Naturalmente nessuno è obbligato a leggere tutto, quindi per cortesia evitate commenti sulla sua lunghezza.
Sono una pendolare. Arrivo dal mio paese nella grande città con la macchina, la parcheggio al capolinea del metrò per andare al lavoro con i mezzi pubblici.
Stamattina cercavo un parcheggio comodo, ma ho dovuto accontentarmi di un posticino stretto stretto tra due auto. E ho faticato un po' ad entrarci.
Quando stasera sono andata a prendere la macchina, saranno state le sei: c'era un certo andarivieni, ovviamente era già buio, visto che siamo in inverno. Mentre salivo a fatica al posto di guida, mi aspetta un extracomunitario nero nero, che – per la verità – sulle prime mi ha fatto un po' paura.
Ma era gentile ed educato mentre mi diceva che, pargheggiando, forse non me ne ero accorta, avevo sfrisato la sua macchina: una utilitaria grigia, tutta nuova fiammante.
Io sono rimasta interdetta. Mentre l'extracomunitario stava mostrandomi lo sfriso, che – peraltro - io non vedevo al buio, sono intervenuti due poliziotti: “Che c'è signora, ha bisogno di aiuto?”
Con quel che si sente in TV, certamente pensavano di trovarsi di fronte a un tentativo di rapina o di stupro...
Ho cercato di dir loro che si trattava di un piccolo incidente e di verificare se lo sfriso c'era. Loro, che volevano a tutti costi difendermi da quell'extracomunitario nero, si sono accaniti contro di lui: gli hanno chiesto bruscamente i documenti suoi e della macchina, li hanno esaminati lentamente, lo hanno inviato a seguirli trattenendosi i documenti, mentre l'extracomunitario si alteravava, perchè francamente veniva trattato come un delinquente. Più si arrabbiava, più i poliziotti si convincevano che era pericoloso.
A me hanno detto gentilmente di andare, che ci pensavano loro.
Quando son tornata a casa ho visto che davvero avevo sfrisato la macchina dell'extracomunitario perchè c'era una grossa traccia di vernice grigia sull'angolo del mio paraurti.
Ma ormai...
Stamattina, era nevicato leggermente. Prima di andare al lavoro, avevo avuto da ridire anche con la badante che cura mia mamma malata di alzhaeimer, dal lunedì al venerdì. Uscendo le avevo chiesto di scopar via la neve dal vialetto di ingresso, ma lei aveva risposto che non rientrava nelle sue mansioni.
La nostra badante è regolare: una equadoregna che vive in Italia da dodici anni, ma ancora non parla bene l'italiano (ovvero lo parla e lo capisce a seconda della sua convenienza). Sa fare i conti delle sue ore di lavoro e delle sue ore di riposo diurno e notturno in maniera assolutamente precisa. Mi dice: “ma segnora, lei lo deve sape che lavora al sindacato”. E utilizza queste ore di “riposo” sopratutto per fare lavoretti di sartoria a pagamento (in nero) per vari negozi di abbigliamento. Il suoi sabati e le domeniche sono festività sacre. E so di certo che le utilizza per un altro lavoro nero. Sapevo anche che mandava i soldi al paese per i suoi sette figli, affidati al marito e alla suocera, perchè là si vive in miseria. Adesso scopro che si è comprata un appartamento grande, ed è espertissima di mutui. Certamente farà arrivare qui tutta la famiglia.
Domani, che è sabato, andrò a far la spesa sulle bancarelle del mercatino del mio paese. Tra i venditori ci sono cinesi marocchini indiani che non vanno tanto d'accordo con i tradizionali bancarellisti italiani che sono tramandati il “posto” di padre in figlio, e propongono prodotti, più cari, ma “made in Italy”: non come quelli del cinese della bancarella accanto.
Tra la gente che compra, incontrerò diverse donne col velo, con i loro bambini.
E poi anche gli abusivi neri o cinesi, che mettono sul marciapiedi un telo con sopra le loro borse, sciarpe, collanine, cd e cinfrusaglie, pronti a mettere tutto in un borsone se arrivano i vigili.
La gente mormora ostile che gli extracomunitari si prendono le licenze e il lavoro, le case popolari, le cure mediche e le pensioni, qui da noi e come noi: anzi più di noi. E si lamenta che gli extraconutari (e adesso anche i rumeni) ci stanno invedendo. Li guarda con diffidenza perchè fanno tanti figli che vanno scuola con i nostri e devono ancora imparare l'italiano. Teme per la propria “sicurezza”: molti sono irretiti nella delinquenza organizzata (dalle nostre mafie), altri si lasciano andare, allo sbando.
E poi, che ce ne facciamo di tutti quelli che ancora arrivano, clandestini, sui barconi dal mare, che percorrono i tortuosi sentieri delle montagne, che si legano sotto i camoin, che si stipano nei container senza aria, in mezzo alla merce?
Se crepano nel viaggio, e va beh, un pensiero di cordoglio.
Ma quelli che arrivano vivi, rimandiamoli tutti al loro paese!
Dimentichiamoci che, come una volta i nostri nonni sciamavano migrando in Europa e nelle Americhe, anche loro “fuggono una patria infame oppure l'orrore delle loro culle” - come dice il poeta.
Adesso che viviamo pigramente in questo incerto benessere con lo spauracchio della crisi globale, su un territorio che ha ancora bisogno braccia da lavoro umile e manuale, li vogliamo per lo meno “diversi”. Quando capiamo che attaccate alle loro braccia da lavoro ci sono “persone” che ragionano sentono gioiscono piangono amano, che vogliono stare assieme per pregare e conservare le loro tradizioni, e anche che sanno essere furbi, come noi, per guadagnare di più, è un problema riconoscere a loro dei diritti, e persino il diritto alla difesa e la presunzione di innocenza se commettono o si suppone che commettano reati.
Ci servono le loro braccia, ma non li accettiamo come “persone”. Tanto più se diventano “troppi”...
E scatta il latente razzismo che qualcuno cavaca sulla loro e sulla nostra pelle.
Così si fan statistiche si discute e si legifera. Visto che non hanno diritti nel loro paese, ebbene, perchè devono aver diritti da noi?
E' c'è chi piglia voti accalappiandosi un consenso emotivo sulle nostre paure.
E non sono certo loro quelli che studiano una “politica” (non corrotta) tra gli Stati, in modo TUTTI quelli che al mondo nascono, dolorosamente, dal corpo delle donne, siano accolti, nascendo, come “cittadini” e come “cittadine”.
La conclusione è che magari si è disposti a fare la carità a qualcuno, sempre che si quel qualcuno esprima riconoscenza e sudditanza.
Ma riconoscere DIRITTI. i diritti umani, a TUTTI quelli che ci arrivano, ecco: è un'altra cosa! E “loro” si impegnano per cambiare i principi della nostra Costituzione!
fonte
Questo rappresenta l'altro lato rispetto all'articolo dello studente leghista, oserei dire più riflettuto e a tratti propositivo malgrado le piccole frecciatine non sempre immediatamene percettibili. Cosa ne pensate?