Le odiate frasi fatte del capo che ci fanno arrabbiare di più

DI GENTE che parla male, e anche molto male, ce n'è molta, e dappertutto. Chi lavora in un ufficio, e specialmente in un ufficio del settore terziario ha però l'impressione di vivere in una situazione propizia alla produzione di linguaggio deteriore. Dopo un articolo della scrittrice Lucy Kellaway a proposito del gergo aziendale una quantità di lettori del sito Internet della Bbc ha fornito testimonianze su quanto succede nel proprio posto di lavoro: le 50 parole più odiate tra quelle che i capi dicono in ufficio.
Le rare volte in cui compare uno spirito autocritico, e il gergo da ufficio prova a emendarsi, si riscontra l'inesorabile e melanconica saggezza di quel proverbio veneto che dichiara la pezza spesso peggiore del buco. È capitato così a quegli impiegati che furono invitati a non usare più la nota metafora del "brain storming" (tempesta di cervelli): tale metafora ha infatti sgradevole assonanze con accessi, attacchi e acciacchi che riferiti al cervello possono ricordare i colpi apoplettici. Espressione sostitutiva consigliata: acquazzone di idee.
I contributi dei lettori del sito sembrano concentrarsi su innovazioni fantasiose e perifrasi pericolanti per significare una vecchia cosa o anche nulla. Non mancano casi in cui la denuncia è rivolta alla creazione ingiustificata di enfasi o al nascondimento delle realtà sgradevoli.
Le due fattispecie si presentano assieme nell'eloquio di un manager di Liverpool che, in quanto all'enfasi, ricorre in discorsi, lettere ed e-mail, all'espressione "Ti ho nel mio radar": una frase che neppure un sedicenne in pieno hormonal storming che se la sentisse rivolgere da Angelina Jolie accoglierebbe senza un briciolo di raccapricciato imbarazzo. Lo stesso uomo del radar, poi, quando un suo sottoposto gli disse che aveva problemi con le linee telefoniche rispose: "No, tu non hai problemi: hai sfide".
Ecco, tutti questi impiegati britannici, canadesi, australiani, americani sono infastiditi dagli eufemismi e dalle ipocrisie e molti additano la sostituzione del termine "problema" con il termine "sfida" e ne fanno una pietra dello scandalo. La loro indignazione va rispettata, e anzi occorre essere loro grati per la loro capacità di trasformarla in occasione di humour. A lenire le loro preoccupazioni andrebbe però aggiunto che la loro lingua inglese è esente da anglismi.
Ogni turista prima o poi capisce che gli conviene andare in cima al Vittoriano, perché è l'unico posto da cui il panorama di Roma non risulta rovinato dal Vittoriano. È lo stesso tipo di fenomeno secondo cui, per definizione, il gergo inglese da ufficio non può ammettere quei calchi, quegli adattamenti, quelle agglomerazioni lessicali e sintattiche che i manager italiani considerano prestigiosi.
"Sto staffando" disse un giorno il nuovo ministro della Pubblica Istruzione, venuto dal "fare", per avvisare i giornalisti che non aveva ancora finito di scegliere i collaboratori più stretti. E lì si capì cosa poteva essere inteso per Pubblica Istruzione da quel momento in poi.
Nel frattempo sono passate all'italiano - o almeno in un limbo intermedio fra l'italiano, l'inglese e il selenita - espressioni come "formattare", "inputare" (con la N), resettare, forwardare sino al fantastico "scannare" (nel senso dello scanner), che per quanto appaia come frutto di deformazione da umoristi si è sentito davvero usare, a ciglia immobili e senza apparente consapevolezza dei suoi incongrui richiami all'arte di Jack lo Squartatore.
Non che la scimmiottatura dell'inglese, vissuta come lingua tecnica e prestigiosa, sia l'unico fenomeno rilevante nell'italiano aziendale: ma è una marca di riconoscimento, ciò che di più specifico ha la variante nazionale del gergo da ufficio, che per il resto vive anche da noi di metafore enfatiche ("spendiamoci un po' di pensiero!", "i miei collaboratori"), di eufemismi pietosi ("il mercato è in contrazione"), e di non sempre occasionali smottamenti nel nonsense e nell'ignoranza crassa.
L'italiano della scuola è spesso burocratico, polveroso, scentrato rispetto al mondo; l'italiano dei mass-media risulta finto nel suo eterno scintillare, ingannevole nella sua libertà; l'italiano della politica è una delle maggiori prove della distanza che la politica pone tra sé e la realtà: ma proprio il caso del linguaggio politico è rivelatorio perché ciò che oggi lo rende più fastidioso è la sua sempre più abbondante contaminazione con il gergo aziendale.
"Svegliamo l'arcano!", disse un giorno un uomo, un milite ignoto di quella infinita campagna bellica che è la Riunione. E l'esoterismo di una lingua fatta per comandare avendo l'aria di convincere, per informarsi avendo l'aria di comandare, per passare il tempo avendo l'aria di lavorare; il potere subdolo di una parola che somma l'opacità burocratica alla falsa efficienza; l'arcano del gergo imposto per via gerarchica, una volta risvegliato, non si è appisolato mai più. (repubblica)
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quali sono le frasi che vi fanno arrabiare di piu nel vostro lavoro
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