
Da più di 15 anni in Italia non si osservano casi di poliomielite da virus selvaggio e questo fa sì che il nostro Paese, come gli altri Paesi appartenenti alla Regione Europea dell’OMS, sia stato ufficialmente dichiarato libero dalla poliomielite il 21 giugno 2002.
Notate come solo dopo le grandi campagne di vaccinazione di massa con il vaccino di Sabin, e il conseguente obbligo di vaccinazione, si riesce a eradicare la polio in Italia, con buona pace di chi sostiene che la polio è scomparsa solo per le “migliorate condizioni igieniche” (sic! Si trovano anche queste credenze sul web purtroppo, corroborate anche dai soliti affetti da sindrome complottistica da YouTube, come se nel 1962 in Italia le condizioni fossero state molto diverse da quelle del 1966. Ma mi facci il piacere, direbbe Totò. Ogni tanto, confesso, mi piacerebbe che le Lauree fossero come la patente: da rinnovare periodicamente, e che si potessero ritirare a chi dica manifeste corbellerie. Purtroppo so benissimo che chi crede a quelle fantasie non cambia idea di fronte ad alcun tipo di evidenza scientifica perché le loro idee non sono basate sui fatti ma sul loro sistema di valori e di credenze)
Nel periodo 1997-2001 in Italia sono stati riportati 7 casi di VAPP (paralisi da vaccino). In Italia, come successe in USA, una volta eradicato il virus si è passati, nel 2002, al più sicuro vaccino Salk, per non far correre rischi inutili ai bambini.
Prima dell’introduzione della vaccinazione antipolio l’OMS stima che più di 600.000 bambini restavano paralizzati ogni anno. Ora la polio resiste ancora in poche nazioni, specialmente in India, Nigeria e Pakistan, e si spera di sconfiggerla una volta per tutte con le campagne di vaccinazione.
I Test sui bambini
Questo ha significato “testare” il vaccino per la polio: somministrarlo a centinaia di migliaia di bambini (tra l’altro la metodologia statistica del test ha suscitato controversie negli anni sucessivi). Questi test su larga scala su dei bambini sarebbero considerati inaccettabili oggi, così come su altri soggetti a rischio. Questo porta alla paradossale conseguenza che una grande parte dei farmaci sul mercato oggi non sono mai stati sperimentati sui bambini, o su altre categorie come le donne incinte ad esempio, anche perché lo si ritiene eticamente inaccettabile, e questo genera sospetti: “il farmaco X non è stato sperimentato sui bambini”. È come un serpente che si mangia la coda.
La prossima volta che sentite qualcuno dire che “i vaccini in generale non servono a nulla, è tutto un complotto delle multinazionali che ci guadagnano”, fategli vedere una foto di qualche bambino con le stampelle, o i bambini nei polmoni d’acciaio. E ditegli di stare zitto.
La lunga opposizione ai vaccini
I vaccini non possono mai essere sicuri al 100% perché nulla lo è purtroppo. Questo ha sempre creato delle opposizioni più o meno feroci. Nella seconda metà del ‘700 Edward Jenner inoculò per la prima volta nell’uomo del vaiolo vaccino cioè vaiolo di vacca (ecco l’origine del nomi vaccino e vaccinazione). Potete vedere una vignetta dell’epoca dove si mostrano le persone inoculate che si trasformano in vacche, segno della paura e dell’opposizione dell’epoca.
il virus del vaiolo di vacca era sufficientemente simile al virus del vaiolo umano da scatenare la risposta protettiva del sistema immunitario umano, ma sufficientemente benigno da non causare i tragici problemi del vaiolo umano.
Negli anni ’50 del secolo scorso la fiducia nella scienza era molto alta (sicuramente molto più che adesso) e le vaccinazioni erano già state accettate da gran parte della popolazione. Addirittura la vaccinazione contro la polio veniva chiesta a gran voce, come abbiamo visto. I rischi di una mancata vaccinazione erano sotto gli occhi di tutti, ogni giorno. Nonostante questo e con il rischio di far contrarre la poliomielite ai propri bambini alcuni genitori si rifiutavano di vaccinare i figli. Questa è una vignetta vincitrice del premio pulitzer del 1957 (categoria Cartoons)
“Wonder Why My Parents Didn’t Give Me Salk Shots?”
