A cosa è maschera l’amore quando il palpito è petroso, ed oltre il battito si estende la notte della guerra, del terrore fra uomini? Non è isola, dunque, l’amore, non è riparo. Fragili sono i suoi vetri, polveroso lo schermo, il sole giunge sporco.
L’amore non è riparo, e non v’è riparo all’amore.
E se l’amore non è riparo, non v’è riparo a niente, non esiste zona che non sia esposta. Chiunque altro vi passa senza essere nulla. La vita invade con eserciti rozzi le pianure dell’anima.
Perché uccidiamo ciò che amiamo? Perché non flettiamo i nostri bordi per lasciare entrare altro da quanto ci aspetteremmo? Quanto lasciamo entrare ha la tristezza di un calcolo sicuro, ci porta uno specchio, fa un salamelecco. Immagine di solitudine, ci toglie l’espressione che non abbiamo.
Perché non viviamo lo stesso mondo di quell’amore? Eccolo agitarsi, pronto a sedurci, ora con la dolcezza, ora con la crudeltà, perché ha saputo che entrambe servono. Non sa ancora, però, perché il mondo si fermerebbe, cadendo giù come una mosca vecchia e morta, che non esiste gesto che sia amato da un cuore che ha paura di sé.
Quanta vita si sacrificherà alla possibilità che ogni vita sia una delusione, ogni storia già scritta sul libro del fallimento? E quanta vita morirà fra le dita, credendo che esista solo quanto la mente ora vede e vuole, che esista ma non si trovi fra gli uomini, che esista e sappia essere noi senza essere sé?
Perché dunque desideriamo vita già esaurita dietro spoglie moventi, perché andiamo lo stesso a cercarla, percorrendo terre arse e brulle e la neghiamo se la troviamo? E’ viva, si muove di sangue diverso, non potrà guadarci per sempre, noi che abbiamo tempesta dentro; noi in cui non nuota nessun pesce.
Perché vogliamo la quiete e ci gettiamo a capofitto in guerre sanguinose, perché vogliamo assolutamente e non ci facciamo bastare niente, perché vogliamo l’amore e non sappiamo che farcene?
Perché non possiamo più dare nome a desideri profondi e perdiamo il contatto con la profondità del nostro mare? Ci mancano le parole? Una volta a galla sorridiamo a tutto, e ci facciamo bastare tutto. La paura del fondale, dove il tesoro è adagiato, è ricchezza e annegamento. Le parole ci sono, le abbiamo apprese troppo tempo fa, le teniamo per appassirle.
Riempiamo i nostri vasi di fiori a caso.
Riempiamo le nostre lettere di parole a caso.
Riempiamo il cuore della rabbia di non volere più, non vogliamo ciò che unicamente desideriamo.
Non vogliamo più salvezza: essere salvati è indegno, per salvarci ci mancano le forze.
Dovrebbe Dio calare la sua forte mano e tirarci fuori dal mondo, restituirci la vita privandocene; ma tutt’al più delega al nostro pugnale la sua umanità.
Nemici a noi stessi cerchiamo la sconfitta con voluttà e abbandono; sconfitti, riprendiamo a combattere per una casa senza mobili ed una patria senza onore.
Fuggiamo il dolore nel tempo.
E il tempo è quel dolore.
riflettete, amici riflettete....
saluti !