Gelli vuole fare causa allo Stato: «Rivoglio il mio tesoro»
di Marco Bucciantini E' Dio. Parla di tutto (ma non sa), sposta, nomina, decide, sa (ma non dice). E' Licio Gelli. In un paese normale le sconclusionate parole del novantenne Venerabile e venerato sarebbero dimenticate per carità umana, e un po' anche per vergogna, visto che una buona parte del suo Piano di rinascita nazionale è stato realizzato alla lettera da Silvio Berlusconi, “e dovrei infatti chiedere i diritti d'autore”, si vanta Gelli, “anche se abolirei il Cda della Rai: Berlusconi dovrebbe nominare un amministratore unico”, non si sa mai.
Dai magistrati all'informazione, il giogo è quello teorizzato a suo tempo dalla loggia massonica Propaganda 2. Il resto, è chiacchiera da bar, puntualmente servita dalle agenzie di stampa, che ribattono il video che Klaus Davi ha piazzato su Youtube. Piove filosofia, da Villa Vanda: “I gay no hanno patria nella P2”, e subito arriva la replica Grillini, “onorato” della discriminazione. “Franceschini è incapace. Incapace perché oggi è difficile dirigere un partito”, e subito arriva la replica di Enrico Farinone, esponente del Pd, “lontano anni luce da questa indecenza”. “Ratzinger non mi piace, frequenta troppe sinagoghe e moschee”, e non arriva nessuna replica, perché il Vaticano si arrabbia solo se qualcuno tocca le cellule staminali. “I campi di accoglienza? Meglio quelli di concentramento”. E qui gli extracomunitari non possono reagire, in quanto reclusi e isolati in quei vergognosi campi, e gli ebrei sono andati in polvere, nel vento, negli altri immondi, campi, che tanto mancano al venerato.
Due mesi fa andammo a Villa Vanda, quando Gelli tornò d'incanto alla ribalta, per via della trasmissione televisiva in cui raccontava la sua Storia d'Italia. Entrammo curiosi in quella bella casa un po' troppo arredata. Lo ascoltammo blaterare per un'ora proprio di queste cose, della nostalgia di Hitler, della necessità di una dittatura in Italia (aspetta e spera), di “punizioni esemplari per i froci”, di metodi di educazione giovanile ariani, di “razze a strisce bianconere”, come egli vede l'Italia multietnica... decidemmo – in breve - che non valeva la pena diffondere quel misero pensiero. Ne siamo tutt'oggi orgogliosi.
Se ne torniamo a parlare è perché il Venerabile rivuole il suo tesoro e per riuscirci sceglie la strada delle aule di tribunale, ovvero intende far causa ai magistrati «che nel 1989 ordinarono la spartizione del mio tesoro in Svizzera. La somma di 8 milioni e 500mila dollari che mi è stata sequestrata deve essere restituita ai piccoli azionisti». «Insieme all'avvocato Lenzini intendo intentare una causa. Come si può seriamente sostenere che le somme oggetto di restituzione da parte delle autorità svizzere fossero destinate soltanto alla liquidazione del Banco Ambrosiano? La terza sezione penale della corte, autrice di questa ordinanza dimostra sia di non avere le idee chiare in materia di sequestro penale, sia, e questo è più grave, di non conoscere i fatti». Gelli aggiunge «ho sottoscritto all'avvocato Lenzini che cederò ai piccoli azionisti il 30-40 per cento della somma che eventualmente mi verrà restituita». Gelli sceglie questa occasione per lanciare un appello a sostegno della iniziativa per riavere il suo tesoro al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, come pure al presidente del Senato Renato Schifani, al presidente della Camera Gianfranco Fini, al Consiglio superiore della magistratura e al Governatore della Banca d'Italia Mario Draghi. «Questa lettera l'ho mandata il 28 ottobre del 2008. L'hanno ricevuta tutti, ma ancora non ho avuto una risposta».
Cosa ne dite?