“Mi chiedo perchè i miei genitori non mi abbiano dato le iniezioni Salk”
Nel politicamente corretto moderno, dove ogni opinione è considerata “legittima” e dove ognuno “deve poter scegliere” (anche se spesso non si hanno gli strumenti culturali e informativi adeguati), una vignetta di questo impatto visivo ed emotivo dubito che troverebbe spazio sui giornali, con un bambino con le stampelle colpito dalla polio che guarda sconsolato i suoi compagni, presumibilmente vaccinati, che giocano per strada, incolpando i propri genitori e la loro “libertà di terapia”.
La vaccinazione come solidarietà sociale
La poliomielite oggi in Italia è scomparsa, proprio grazie alle grandi vaccinazioni di massa. Purtroppo i vaccini, come i farmaci, non sono esenti da effetti collaterali. Se ne sente parlare spesso. Alcuni presunti effetti collaterali sono stati da tempo smentiti. Ad esempio si è scoperto che lo strombazzato (sui media) legame tra vaccini e autismo era una bufala/truffa colossale, e ora il Dr. Wakefield, che suggerì per primo il presunto legame, è finito sotto accusa per aver “taroccato” i dati, insieme ad alcuni avvocati che avevano bisogno di “costruire” il caso per poter fare causa a qualcuno. Inutile dire che sul web e sui social media invece queste bufale continueranno a girare chissà per quanti anni.
Altri effetti collaterali invece sono purtroppo veri, anche se molto rari, come abbiamo visto nel caso della polio. Ovviamente se io fossi il genitore di uno di quei bambini colpiti da paralisi da vaccino sarei qui a maledire il destino, quel vaccino, le aziende farmaceutiche e lo stato Italiano. Dopo tutto, se ora poliomielite e altre malattie sono scomparse in Italia, perchè ci dovremmo vaccinare correndo dei rischi? Ecco che a questo punto emerge l’aspetto sociale di una vaccinazione. Non è corretto confrontare i rischi (piccoli ma non nulli) associati ad un vaccino in una situazione dove tutti gli altri continuano a vaccinarsi. In altre parole (questo è un classico della teoria dei giochi, come ci spiegano i Rudi Matematici nel Blog dirimpettaio) se io decido di non vaccinarmi diminuisco i miei rischi, scaricandoli su tutti gli altri che invece continuano a vaccinarsi. Sfrutto, diciamo così, in modo un poco parassita, i rischi degli altri prendendomi solo i benefici, e in più metto a rischio chi non può, per vari motivi, vaccinarsi. Se tutti smettessimo di vaccinarci ecco che malattie come la poliomielite ricomincerebbero a mietere vittime in proporzione molto superiore ai rischi attuali derivanti dai vaccini.
Da un punto di vista scientifico le vaccinazioni, intese appunto come prevenzione delle malattie infettive, devono rientrare in una ottica di sanità pubblica e non in una visione di protezione individuale, siano esse vaccinazioni obbligatorie o raccomandate. Il target di questo tipo di intervento, per la maggior parte dei casi, è rappresentato dal raggiungimento della herd immunity.
La herd immunity è l’immunità del branco (o gregge). In pratica, quando una percentuale sufficientemente alta di persone in una popolazione è vaccinata contro una malattia, questa non riesce più a diffondersi e una eventuale epidemia si spegne subito.
L’immunità del branco permette anche di proteggere tutte quelle persone che non possono vaccinarsi (i neonati, i debilitati, gli allergici all’uovo, alla gelatina, agli antibiotici, ecc.) ma che vengono quindi protette in modo indiretto dalla nostra vaccinazione, perché così non possiamo contagiarle e l’epidemia, raggiunta l’immunità di branco, non ha modo di propagarsi. Questo effetto però può funzionare solo se le percentuali di vaccinazione sono molto elevate, altrimenti è inutile, e solo se la protezione fornita dal vaccino è sufficientemente elevata. (la percentuale specifica minima di vaccinazione per raggiungere l’immunità di branco dipendono dalla contagiosità della malattia ma solitamente è superiore all’80%).
In altre parole una vaccinazione è una “medicina per la società” nel suo complesso, più che per i singoli individui. Serve per arrestare la catena di contagi eliminando l’agente infettante.
