LONDRA - Aprirà ad Amsterdam, il mese prossimo, e offrirà cure 24 ore su 24 ai suoi pazienti. Il vizio da cui sono afflitti non è l'alcol, né la droga, né lo shopping compulsivo: è la mania di giocare ai videogiochi, in particolare a quelli su Internet che permettono a più giocatori di partecipare simultaneamente a una competizione comunicando tra loro in tempo reale.
"Nell'ultimo anno e mezzo abbiamo visto il moltiplicarsi di casi di questo genere", dice Keith Bakker, fondatore e direttore di Smith & Jones, prima clinica per videogamesdipendenti in Europa. "Sono adolescenti, studenti universitari, spesso anche uomini adulti con un lavoro già avviato. E se sono per lo più uomini, forse è perché questi giochi, stabilendo una rigida gerarchia, soddisfano maggiormente l'ambizione maschile al comando".
Analoghi centri di recupero, segnala l'Herald Tribune, edizione internazionale del New York Times, sono sorti recentemente negli Stati Uniti, in Cina, in Francia, in Corea del Sud. Le dimensioni del fenomeno sembrano enormi. Noon esistono dati certi, ma nel mondo si stima che qualcosa come tredici milioni di persone giochino abitualmente ai videogames su Internet, sulla Playstation o su altri lettori digitali. In particolare in Corea del Sud, specie tra i più giovani, gli appassionati sono numerosissimi: sei persone su dieci tra i nove e i trentanove anni d'età si considerano giocatori incalliti, secondo un sondaggio pubblicato lo scorso anno dal governo di Seul.
Quanti siano, tra costoro, gli afflitti da una dipendenza patologica, è ovviamente opinabile. Marc Valleur, direttore di una clinica per videogamesdipendenti a Parigi, ridimensiona le cifre e ritiene che i giocatori "con un problema" siano tra il 2 e il 4 per cento del totale, più o meno la stessa percentuale dei giocatori d'azzardo e degli scommettitori che hanno sviluppato una forma di dipendenza verso il loro passatempo. Si tratta comunque di centinaia di migliaia di "malati", che si rovinano la vita come gli alcolizzati o i tossicodipendenti.
"Smettono di avere relazioni sociali, tagliano i rapporti con la famiglia, abbandonano ogni attività sportiva o altra occupazione, non studiano più, mangiano seduti davanti al computer, dormono poche ore per notte, continuando a giocare fino al punto di autodistruggersi", dice Keith Bakker della clinica di Amsterdam. E qualcuno, giocando, letteralmente muore: proprio in Corea del Sud, dove si calcola che i videogamesdipendenti siano un milione, l'anno scorso sette persone hanno perso la vita per eccesso di gioco.
In agosto, un uomo di 28 anni è morto dopo cinquanta ore ininterrotte di videogioco. In dicembre, un altro sudcoreano, 38enne, è morto in un Internet cafè: aveva giocato 417 ore nei precedenti venti giorni, dormendo tre ore per notte. C'è anche chi tenta di smettere, come un francese di 25 anni che, per sfuggire al vizio, è partito per una vacanza in Sud America: arrivato all'aeroporto di Rio de Janeiro ha cominciato a pensare ai personaggi del gioco, si è seduto a un computer di un Internet cafè e ha passato l'intera settimana di vacanza dentro al terminal.
(13 giugno 2006)