<center> E ti pare che possa sorridere il vento alle palpebre stanche?
C'era una volta una bimba rosata, tra il verde ed il giallo e l'azzuro, si, quello dei nonni e le favole che illuminano gli occhi.
C'era una volta una donnina agghindata,
gonna larga e due cime di ciuffi corvini.
Due mani anzianotte, belle ciotte e un po' goffe,
due mani di nonno, benedette, c'era da prender sonno.
E volavano, dio se volavano, gli anni e due sogni.
Da grande sarò maestra o avvocato geniale.
Da grande sarò bella che dio me la manda.
Da grande avrò le ali e metterò su famiglia.
Da grande avrò un figlio di nome Giovanni.
E la casa saprà d'orzo e d'affeto.
E panini e mortadella e pareti verdi e colorate alla meglio.
E volavano e cadevano i due o tre sogni.
Le mani un po' ciotte si fecero cenere e ossa e ricordi.
Una foto un po' brutta a memoria dell'uomo che dorme.
L'uomo che cullava e pregava per i fiori del campo,
quello dismesso, quello piccolo dove,
io da donna crescevo, tra papaveri e viole.
E poi mi chiedi, se ora piccolo mio. Mi chiedi se è vero,
Quanto si dice. Che di là non c'è nulla e di qua poco resta.
Allora dimmi piccolo, perchè non dovrei piangere al sole.
Perchè ora, che dormi tra mani ciotte e goffe.
Ora che le ho io. Un po' dure di terra e sudore.
non dovrei maledire quell'orologio dannato.
Che ogni ruga ricorda e ogni sogno passato.
Piccolo, piccolo, nipote cullato.
Che la cenere venga e che i tuoi sogni e speranze non siano molte.
Perchè più in alto vai e più cadi quando va male.
E brucia e devasta la sola e unica certezza,
che quando sarà morta,
io, tua nonna,
non avrò assaggiato un solo attimo della tua bellezza. <center>