corriere della sera
«Video hard. E il telefonino si ricarica»
Inchiesta denuncia di Report su «3». Indaga la Procura di Milano
ROMA — Si chiama 3 Italia ed è la compagnia telefonica che per prima ha lanciato, con testimonial d'eccezione come il senatore a vita Giulio Andreotti, il servizio di videotelefonini utilizzando la cosiddetta tecnologia Umts: quella che qualche anno fa scatenò in Europa la febbre delle licenze, facendo incassare ai governi continentali somme da capogiro. Con un investimento di 220 milioni di euro fortemente voluto dal suo amministratore delegato Vincenzo Novari, che ha rilevato a questo scopo le frequenze di Canale 7 dal gruppo Profit di Raimondo Lagostena (figlio dell'avvocato Tina Lagostena Bassi), la società partita con il nome di H3g che fa capo alla Hutchison Wampoa del miliardario cinese Li Ka Shing promette intanto di far vedere in diretta sui videofonini le partite dei prossimi mondiali di calcio. Per poi far decollare alla grande il servizio della tivù sui cellulari: film, sport, intrattenimento e altro ancora. Un progetto che ha suscitato molte diffidenze, ma nonostante queste dovrebbe essere il preludio a un nuovo tentativo di quotazione in borsa dopo quello già fallito nei mesi scorsi. Le perplessità su tutta l'operazione sono state rilanciate la sera di domenica 30 aprile su Rai Tre dalla trasmissione Report di Milena Gabanelli. Che ha sollevato anche un altro caso: quello dei contenuti video già attualmente accessibili attraverso i telefonini 3. «In attesa di vedere le clip delle partite dei mondiali — ha commentato Milena Gabanelli — si può vedere l'archivio: l'offerta è varia».
E in questa varietà, ha sottolineato Report, c'è un particolare servizio che dovrebbe essere riservato agli adulti ma al quale anche chi non è maggiorenne potrebbe invece accedere senza troppe difficoltà, aspetto su cui la procura di Milano ha aperto un'indagine per il momento a carico di ignoti. Si tratta di un archivio di immagini prodotte dagli stessi utenti: video e foto prevalentemente di genere hard, che è possibile scaricare sul proprio videofonino a un prezzo modico. «È stato aperto un fascicolo — spiega il pm Isidoro Palma — per due diverse ipotesi di reato: divulgazione di materiale pornografico e pedopornografico. Lo stato delle indagini ha consentito di escludere la seconda ipotesi». Ma c'è, sempre secondo Report, un dettaglio che renderebbe il tutto ancora più sorprendente. Il prezzo che chi scarica il video o la foto paga, infatti, non va tutto all'operatore: una parte ricarica anche il videofonino dell'autore della clip o della foto «hard». Circostanza che potrebbe rappresentare, sostiene Report, una formidabile tentazione a produrre e mettere in rete materiali di quel tipo proprio per quella categoria di utenti ai quali il meccanismo della ricarica fa più comodo. Cioè i minorenni.
La compagnia ha rigettato ovviamente accuse e sospetti, sostenendo che è un servizio ordinario e tutti i contenuti adatti a un pubblico adulto sono inaccessibili ai minori. Ma secondo gli utenti più giovani interpellati nel corso dell'inchiesta il blocco costituito dal codice di accesso sarebbe in realtà facilmente aggirabile. Oltre a suscitare interrogativi (anche questi respinti da Novari) su alcuni aspetti della gestione aziendale, Report ha pure sollevato dubbi di natura tecnica sulla prossima partenza del servizio tivù sul telefonino. Una iniziativa per la quale 3 Italia sta acquistando contenuti dalla Lega calcio (a colpi di milioni di euro per i diritti anche delle squadre meno importanti), ma anche da Rai e Mediaset. Il servizio dovrebbe partire prossimamente con la copertura del 75% della popolazione: ma nell'inchiesta di Rai Tre si afferma che mancherebbero gli impianti. E che non ci sarebbero, almeno nelle città più grandi, come Roma e Milano, domande di installazione di antenne sufficienti a compensare quel deficit. Almeno in tempi brevi.
«Rischia chi guarda i filmati, non la compagnia»
ROMA — Maggiore Giorgio Manzi, esperto di tecnologie del Racis dei carabinieri, cosa rischia il minorenne che manda le proprie immagini hard? «Nulla. È invece punibile chi dovesse spingere un minorenne a fare una cosa del genere. Come per la prostituzione ad essere punito è lo sfruttamento».
E chi invece quel filmato lo guarda? «Può essere favoreggiamento della produzione di materiale pedopornografico, fino a 12 anni di carcere. Il buon senso può far scattare l'accusa anche se chi gira il video si dichiara maggiorenne poiché è chiaro che a fare una cosa del genere sono ragazzini che cercano di arrotondare la paghetta».
E la compagnia telefonica non rischia nulla? «No, perché non può invadere la privacy degli utenti e quindi non può sapere quanti anni ha chi produce o vede quel filmato».
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