È ovvio che in presenza di pericoli individuali molto elevati, come nel caso della polio, i due aspetti portano alle stesse scelte collettive, perché è di primario interesse personale vaccinarsi. Quando alcune malattie sono ormai diventate molto rare o eradicate i due aspetti possono divergere e l’”egoismo miope” del singolo rischia di prevalere sulle esigenze collettive. È per questo che molte nazioni hanno adottato il principio dell’obbligatorietà di molte vaccinazioni: perché l’aspetto sociale deve essere prevalente rispetto a quello individuale. In Italia ci si avvia a rendere volontarie, su base regionale, tutte le vaccinazioni dei bambini, confidando nella responsabilità e nella solidarietà sociale degli Italiani. Personalmente ho molti dubbi (per la cronaca, i miei due figli sono stati vaccinati sia con le vaccinazioni obbligatorie che con quelle consigliate). Molte persone interpretano erroneamente, già adesso, la volontarietà di una vaccinazione come un segno di una “pericolo minore” oppure di una minore “importanza” di quella vaccinazione, mentre la distinzione ha solo una origine storica e non medica. Come risultato per alcune malattie dove le vaccinazioni sono solo consigliate non si è ancora raggiunta l’immunità di branco. La disinformazione sui social media può solo peggiorare le cose. Quella sì che si diffonde in modo virale.
La vaccinazione antidifterica è disponibile in Italia nel 1929 e resa obbligatoria per i nuovi nati nel 1939. La copertura vaccinale rimase però assai scarsa durante tutto il periodo della seconda guerra mondiale. L’uso del vaccino si è diffuso a partire dagli anni ‘50; dal 1968, la vaccinazione viene effettuata contemporaneamente al vaccino antitetanico. Dal 1981 è previsto che i bambini vengano vaccinati con 3 dosi nel primo anno di vita. Attualmente più del 95% dei bambini viene vaccinato contro difterite e tetano entro i 2 anni di età. Prima dell’introduzione del vaccino, la difterite era una malattia frequente: dall’inizio del ‘900 agli anni ‘40 venivano segnalati tra i bambini 20-30.000 casi ogni anno, con circa 1.500 decessi. L’uso su larga scala della vaccinazione ha consentito una rapida diminuzione del numero di casi e la difterite è ormai in Italia una malattia rarissima: tra il 1990 e il 2000 sono stati segnalati 5 casi, di cui uno importato dall’estero.
L’esempio più significativo di cosa possa accadere quando in un Paese si smette di vaccinare contro la difterite è rappresentato dalla epidemia scoppiata nei Paesi dell’ex Unione Sovietica durante gli anni ‘90. Fino al 1990 nell’Unione sovietica i casi di difterite erano pochissimi. Dopo il 1989, per gli sconvolgimenti economico-sociali conseguenti alla caduta del regime comunista, nell’ex Unione Sovietica un numero sempre minore di bambini è stato vaccinato adeguatamente contro la difterite. La conseguenza è stata un’epidemia di circa 200.000 casi di difterite, con circa 6.000 morti. Solo tra il 1992 ed il 1995 nell’ex Unione Sovietica sono stati segnalati oltre 125.000 casi di difterite, con 4.000 morti. La difterite ha colpito non solo i bambini, ma anche gli adulti non vaccinati.
…
Soltanto l’applicazione massiccia di misure di prevenzione e controllo basate soprattutto sulla ripresa della vaccinazione antidifterica di massa ha consentito di arginare un’epidemia che minacciava di superare i confini dell’Ex URSS e che ha provocato numerosi casi importati in vari Paesi europei ed extra-europei.
Incertezze
Per fortuna i rischi derivanti dall’influenza A(H1N1) non sono certo quelli della polio del 1952. È però un virus nuovo e per larghi versi imprevedibile. Ecco, molti dei discorsi che sento fare, in TV, sui giornali o sul web, denotano una scarsa comprensione delle incertezze in gioco in casi come questi, e una ancor minore propensione ad accettare l’esistenza di queste incertezze.
