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Usa: è morto Ted Kennedy

  1. #1
    HPf2280
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    Usa: è morto Ted Kennedy - Corriere della Sera

    «Con Obama l’America è cambiata per sempre»


    Ripubblichiamo la conversazione di Furio Colombo con Ted Kennedy del 20 novembre scorso

    Il telefono squilla alle sette di sera. Riconosco subito la voce di Katie Kruse: «Posso passarle il Senatore?». Era una consuetudine la conversazione tonante del senatore Ted Kennedy, da Washington, più o meno una volta al mese, la sua irruenza appassionata contro la visione politica di George W. Bush, la teologia neo-con della potenza solitaria che guida senza voltarsi indietro, dà ordini ma non chiede consigli, divide il mondo in volonterosi che si accodano per compiacere e senza fare domande, e tutti gli altri, confondendo il pericolo dei nemici con la lealtà dei dissenzienti.

    Ma questa è la prima telefonata dopo il dramma del malore improvviso e dell’intervento chirurgico d’urgenza e del suo ostinato tornare al lavoro. Un giorno di settembre è andato a votare in Senato con la testa fasciata e contro il parere dei medici. È anche la prima volta che la conversazione con l’ultimo dei Kennedy riprende dopo l’evento più straordinario della vita americana, ma anche del mondo: Barack Obama, di origine africana, di padre keniota, diventato presidente degli Stati Uniti in una sola generazione.

    Ted Kennedy è considerato da tutti, amici e nemici negli Usa, l’uomo politico che ha contato di più in questa elezione che ha colto di sorpresa (nonostante l’attesa) l’America e il mondo. Quando le primarie lunghe e difficili con un avversario di talento come Hillary Clinton sembravano non finire mai e aprire spazio al candidato repubblicano, l’anziano senatore (78 anni) e la figlia del presidente Kennedy, Caroline, hanno portato tutto il peso di un immenso prestigio.

    «È Obama il nostro candidato », ha detto Ted Kennedy. «Mi ricorda mio padre», ha detto insieme a lui Caroline. Adesso, dopo questa incredibile vittoria, le sue parole sono queste: «Ogni volta un risultato elettorale porta cose nuove e diverse, questa è la grandezza della democrazia, persino quando non ti piace e non sei d’accordo. Ma adesso l’America è cambiata per sempre. Il Paese, tutto il Paese, anche coloro che non hanno votato Obama, si è spostato in avanti, in un altro spazio della storia. La lunga marcia di Martin Luther King è arrivata al sommo della collina. Molte cose possono accadere. Ma non si disfa più un evento come questo. Adesso l’America è davvero se stessa. E lo è per sempre».

    Ci sono dei colpi di tosse. Incrinano un poco la voce di Kennedy che non è mai invecchiata. È rimasta quella, irruente e appassionata di tanti giorni di campagne elettorali vissute insieme. È la voce di un leader che non ha mai smesso di guidare e non ha mai smesso di cercare, e che ha dominato il Senato americano anche nel lungo periodo senza potere. «Voglio dire una cosa. Sono felice di essere qui, in questa America, in questo momento».

    Dice e ripete: «Ogni elezione è una buona elezione. Ma questa ci ha cambiato per sempre». Che significa: «Nel segreto elettorale, gli americani hanno deciso di fare il salto definitivo di là dall’oscuro e insepolto spettro del razzismo». Lo riassume così: «Gli americani hanno votato per se stessi. Non per ciò che siamo già adesso. Ma per quel che saremo, da questo momento in avanti».

    Ted Kennedy è un politico e uno stratega di lungo corso. E così come, durante la campagna elettorale, ti spiegava il vantaggio e il rischio di ogni decisione e di ogni parola, adesso osserva con occhio attentissimo la scena entusiasmante del presidente Barack Obama che, con una decisione al giorno, forma il governo, e lo fa con la partecipazione e con l’ansia del più grande, del più competente, del più vicino spettatore americano. Vicino - Kennedy spiega - non significa né presenza né influenza. Significa attesa.

    L’attesa la racconta così: «Il nuovo presidente ha tracciato un percorso nitido per il suo lavoro. Lo ha presentato agli americani che gli hanno detto sì. Adesso quel percorso diventano persone, ciascuno con la sua immagine, la sua cultura, le sue aspettative, il suo passato. Il momento della scelta, per un governo che non sia fatto di manichini, di vice, di sottoposti, è di identificare donne e uomini che portano una vita piena e accettano non tanto il titolo quanto il ruolo, la parte del grande impegno che viene loro assegnato. Persone che non saranno niente di meno di ciò che portano come contributo e niente di diverso dal disegno comune a cui adesso partecipano. Ogni nuovo governo è soggetto a qualche sbandata. Noi (dice “noi” al modo in cui si usa spesso il plurale nelle vita politica americana, non per dire “noi, il governo”, ndr) non ce lo dobbiamo permettere».

    Ma c’è una seconda affermazione che gli preme fare, in questa conversazione amichevole e inaspettata, e forse gli importa anche di più perché sta parlando con uno dei tanti amici dell’America che, in tanti Paesi del mondo, hanno aspettato con vera speranza e vera tensione questo momento. Dice: «Una cosa mi auguro: che non si crei, nella ragionevole felicità di questo momento, una “over expectation”, una attesa di prodigi e miracoli. Inizia un’epoca di politica completamente nuova e inizia su un piano più alto. Ma uno come me, dopo quattro decenni in questo Senato, può dire che la politica è sempre difficile e non è mai miracolosa. La vera promessa con cui ci confrontiamo è di rendere più morale, non più magica e miracolistica, la nostra vita comune. Ciò che ci lega adesso, noi come popolo e noi con il mondo, è il rispetto di una moralità ritrovata. Il vero miracolo è questo, ed è già cominciato col voto. Il resto è lavoro, rischio e fatica, in uno dei momenti più pericolosi di tutte le nostre vite».



    Della sua salute, l’ultimo dei Kennedy dice soltanto: «Noi intanto lavoriamo e siamo in Senato. Andiamo a Cape Cod (la casa di famiglia, ndr) solo per il Thanksgiving (il giorno del Ringraziamento) e a Natale. E poi vediamo». Qui il “noi” si sdoppia. Nella prima parte della frase significa la politica. Nella seconda vuol dire la moglie Vicky (Victoria), non meno combattiva di Ted. Vuol dire figli e nipoti, figli di John e figli di Robert e delle sorelle Jean ed Eunice, e dei figli dei figli. Il clan dei Kennedy, che ha portato l’America fin qui, non finisce.

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  3. #2
    Overdose da FdT *AllStar*
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    Ho letto, RIP.

  4. #3
    Dovahkiin
    Utente cancellato

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    E chi sarebbe, di grazia?

  5. #4
    Mai più senza FdT lakeofire
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    R.i.p.

  6. #5
    Vivo su FdT luly
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    Rip

  7. #6
    Tyler Durden
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    avevo il timore di non leggere la parola islam.. poi ho letto che si parla pure di obama..
    obama -> nero.. va bene comunque..

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