Il governatore del Piemonte urla al "golpe giudiziario" e indice una fiaccolata contro i magistrati. Perché stanno indagando sulla dubbia regolarità della sua elezione
Il Cavaliere ha fatto scuola e adesso anche i leghisti lo imitano. E che leghisti: il neo governatore del Piemonte Roberto Cota ha indetto una fiaccolata che dovrebbe svolgersi la settimana prossima per le vie di Torino «per riaffermare la volontà dei piemontesi» contro le possibili decisioni del Tar sulla regolarità delle scorse elezioni, perché la magistratura «ricordi che esercita i propri poteri in nome del popolo» e quindi «non può provare acommissariare il diritto al voto dei piemontesi con qualche cavillo da azzeccagarbugli», come dice il capogruppo del Pdl Claudia Porchietto.
Ma che cosa sta succedendo in Piemonte e perché il centrodestra è così nervoso?
Tutto ruota attorno a tale Michele Giovine, che nonostante il cognome si è presentato alle ultime regionali a capo di una lista di Pensionati in appoggio allo stesso Cota. Questo Giovine ora è indagato dalla Procura della Repubblica di Torino con l'accusa di aver raccolto firme false per autenticare la sua lista: Secondo indiscrezioni uscite dalla Procura (ma non ufficialmente confermate) quelli su diGiovine sarebbero più che sospetti: una perizia calligrafica avrebbe appurato che lo stesso Giovine avrebbe apposto personalmente tutte o quasi le firme che autenticavano la lista. Molte delle persone i cui nomi appaiono nella lista avrebbero inoltre negato di essere state loro a mettere quelle firme, aumentando gli indizi su Giovine.
Ora, si dà il caso che la lista dei Pensionati di Giovine ha ottenuto il 28 e 29 marzo scorso quasi 27 mila voti: molti di più di quelli (circa 10 mila) che alla fine hanno separato Roberto Cota dalla candidata del centrosinistra Mercedes Bresso. In altre parole, Cota avrebbe vinto le elezioni grazie a un partitino che (se le accuse venissero confermate) non avrebbe potuto presentarsi.
Tuttavia l'indagine penale contro Giovine (che nel frattempo fa felicemente il consigliere regionale) ha, ovviamente, tempi piuttosto lunghi. Più rapido dovrebbe essere il lavoro del Tar, il Tribunale amministrativo regionale del Piemonte chiamato a esprimersi sulla regolarità delle elezioni sulla base di un ricorso presentato dai verdi, dall'Udc e da un'altra lista di Pensionati concorrente di quella di Giovine (inizialmente aveva fatto ricorso anche la Bresso, che però poi ha ritirato tutto in cambio di una poltrona alla guida del Comitato delle Regioni della Ue). Il Tar dovrebbe decidere fra un paio di settimane, ma poi - quale che sia la sentenza - si andrebbe con ogni probabilità in appello davanti al Consiglio di Stato. Insomma, un caos indescrivibile. Anche perché l'altro giorno in un'intervista all'edizione locale di "Repubblica" il docente di diritto amministrativo Vittorio Barosio ha spiegato che, in caso di annullamento del voto, tutti gli atti fin qui compiuti dalla giunta potrebbero essere considerati non validi. In queste condizioni, ovviamente, Cota è molto nervoso: l'annullamento delle elezioni, ha messo le mani avanti il governatore, «sarebbe un golpe giudiziario». E ha aggiunto, riferendosi a Barosio: «Il ricorso al Tar è semplicemente vergognoso, lo capisce anche un bambino. Non c'è bisogno di professoroni».
Sarà. Ma nel frattempo, in attesa della fiaccolata, Cota ha deciso di non dimettersi da deputato, anche se la legge gli imporrebbe di lasciare l'incarico a Roma in quanto governatore. Evidentemente teme che la presidenza regionale gli venga davvero sottratta, e quindi non vuole rischiare di perdere anche l'incarico a Montecitorio ritrovandosi poi come un normale cittadino. Roma sarà anche ladrona, ma le poltrone fanno sempre comodo.
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