Abbiamo già parlato del fatto che nessun farmaco o vaccino è al 100% e che esistono sempre degli effetti collaterali. È inutile, e stupido, chiedere una sicurezza al 100%. È necessario invece valutare correttamente i rischi e soppesarli con i benefici. Alla stessa maniera nessun vaccino o farmaco è mai efficace al 100%. A volte l’efficacia può anche essere molto bassa, inferiore al 50%. Questa è una cosa che, ho notato, stupisce molti: l’apprendere che i farmaci possono, su alcuni individui e per ragioni spesso misteriose, non funzionare. Abbondiamo di incertezze. Ad esempio quando l’OMS manda le copie dei virus alle aziende farmaceutiche perché queste lo coltivino e producano il vaccino, nessuno è in grado di garantire che il virus si riproduca abbastanza velocemente. Questo è il motivo per cui, nel contratto di fornitura del vaccino da parte di Novartis al governo italiano l’azienda non è ritenuta responsabile di eventuali ritardi. Di chi è la colpa se il virus non si riproduce velocemente (come pare stia accadendo in tutto il mondo)? Di nessuno, con buona pace di chi vorrebbe denunciare a tutti i costi qualcuno perché ignora come si produce e come funziona un vaccino. A proposito di ignoranza, ora il Codacons “
diffida il ministero della salute e l’AIFA a tirare fuori le prove dell’innocuità del vaccino”. Dopo quanto ho scritto capirete perché questa è una richiesta priva di senso (avevamo già incontrato questa associazione tempo fa parlando di OGM. Continuo a pensare che in Italia avremmo bisogno di qualche scienziato in più, magari assunto dal Codacons per farsi correggere i comunicati, e di qualche avvocato in meno). Di chi è la colpa per qualche eventuale effetto collaterale? A meno di un errore come nell’incidente Cutter o di somministrazione a soggetti allergici, di nessuno perché, come abbiamo detto, le rarissime complicazioni sono imprevedibili. E infatti è lo stato che si prende cura di quegli sfortunati colpiti dalla paralisi da vaccino Sabin. (O così dovrebbe anche se spesso quello italiano è stato latitante)
Vediamo qualche altra incertezza con cui dobbiamo convivere: muterà il virus? Non lo sappiamo. Può mutare? Certamente. Più la pandemia prosegue e più la probabilità aumenta. Diverrà più pericoloso in caso di mutazione? Non lo sappiamo. E se muta il vaccino sarà ancora utilizzabile? Non lo sappiamo. Forse sì forse no. L’anno prossimo questo virus, non mutato, sarà ancora in giro? Non lo sappiamo, ma l’OMS lo ritiene possibile poiché
ha già contemplato la possibilità di inserire questo virus nei tre ceppi che vanno a comporre il vaccino per l’influenza stagionale dell’emisfero sud.
Circolando per il mondo può ricombinarsi con il virus, molto più mortale, dell’aviaria H5N1? Non lo sappiamo.
Qualcuno sta cercando di capire quanto è probabile che accada. Se accade, unendo la pericolosità del virus H5N1 con la contagiosità dell’H1N1 potremmo avere grossi problemi. Può arrivare una seconda ondata, dopo il primo picco, come è successo per la famosa influenza spagnola che divenne molto pericolosa durante la seconda ondata? Non lo sappiamo.
Il vaccino, riducendo la diffusione del virus, serve a ridurre le probabilità di tutti questi eventi.
Se volete possiamo continuare, ma penso di aver illustrato il punto: dobbiamo convivere con queste (e molte altre) incertezze, e abbiamo quindi bisogno di prendere decisioni in base a informazioni incomplete e basate sul carattere sociale non individuale, della pandemia. Decisioni che poi non ha molto senso contestare, a posteriori, avendo acquisito ulteriori informazioni oppure se gli eventi evolvono in maniera diversa da come avevamo temuto (o sperato). Ad esempio, se non ci sarà una seconda ondata, non avrebbe senso criticare, a posteriori, la decisione di aver acquistato molte più dosi di vaccino di quelle poi effettivamente utilizzate per vaccinare gli italiani. Le decisioni vanno prese in anticipo, come in una scommessa calcolata.
Se avete letto questo articolo con la speranza che io vi possa consigliare se vaccinarvi o meno devo deludervi (mi verrebbe da dire “non sono un medico”, ma non è che alcuni medici stiano dando consigli molto chiari in questo periodo). Non ho titoli per dare consigli a differenza del Ministero e dell’OMS. Mi premeva però mettere una “cornice” a questa decisione che forse anche noi categorie non a rischio con figli non a rischio saremo chiamati a prendere tra poche settimane. E mi preme ancora una volta mettere in luce non solo l’aspetto individuale (il MIO rischio di prendere la malattia contro il MIO rischio di avere effetti collaterali) ma soprattutto l’aspetto sociale di una vaccinazione, che serve a proteggere una società nel suo complesso, e quindi a proteggere di riflesso quelle categorie di persone che per vari motivi non possono vaccinarsi.
