Bramose le mani del vecchio Cupido,
dall'organo incerto e ricurvo
come il suo arco corroso dal tempo
e la corda sfatta da amori a metà,
sollazzano timidi gemiti
(ringiovanendo il suo essere scaltro)
di un fiore sbiadito da terra e da asfalto
di lucciola magra con poca umiltà.
Ristagna il seme del bieco attempato
nel corpo fremente, riarso, gasato:
Con occhi socchiusi si ciba il momento
urlando al presente, scacciando il passato.
Le dita che prima violente
solcavano sporche colline
leggere ora cercano un sobrio riparo
fra tende biondiccie, pagliate e schive:
Di lavaggi accurati vestite dapprima
e da lerci selvaggi spogliate in un'ora.
Sorride la donna e così la sua borsa
pensando al domani e toccandolo ancora.
Il tempo è finito e la giostra si ferma
le carni bollenti si seccano al sole
dell'occhio dolente di un cuore a poìs.
Il vile denaro rimpiazza l'amore
un mezzo sorriso compensa il dolore.
La notte s'abbaglia di un nuovo ornamento
riprende il suo posto una lucciola stanca
Cupido avverte un altro lamento e
ne cerca un'altra
se il fiato non manca.