Era circa il 2028
e sbarcai dal pianeta Checiùla.
Cavalcavo una splendida mula
e mangiavo soltanto stracotto.
Vedo in giro maschietti per strada,
visi pallidi e flaccide panze,
cicce in rotoli che fanno danze
come in preda a furor di lambada.
Poi tra loro qualcuno più sodo,
forse giovane oppure più vecchio;
differente, ma pure parecchio,
da quegli altri capponi da brodo.
Quando parlano han voci da chioccia,
toni acuti, non proprio maschili;
lancian sguardi alle donne un po’ ostili,
dicon ‘pirla’ e poi ‘*******’ e anche ‘soccia!’.
“Son malati, mi pare evidente”
dico a uno dei meno caduchi.
“Di preciso si chiamano eunuchi”
lui mi dice con fare saccente.
Il mio sguardo un tantino perplesso
gli fa dire con tono un po’ tetro:
“In Italia, vent’anni e più addietro
avevamo problemi col sesso:
c’eran molti, anzi troppi, immigrati
che facevan violenza alle donne,
dalle bimbe su fino alle nonne.
“Ora basta, che siano castrati!”
disse un giorno il ministro leghista
sobillando la pancia padana
e via via pure quella italiana,
che però non vuol dirsi razzista.
Il dibattito prese una piega
molto accesa e di rara veemenza:
l’UDC proponeva clemenza:
ogni stupro un colpetto di sega
per ridurre l’offesa futura.
Intervenne anche Sua Santità
suggerendo cristiana pietà:
stupratori dalla pelle scura,
musulmani, animisti e altre sette
si doveva castrargli il cervello;
quando invece era ariano il pisello,
sulle palle due belle mollette.
Le Nazioni intervennero Unite,
indignate per via dell’orrore
di castrare secondo il colore
o secondo le etnie più aborrite.
Si decise storcendo la bocca,
senza appello ad alcuna clemenza,
di castrar chi faceva violenza
col princìpio che ‘a chì tocca, tocca’.
Era ovvio per là maggioranza,
silenziosa e perciò moderata,
che a scroccar la feroce scopata
fosse solo la manovalanza
vuoi dell’Africa, slava o rumena,
mentre i bravi credenti italiani
(e di più certo quelli padani)
portan fuori le donne per cena,
gli regalano fiori e gioielli,
le seducono e chiedon permesso
quando bramano di fare sesso
e il prurito punzecchia i piselli.
Si andò avanti a castrar senza posa,
rispettando le regole imposte;
pur gli stupri non ebbero soste
e gli eunuchi aumentarono a iosa.
Ci si accorse con grande sorpresa
che i castrati con la pelle bianca,
ben nutriti e con ìl conto in banca,
frequentanti magari la chiesa,
eran più di quegli altri straccioni
di colori e di lingue diverse.
La memoria alla fine si perse
degli stupri perché gli stalloni
che ciulavano a botte in famiglia,
nelle feste o per strada o nei parchi,
non avendo più frecce negli archi
né per moglie né amante né figlia
si alienaron la riproduzione,
abbassando la natalità.
La statistica, ne converrà,
ha finito col dare ragione
ai profeti del dargliene un taglio
che ora giran col capo fasciato
non ancora ben cicatrizzato.
E comunican solo col raglio.”