Quello che mi lascia molto perplesso è che questo aspetto non viene messo in risalto neanche da chi dovrebbe conoscerlo meglio, e cioè medici, pediatri e personale sanitario che a grande maggioranza hanno rifiutato di vaccinarsi, sino ad ora, venendo meno quindi ad un preciso dovere di responsabilità sociale nei confronti delle persone deboli, malate e a rischio con cui vengono quotidianamente in contatto e che hanno giurato di proteggere.
La “risposta standard” di queste settimane è “questa influenza non è peggio di una normale influenza stagionale”. Vogliamo riflettere meglio su questa frase? Si stima che qualche migliaio di persone ogni anno muoia per le complicazioni derivanti dall’influenza stagionale. Qualcuno dice 5000, qualcuno 8000. Vi sembrano poche? Quando diventano “accettabili” 5000 morti? Sono “spendibili” solo perché nella grande maggioranza sono anziani? Quanti di questi anziani hanno, magari, contratto l’influenza proprio in ospedale o dal medico? Quanti non avrebbero contratto la malattia se chi gli è stato intorno si fosse vaccinato?
In altre parole, quanti di quei 5000 sono morti evitabili? E ora che questa pandemia H1N1 attacca maggiormente giovani e bambini, sono ancora “accettabili” perché tanto “è come una normale influenza” ? Ci può consolare sapere che “tanto i morti avevano già delle malattie” ? Insomma “io sono sano, che gli altri si fottano” ? Io mi sentirei più tranquillo se il pediatra dei miei figli si fosse vaccinato, voi no? Oppure vi turbate solo considerando che 3 morti su 53 non avevano malattie, erano “sani” insomma?
Al
medico che dice “
se non mi sono mai vaccinato per la stagionale che uccide molte più persone, perché dovrei vaccinarmi per la suina?” suggerirei magari di considerare l’idea di iniziare a fare
anche il vaccino stagionale. Non protegge completamente ma riduce comunque la possibilità di contagio e di trasmissione ai suoi pazienti. “Primo non nuocere”.
Un dato che non conosco è che mi piacerebbe conoscere è l’efficacia di questo vaccino, il grado di protezione offerto. Ricordate che il test di massa di Salk è servito a calcolare l’efficacia della protezione, che risultò molto alta. Se la protezione offerta da un vaccino è bassa allora anche una vaccinazione di massa risulta inefficace per fermare il virus. Ormai il vaccino per H1N1 è stato somministrato, nel mondo, a molti milioni di persone, e mentre state leggendo queste parole sempre più dati vengono raccolti e analizzati. Nelle prossime settimane avremo informazioni sempre più precise sulla sua efficacia e sui suoi possibili effetti collaterali e così via.
Niente consigli sanitari quindi. Un consiglio però ve lo do lo stesso: lasciate perdere i “canali alternativi” degli sciroccati su YouTube e seguite come me l’evoluzione della pandemia sui siti ufficiali che vi ho segnalato, se non altro per imparare qualche cosa di più sui virus e sui vaccini.
Dario Bressanini
Bibliografia e letture consigliate
The public’s acceptance of novel vaccines during a pandemic: A focus group study and its application to influenza H1N1, Natalie Henrich and Bev Holmes, Emerging Health Threats Journal 2009, 2:e8 doi: 10.3134/ehtj.09.008
Le Vaccinazioni. Parte prima: il vaccino esavalente, G.V. Zuccotti, C. Figini, D. Frasca, G. Di Mauro. In: Pediatria preventiva e sociale. – ISSN 1970-8165. – 2:1(2007). – p. 12-28.
Le Vaccinazioni. Parte seconda: i vaccini raccomandati G.V. Zuccotti, C. Figini, D. Frasca, L. Schneider, G. Di Mauro. – In: Pediatria preventiva e sociale. – ISSN 1970-8165. – 2:2-3(2007).
From compulsory to voluntary immunisation: Italy’s National Vaccination Plan (2005-7) and the ethical and organisational challenges facing public health policy-makers across Europe, N E Moran, S Gainotti, C Petrini J Med Ethics 2008;34:669-674 doi:10.1136/jme.2007.022343
Etica delle vaccinazioni, consenso informato e superamento dell’obbligo vaccinale Franco Barghini, Osservatorio epidemiologico Asl 12 Viareggio, Regione Toscana
Poliomyelites, CDC Center for Disease Control
Epidemiology and Prevention of Vaccine Preventable Diseases, CDC Center for Disease Control
Pessimi Medici, Anna Meldolesi, Il Riformista dell’8 novembre 2009