Qui di seguito, l’articolo di Alberto Costa sul Corriere della Sera di oggi, pagine sportive. Una piccola chicca sul conflitto di interessi, quella cosa che naturalmente non c’è, non interessa, e se per caso c’era è stata risolta da tempo.
Dal Corriere della Sera, pagina 47
Eccitato. Così descrivono Silvio Berlusconi dalla sala comandi milanista. Adriano Galliani invece ha perduto la voce e si esprime a gesti. Sono gli effetti della roboante campagna acquisti rossonera il cui merito principale è stato quello di svegliare dal torpore una tifoseria depressa. Un quadriennio di dittatura interista ed una politica di drastico ridimensionamento dei costi avevano infatti ridotto allo stato larvale la voglia di partecipazione della gente.
Ora però il vento della felicità ha spazzato via tutte le nubi e nel giro di pochi giorni l’arrivo di Ibrahimovic e di Robinho ha trasformato il pianeta Milan nella succursale calcistica del Paradiso terrestre.
Berlusconi (a sorpresa) è tornato ad essere il rivoluzionario che, in virtù delle sue intuizioni, aveva saputo dare vita a un’epopea di successi. Ad onor del vero in tempi non sospetti il Premier aveva lasciato intuire qualcosa di quello che sarebbe poi accaduto: era il 18 maggio ed ospitando a Villa Gernetto lo stato maggiore degli sponsor rossoneri vecchi e nuovi si era lasciato andare ad un’affermazione che, visto l’andazzo, i più avevano preso alla stregua di una boutade. «Se si presenterà l’opportunità di acquistare un campione come può essere Ronaldo (Cristiano), allora noi ci faremo trovare pronti» affermò il patron milanista.
Detto e fatto: prendendo tutti in contropiede e con la fattiva collaborazione di Adriano Galliani, eccoci qui a registrare entusiasmi e fuochi d’artificio perfino eccessivi perché a vedere certe formazioni pubblicate da taluni, con Robinho, Pato, Ronaldinho e Ibra tutti assieme in campo, è altamente probabile che gente come Ambrosini, Pirlo e Gattuso, insomma i faticatori di metà campo, potrebbero darsi malati ancora prima di giocare.
Dunque il Milan ha invertito il trend ma non sono ancora chiare le ragioni che hanno indotto Berlusconi a contraddire se stesso, anche se può essere istruttivo ritornare per un attimo alle origini del suo rapporto con il club rossonero.
«Nel 2001 mi venne commissionato uno studio molto approfondito dal quale emerse che il Milan e Berlusconi erano percepiti come la stessa cosa» afferma Luigi Crespi, fino a 7 anni fa sondaggista di riferimento del Premier e oggi responsabile del marketing politico di alcuni ministri come Brunetta, Carfagna, Rotondi e Meloni.
A quanto pare l’assioma è d’attualità ancora oggi: «Se perde il Milan perde Berlusconi e se vince il Milan vince Berlusconi. Ecco perché era più pericolosa la contestazione dei tifosi nel giorno del raduno rossonero della contestazione di Fini».
Del resto il rischio era davvero quello della disaffezione, come ha certificato un sondaggio commissionato un paio di mesi fa a Crespi da un cliente rossonero («Il dottor Carmelo Messina è a capo di una potente lobby trasversale di manager, uomini politici, giornalisti, gente di spettacolo e di cultura milanisti») per appurare quanto la situazione di precarietà del club avrebbe potuto incidere sul consenso politico nei confronti di Berlusconi. «I risultati sono stati sorprendenti perché il premier avrebbe rischiato di perdere il 20-25 per cento dei milanisti che votano Pdl. In termini elettorali si sarebbe trattato di una perdita di almeno mezzo milione di voti, vale a dire di 2 punti percentuali».
Il sondaggio sarebbe dovuto diventare pubblico in questi giorni ma Berlusconi l’ha disinnescato. Ancora una volta è stato il più veloce di tutti.
Ibra, Robinho e mezzo milione di voti » Piovono rane - Blog - L'espresso