Mentre in Usa dal 1 aprile è entrata in vigore la norma che prevede un aumento del prezzo delle sigarette, dall’altra parte del mondo si incentivano i fumatori non solo a continuare nella loro abitudine, ma anche ad aumentarne le dosi. Arriva dalla Cina una notizia alla quale molti stenteranno a crederci: nella contea di Gong’an nella provincia di Hubei, l’amministrazione è pronta ad adottare un provvedimento per stimolare l’economia locale.
Si tratta di sigarette: “obbligare” i lavoratori della regione a fumare. Obbligatorio quindi consumare almeno 230mila pacchetti di sigarette locali ogni anno. Non si hanno ancora notizie precise se sia stata fissata una quota-pacchetti pro capite, tuttavia per ora il provvedimento riguarda solo i dipendenti pubblici. Dovremmo chiederci: insegnanti a fumare davanti agli alunni? Medici che accendono una sigaretta davanti a un paziente? Asili che vedono le maestre impegnate più che altro a scambiarsi sigarette e non a cantare una filastrocca con i bimbi? La notizia ha quasi del ridicolo ma non si può fare a meno di rilevarne la triste realtà.
Chi non vorrà prendere il vizio, o acquisterà sigarette prodotte in altri posti, sarà multato: una voce consistente dell’economia locale è rappresentata dalla tassa sulle sigarette. Poco importa se i casi di tumore dovuti al fumo aumentano, al momento la parola d’ordine è rinvigorire le casse della contea. In tempi abbastanza recenti il “The Global Times” riportava che in Cina ci sono 350 milioni di fumatori e, ogni anno, sono milioni le persone che muoiono per malattie causate da danni legati al tabacco al punto che il governo cinese ha espresso l’intenzione di studiare un metodo che porti i cinesi a smettere. La decisione della contea appare quindi in netta controtendenza.
Non finisce qui, Chen Nianzu, funzionario presso la provincia di Hubei parla addirittura di sacrificio della popolazione:
<<Il sacrificio della popolazione servirà a rafforzare l’economia locale attraverso la tassa sul tabacco>>