La sfida sarà garantire acqua pulita, igiene e alimenti sicuri.
In Europa aumenteranno le diseguaglianze. I raccolti si ridurranno del 30 per cento.
ROMA - I cambiamenti climatici genereranno fame, malattie che investiranno milioni di persone. L'allarme arriva dagli esperti del panel sul clima in seno alle Nazioni Unite (Ipcc). Le loro proiezioni hanno confermato i timori che già da tempo circolano fra gli studiosi di questi scenari globali: malnutrizione ed epidemie aumenteranno con l'acuirsi degli effetti del surriscaldamento del pianeta e avranno ripercussioni devastanti. Partono da queste basi le riflessioni del seminario «Cambiamento climatico e impatti sanitari su cibo, acqua e nutrizione», che apre la settimana di iniziative alla Fao per la Giornata mondiale dell'Alimentazione, dedicata quest'anno proprio al tema del cambiamento climatico e della bioenergia. L'incontro è organizzato da Organizzazione mondiale della sanità ufficio Europeo (Oms Europa), Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) e dalla Fao, in collaborazione con il ministero del Lavoro, Salute e Affari sociali.
MINACCIA REALE - Anche se in Europa tutti saranno colpiti, non lo saranno nello stesso modo. Il cambiamento climatico può peggiorare significativamente le disuguaglianze nello stato di salute tra Paesi e all'interno degli stessi, e creare ulteriore pressione sui più poveri (secondo l'Oms già oggi oltre 60 milioni di persone in Europa dell'est vivono in assoluta povertà). Non solo. Gli esperti hanno stimato che entro la fine di questo secolo il costo globale del cambiamento climatico potrebbe arrivare al 5 per cento del Pil. Una minaccia «reale», hanno sottolineato dal seminario, che rischia di annullare i progressi ottenuti verso il raggiungimento degli Obiettivi Onu del millennio: la povertà non può essere eliminata, mentre il degrado ambientale inasprisce la malnutrizione e le malattie trasmesse da acqua e cibo.
AZIONI URGENTI - Per questo, hanno ammonito dalla Fao Marc Danzon, direttore regionale Oms per l'Europa, «di fronte a quello che sappiamo sulle serie minacce poste dal cambiamento climatico alla salute, la questione oggi non è se un'azione di sanità pubblica sia necessaria ma quale azione intraprendere e come». Occorre al più presto, ha aggiunto, «garantire acqua pulita e igiene, alimenti sicuri e in quantità adeguate, sorveglianza delle malattie e risposta, preparazione alle emergenze». E inoltre serve «sensibilizzare gli operatori sanitari sulle malattie legate al cambiamento climatico -ha continuato- fornire un'informazione accurata e tempestiva ai cittadini; stimolare all'azione i settori in cui la riduzione delle emissioni può produrre effetti benefici per la salute. Prima agiremo, maggiori saranno i benefici e minori i costi».
CREATO UN DIPARTIMENTO EFSA - Per contribuire a proteggere la salute dei consumatori, ha spiegato il direttore esecutivo Efsa, signora Catherine Geslain-Laneelle, «l'agenzia europea è pronta a valutare i rischi futuri nella catena alimentare e ha già fatto numerosi passi in avanti in questo senso, creando ad esempio un dipartimento dedicato ai rischi emergenti». Data la portata della sfida, ha avvertito Geslain-Laneelle, «l'Efsa e altri organismi di valutazione del rischio dovranno lavorare a stretto contatto non solo tra di loro, ma con organizzazioni internazionali, Stati membri e altri partner per condividere le informazioni e sviluppare sistemi adeguati per analizzare e rispondere ai rischi». Per far fronte a queste sfide la Fao, ha riferito Ezzeddine Boutrif, direttore della divisione Nutrizione e protezione dei consumatori dell'agenzia Onu, «ha avviato il programma Empres-sicurezza alimentare, che aumenterà la capacità dell'agenzia di raccogliere informazioni per l'individuazione precoce di problemi legati alla sicurezza alimentare, e di sviluppare linee guida per gestire i rischi.
I RACCOLTI SI RIDURRANNO DEL 30% - Secondo l'ultimo rapporto Ipcc, nella regione europea si prevede una diminuzione della produttività agricola nell'area Mediterranea, nell'Europa sud-orientale e in Asia centrale. I raccolti potrebbero ridursi fino al 30% in Asia centrale entro la metà del 21mo secolo, con ripercussioni disastrose tra le popolazioni rurali più povere, il cui reddito familiare è strettamente legato alla produzione di alimenti. Inoltre, temperature più alte favoriscono la crescita di batteri negli alimenti.