L'Istat: un terzo dei giovani vive con mamma e papà A Milano boom dei trentenni single Web, cellulare e mille euro al mese. Precari, ma amano spendere. «Non ci sposiamo, costa troppo». In calo l'impegno politico
MILANO - Forse non ha tutti i torti Francesco Aufieri quando dice che nella vita ha scelto di fare due cose ad alto rischio (d'insulti): l'arbitro e il sindacalista. Ha 30 anni, vive con i genitori, guadagna 1450 euro al mese e fa il funzionario nella Cgil. «Sei nel sindacato? In un'organizzazione di massa? Ma dai, mi dicono. Quasi fossi un diverso». In effetti, solo il 10% degli iscritti Cgil ha meno di 35 anni. Aufieri rivendica però di far parte del trasversale popolo degli aperitivi. E confessa: «Vestirei pure Gucci, se solo costasse di meno».
I trentenni milanesi, lo dicono gli studiosi, sono individualisti, non fanno generazione e, soprattutto, politicamente non contano granché. Il motivo, secondo Alessandro Rosina, demografo della Cattolica, è semplice: sono pochissimi. A Milano i 30-35enni non arrivano a 115.000. Mentre gli under 35 sono soltanto il 22% dell'elettorato (dunque: 1 su 5). Michele Mariani è un direttore creativo della Armando Testa. Quasi rimpiange gli anni '80. C'erano gli spot per i ventenni, quelli per i trentenni e così via. E c'erano le tribù: i punk e i paninari.
Ora, nelle analisi di mercato, i trentenni sono considerati come i ventenni. E sono difficili da individuare: «Si muovono sul web e sui cellulari. I canali mediatici sono la palestra e gli aperitivi». In realtà, per rintracciarli basterebbe bussare alle case dei genitori. Ventotto giovani su cento vivono con mamma e papà. Forse anche per questo hanno pochissima voglia di sposarsi. Milano ha il record di «bamboccioni» celibi o nubili (a 40 anni senza fede nuziale ci arriva il 60% dei maschi). E di single.
Pietro Camonchia ha 31 anni e di professione fa il manager musicale (segue i Negramaro e i Casino Royale). Comunica attraverso il blog, ha l'iPod, tutti i tipi di messaggerie (software per chattare online) ed è iscritto a un social network. Un tipico trentenne hi-tech, che dà lavoro a 17 persone. Il più vecchio ha 32 anni. «Mi confronto ogni giorno con loro». Se c'è una cosa che li accomuna, dice, è la mancanza di punti fissi. Fa l'esempio della musica. «Ora va di moda l'elettro-pop. Ma i trentenni ascoltano tutto e niente. Si lasciano trasportare dai trend. Non hanno filtri». Chi non va a bere l'aperitivo al modaiolo Radetzky, lo fa perché costa tre euro in più che nei locali dell'Isola o del Ticinese. Non perché ci vanno i fighetti, come sarebbe successo un tempo. Non sono sparite le differenze economiche.
I trentenni benestanti al giovedì affollano l'Armani Caffè o il Just Cavalli. Marco ha 33 anni, lavora in un'agenzia di modelle, non è ricco (1900 euro mensili) ma i benestanti li frequenta. L'ultima tendenza, racconta, è il matrimonio chic fuori Milano: «Chi si sposa in città è considerato un poveraccio». Ma, a parte qualche snobberia da ricchi, «i trentenni non vivono conflitti ideologici», dice il sociologo Mauro Ferraresi (Iulm). «Non cercano la differenziazione ». Dieci anni fa c'erano i «precisi ». Giovani che compravano da Tincati e indossavano una sorta di divisa: scarpa inglese sotto il jeans e camicia Ralph Lauren. Il preciso smanettava su moto giapponesi: il top era la Honda Gp. Una scheggia.
Il trentenne del 2008, al contrario, è globalizzato: veste casual e va in scooter. Persino in Vespa. Da ex preciso, Marco non sarebbe mai andato in un locale Arci troppo di sinistra. «Di recente ho fatto una tessera a 10 euro per tre serate. Con pochi soldi ho scoperto un mondo nuovo e underground ». Clementina è una trentenne «creativa», terrorizzata dall'idea di sposarsi. Vive in una casa di proprietà, ha l'auto, Sky, il computer sempre acceso e due cellulari. Guadagna mille euro al mese. «Come faccio? Tutto pagato dai miei. Mi vergogno a dirlo, ma senza il loro aiuto a Milano non si vive». Ecco cosa differenzia un trentenne dall'altro: mamma e papà.
«Chi è finanziato dalla famiglia può fare carriera e uscire di casa. Chi non ha questo vantaggio soffre la flessibilità del lavoro, gli stipendi bassi e gli affitti alti», sentenzia Rosina. «La spesa media europea per politiche giovanili è del 2,6% del pil. In Italia è dello 0,6%». Eppure non sono diminuite le opportunità di divertimento. «I locali e le discoteche milanesi non denunciano cali di presenza», dice Ferraresi. Forse per questo paragona i trentenni agli orchestrali del Titanic. «Continuano a suonare, ma la nave sta affandando (corriere)
-----------------------------------
anche per voi vale tali considerazioni e modo di identificarsi o nelle vostre città riuscite a vivere meglio ? raccontate le vostre esperienze di vita o di sopravvivenza
--------------------------------------------