«In Che paese, l’America ho raccontato la mia vita qui e i miei inizi di insegnante. Ma una volta uscito il libro mi è venuto l’assillo di aver dato troppo poco risalto all’insegnamento. In America i medici, gli avvocati, i generali, gli attori, i personaggi televisivi e gli uomini politici godono di prestigio e di vantaggi economici. Gli insegnanti no. L’insegnamento è la cenerentola delle professioni.» Ecco come Frank McCourt racconta, in uno sfogo accorato, la nascita del suo nuovo libro che ci svela un altro capitolo della sua vita: gli anni dedicati alla scuola.
Dopo l’infelice infanzia irlandese, narrata in Le ceneri di Angela, e il trasferimento e l’incontro con la nuova realtà degli Stati Uniti, descritto in Che paese, l’America, lo scrittore decide di raccogliere in un libro i ricordi della sua trentennale esperienza professionale tra i banchi degli istituiti tecnici e i licei americani.
Il risultato è un terzo romanzo autobiografico in cui la leggerezza, l’ironia e la comicità che caratterizzano lo stile narrativo di McCourt si fondono in una lettura piacevole, che emoziona, fa riflettere e sorridere. Come non appassionarsi di fronte al suo racconto del primo giorno di carriera «in cui – ricorda tra il malinconico e il divertito – rischiai di farmi licenziare per aver mangiato il panino di un alunno» (lanciato a tradimento e caduto a terra) sotto lo sguardo attonito degli studenti? Come non lasciarsi coinvolgere dai ritratti coloriti dei moltissimi rissosi e pestiferi alunni che incontrò sulla sua strada, di cui descrive con acume e grande profondità le imprese e la spesso assai complicata psicologia? Sarà facile seguire queste piccole e grandi disavventure di un insegnante originale, che si riconferma senza dubbio un grande scrittore, un autore che ha molto da raccontare e che lo fa nel modo migliore, riuscendo sempre a stupire e deliziare i suoi lettori.
Negli anni Cinquanta, i cieli delle città americane (e anche gli schermi dei relativi cinema) pullulavano di oggetti volanti non identificati. L'oggetto che il primo giorno di scuola attraversa il cielo della classe, sotto gli occhi attoniti del professor Frank McCourt, è invece identificabilissimo: un panino che l'immancabile mamma italiana ha farcito, a beneficio del suo pupo, con peperoni, cipolla, formaggio fuso e mortadella. Se la prima inquadratura del libro risulta quantomeno inattesa, l'epilogo della sequenza, con il professore che raccoglie il panino e lo mangia lentamente davanti alla scolaresca annichilita, è destinato a restare. E a farci vivere il clima delle trentamila ore di lezione (cifra dell'autore) che McCourt terrà, nei tre decenni successivi, in varie scuole - tecniche e non - sparse tra Brooklyn, Manhattan e Staten Island.
«Quando hai cinque classi di liceali al giorno, per cinque giorni alla settimana, non sei tanto propenso a tornare a casa, sgombrare la mente e vergare una prosa immortale.»