La Campagna Abiti Puliti e i sindacati italiani dei tessili e chiedono al Governo italiano di intervenire a favore degli attivisti della Clean Clothes Campaign che rischiano l’arresto in India per aver difeso i diritti umani degli operai di un’impresa tessile che lavora anche per le grandi firme italiane
Roma, 5 ottobre - Valeria Fedeli segretaria generale di Filtea Cgil e, presidente della Federazione europea dei tessili ETUF, il segretario generale aggiunto della Femca Cisl Sergio Spiller e Pasquale Rossetti segretario generale della Uilta Uil e Deborah Lucchetti, dell’organizzazione [fair] e tra i portavoce della Campagna Abiti Puliti che è la ‘declinazione italiana’ della Clean Clothes Campaign, chiedono in una nota congiunta al Governo italiano di intervenire per scongiurare l’arresto degli attivisti olandesi della Campagna internazionale per la trasparenza delle filiere tessili e il rispetto dei diritti degli operai del settore.
Gli esperti di CCC e dell’India Committee of the Netherlands (ICN).rischiano due anni di carcere per cyber crime, diffamazione, atti di razzismo e xenofobia, in base al codice penale indiano, per aver diffuso informazioni sulle violazioni dei diritti dei lavoratori negli stabilimenti produttivi di un’azienda indiana. Il tribunale civile di Bangalore ha emesso un mandato di arresto per gli imputati per assicurarsi la loro presenza alla prossima udienza del processo in corso.
Precedente grave, secondo le organizzazioni sindacali italiane e la Campagna Abiti puliti, perché gli attivisti hanno portato avanti una campagna internazionale che ha messo in evidenza le violazioni delle convenzioni internazionali e del diritto del lavoro per le donne lavoratrici di due imprese in Bangalore (la FFI e la sua sussidiaria Jeans Knit), che lavorano per marchi nostrani dove sono in atto tutte le necessarie verifiche e richieste di incontro, oltre che per altri importanti marchi internazionali.
Anche Amnesty International in un documento internazionale si è detta particolarmente preoccupata per i mandati di arresto emessi in India perché la pratica di emettere condanne inconsistenti per reati criminali contro attivisti impegnati nella difesa dei diritti dei lavoratori in diverse parti dell’India non è nuova, e le autorità indiane hanno ripetutamente fallito nel prevenirla.
L’India però, in quanto firmataria della Convenzione Internazionale dei Diritti Civili e Politici (ICCPR), ha obblighi specifici sotto l’articolo 19, per quanto riguarda la tutela della possibilità di esercizio del diritto di libertà di parola e associazione.
In questo quadro le organizzazioni sindacali italiane e la Campagna Abiti Puliti chiedono al Governo italiano:
- che si attivi attraverso l’Ambasciata italiana in India perchè siano rispettate le convenzioni internazionali in materia di libertà di espressione, associazione e difesa dei diritti umani;
- che intervenga direttamente nei confronti del Governo di Karnataka e dell’India’s National Human Rights Commission sollecitando loro l’adozione di tutti i passi necessari per assicurare il diritto e la libertà per la difesa dei diritti umani come stabilito dalla dichiarazione ONU del 1998 - Declaration on Human Rights Defenders
- lavori più alacremente, in particolare nei negoziati commerciali in corso a livello multilaterale e bilaterale, perché essi contemplino sempre il rispetto dei diritti umani e delle convenzioni internazionali in materia di diritti del lavoro;
- che intervenga con i dicasteri competenti perché le imprese italiane coinvolte (ARMANI e RARE) quali committenti all’epoca delle violazioni assumano comportamenti socialmente responsabili nei confronti della intera filiera di fornitura; il loro rifiuto di prendere in considerazione le violazioni avvenuto presso il loro fornitore non è accettabile. Tutti i marchi che si sono riforniti presso la FFI/JKPL dovrebbero denunciare il suo comportamento e fare pressione perchè si apra il dialogo con i sindacati e le organizzazioni della società civile.
- che si attivi per fare pressione sull’azienda italiana TINTORIA ASTICO srl, localizzata in Veneto, di proprietà del gruppo FFI INTERNATIONAL di Bangalore e della Fibres and Fabrics Europe con sede in Olanda, affinchè chieda all’azienda proprietaria di ritirare la denuncia pendente presso il tribunale di Bangalore nei confronti delle organizzazioni della società civile, e di impegnarsi a un confronto con le organizzazioni locali (GATWU, NTUI, Cividep, Women Garment Workers’ Front Munnade).
Per tutte le informazioni sul caso www.abitipuliti.org