Cometa si rivolse al cielo, con i suoi occhi bianchi e gonfi di insicurezza. Le stelle la abbracciavano, la guardavano rassicuranti, mentre era accarezzata dal fresco respiro degli Angeli.
Cometa sentì alcuni passi dietro a lei; si alzò, i suoi piedi puliti si appoggiavano a pochi centimetri dal terreno, una foglia sazia di linfa le attraversò la pancia. Come sei bella oggi, le disse la foglia, Cometa accennò un sorriso e alzò lo sguardo verso l’infinito orizzonte.
C’era un bambino, lì davanti, tutto nero e polveroso. Era bello e brutto, dipende dai punti di vista. Cometa lo trovò bello. Bello come l’inebriante profumo di una rosa azzurra che sboccia in primavera. Bello come l’aurora. Bello come la notte buia. Bello come Lei. Fatto di una bellezza irriconoscibile che solo un cucciolo puro sa riconoscere.
Callisto, unico, innocente.
Baciami, voleva dire Cometa, baciami colle tue labbra nere di fuliggine, così mi sporcherai tutta, ma non mi arrabbierò. Ti ho sentito, disse Callisto, che di Cometa si era già infatuato. Allora Cometa lo avvicinò a sé e incominciò a perdere la sua candida perfezione.
Nel bel mezzo della notte nera, il buio e la luce s’incontrarono per l’ultima volta, piangendo oceani di lacrime salate.