Giada è una studentessa universitaria intelligente e compassata. Riccardo uno studente universitario svogliato e sfacciato. Lei lavora per mantenersi gli studi, lui è mantenuto agli studi. Lei ha un curriculum da lode, lui raggiunge il "venti" a stento. Lei è sostanza, lui apparenza. Giada è occupata part-time in una trattoria e impartisce lezioni di ripetizione ai colleghi meno brillanti. Riccardo sperpera i soldi di papà, deluso dalle sue bugie e dai suoi fallimenti accademici. Per garantirsi la vacanza a Ibiza risponde all'annuncio di Giada. Le ore passate sui libri li avvicinano fino ad innamorarli. Ma perché l'amore si realizzi sarà necessario "rivedere" la propria immagine e maturare un'identità morale. Se uno storico volesse comprendere qualcosa dell'Italia attraverso la produzione cinematografica degli ultimi anni, si troverebbe di fronte ad una gran quantità di film che condividono, in maniera imbarazzante, un identico patrimonio cromosomico. Una progressione disarmante di storielle tutte uguali, fasulle e falsamente artistiche. Uno stile immediatamente riconoscibile dalla voce off, l'impiego di canzoni vintage e di una compagnia di divi teenagers ritornanti (sempre Vaporidis, la Capotondi interscambiabile con la Crescentini). Una serie di regole enunciate: l'origine letteraria, centralità della sceneggiatura (il regista è sempre autore dello script e del libro da trasporre col titolo omonimo), una formula declinabile praticamente in tutte le varianti del cinema "medio" (dalla commedia ai college-movie, dal noir al dramma borghese). Dopo la trasposizione bis dei cult coatti di Federico Moccia (3MSC e Ho voglia di te), dopo l'operazione commerciale della ditta premiata e arricchita Brizzi/Martani (Notte prima degli esami ieri&oggi + l'immanente serie televisiva), debuttano in libreria e al cinema il libro e il film di Volfango De Biasi. Come tu mi vuoi, neanche a dirlo ma è bene dirlo, conferma una standardizzazione drammaturgica e formale tesa ad agganciare e ad aggredire un pubblico di giovanissimi/e. A questo punto la critica può scegliere di porsi come ultimo anello di una catena di promozione e consenso o come ultimo baluardo (forse romantico e probabilmente snobistico) contro un cinema che parla a se stesso, blandendo e impigrendo. Poco credibile sul piano della denuncia che intenderebbe documentare (la noia e i vizi di una gioventù bruciata, lo squallido rituale della droga chic, la rappresentazione dei luoghi dei neo-ricchi spregiudicati), Come tu mi vuoi rimane una prova sfilacciata di una vicenda che si vorrebbe emblematica di una società opulenta ma viziata. L'opera prima di De Biasi cerca le ragioni della diversità mettendo in scena una ragazza bruttina che baratta la propria anima con una presunta accettazione. Il risultato è alla fine ambiguo e l'integrazione viene convertita in omologazione. Il guardare oltre le apparenze richiede un lungo e faticoso tirocinio a cui nessuno, in questo film, sembra davvero disposto.
Sono andata a vederlo oggi, bè il film è scontato ma in fondo non è male, mi è piaciuto