La cosa che mi ha disgustato di questa vicenda è stata la posizione di tutti i politici, senza distinzioni di partito. Il problema è che dimostrare soddisfazione per la cattura e soprattutto stringersi al fianco dei parenti delle vittime, è politically correct e porterebbe una notevole perdita di voti e di consensi una qualsiasi altra posizione.
Eppure non ci vuole molto per documentarsi un po' su come sommariamente fu fatto il processo a Cesare Battisti; la cosa più banale, una scorsa su Wikipedia, già dovrebbe mettere in allarme e porre qualche dubbio.
Che poi la giustizia italiana la conosciamo di che qualità sia...
Quello che non capisco sono i parenti delle vittime: si dà loro in pasto un capro espiatorio e loro mostrano soddisfazione. Se fossi io parente di una vittima quello che vorrei sarebbe innanzitutto la certezza della colpevolezza.
Vi riporto la difesa di Battisti presa da wikipiedia:
La difesa di Battisti
Battisti sostiene di non aver mai ucciso nessuno e di non aver «mai voluto uccidere nessuno».[6] Coloro che sostengono l'innocenza di Battisti (e Battisti stesso) affermano che il processo sia stato condotto senza garanzie giuridiche, con l'uso di confessioni estorte con la violenza[34] e di "pentiti" da essi ritenuti non attendibili (poiché in cambio della testimonianza contro l'assente Battisti furono scarcerati dopo pochi anni, nonostante fossero accusati di numerosi omicidi e di attività terroristica) e contraddittori, come Pietro Mutti[34]; nei casi Sabbadin, Santoro e Campagna, la condanna di Battisti si basava soprattutto sulla sua testimonianza.[34][35]
Le presunte contraddizioni del pentitoL'accusa contro Battisti si basò soprattutto sulle dichiarazioni di Pietro Mutti, collaboratore di giustizia. Testimoni secondari furono i dissociati Arrigo Cavallina e l'ex compagna giovanile di Battisti, Maria Cecilia Barbetta, le cui dichiarazioni furono confrontate con quelle del pentito.[36] Secondo lo scrittore Valerio Evangelisti, le contraddizioni sarebbero molte; Mutti avrebbe anche cambiato spesso versione in cui il ruolo di Battisti è diverso e confondendo gli omicidi Santoro e Campagna nelle interviste.[17][34] Secondo Evangelisti, Battisti non avrebbe avuto altro modo per difendersi che praticare quello che definisce il "diritto all'evasione" e fuggire.[37]
La stessa Cassazione affermò che «Questo pentito è uno specialista nei giochi di prestigio tra i suoi diversi complici, come quando introduce Battisti nella rapina di viale Fulvio Testi per salvare Falcone […] o ancora Lavazza o Bergamin in luogo di Marco Masala in due rapine veronesi. Del resto, Pietro Mutti utilizza l'arma della menzogna anche a proprio favore, come quando nega di avere partecipato, con l'impiego di armi da fuoco, al ferimento di Rossanigo o all'omicidio Santoro; per il quale era d'altra parte stato denunciato dalla DIGOS di Milano e dai CC di Udine. Ecco perché le sue confessioni non possono essere considerate spontanee».[38]
Riassumendo le contraddizioni nella testimonianza del pentito, che non affrontò comunque un contro-interrogatorio in aula, in particolare si troverebbero scarsi elementi per l'accusa in tre omicidi (Santoro, Sabbadin e specialmente Torregiani) ed elementi con molte incongruenze nell'omicidio Campagna, l'unico in cui Battisti fu accusato da testimonianza oculare:
- Mutti affermò, cosa ripresa dalla sentenza, che l'agente Santoro era stato ucciso da Enrica Migliorati (precedentemente accusò Giuseppe Memeo e un'altra donna, ma poi cambiò versione) e da Battisti, ma in un altro verbale afferma invece di essere stato lui, in un altro è coinvolto anche Diego Giacomin[34]; addusse come prova il fatto che Battisti glielo avrebbe rivelato in confidenza.[34] In una delle versioni una testimone inizialmente parlò di un uomo alto 1,90, versione ripresa da Mutti e poi abbandonata: un complice non riconosciuto avrebbe agito con Memeo (o con una donna), e venne descritto come biondo, con la barba e alto 1,90 m[34]; l'uomo venne identificato poi con Battisti[34], che tuttavia è poco più alto di 1,60 m, non aveva la barba (anche se poteva averla posticcia secondo il pentito) e ha i capelli castani. Dopo 10 anni, nel 1993, una terrorista denunciata da Mutti come complice, venne assolta per questo delitto.[34]
- Mutti affermò prima che Battisti avesse ucciso Sabbadin di persona, ma dopo la confessione di un altro militante, Diego Giacomin, sostenne invece di averlo ucciso lui stesso assieme a Giacomin, mentre Battisti faceva da copertura armata, guidando l'auto; Battisti afferma che l'autista fosse invece una donna (senza farne il nome; un'altra complice, Paola Filippi[39], ebbe l'ergastolo per concorso ma riparò in Francia[34]), adducendo altre testimonianze.[17]
- Lo stesso Mutti attribuì a Battisti l'omicidio di Campagna, con lui e Claudio Lavazza come complici; affermò di averlo visto, ma non ricorda se direttamente o dentro lo specchietto retrovisore.[40]
«Io e un altro compagno, Claudio Lavazza, operaio come me, abbiamo osservato tutto dall’auto in cui li attendevamo. Non mi ricordo se ho girato la testa o se ho osservato la scena dallo specchietto retrovisore della nostra Simca 1300. Ma l’ho visto mentre sparava.» (Pietro Mutti[40])
- L'altra condanna (omicidio Torregiani) fu per il reato di "concorso morale" previsto dalle leggi specialiantiterrorismo: nel caso Torregiani, dove secondo gli innocentisti Battisti si sarebbe forse limitato a partecipare a riunioni dei PAC (o forse non ne faceva più parte), dove altri militanti avevano deciso l'omicidio, ma non ci sarebbe prova che l'abbia approvato o l'abbia organizzato, come affermato dai pentiti (Mutti e Cavallina) e dalle sentenze, in quanto i PAC contavano più di 60 militanti e Battisti era un membro di bassa importanza[34]; essi contestano anche che nei principali mass media Battisti sia stato presentato, a dispetto delle sentenze, come colui che uccise materialmente Torregiani, «sparandogli alla schiena» (in realtà il gioielliere venne ucciso materialmente da Giuseppe Memeo, reo confesso, e da altri due complici), e che sparò al figlio di questo, rimasto paralizzato da un proiettile proveniente dalla pistola del padre, impugnata per autodifesa da Torregiani stesso (Battisti, anche secondo la sentenza, era altrove in quel momento, a effettuare la copertura armata all'omicida di Sabbadin); accusano inoltre di presentare Battisti come "leader" o "dirigente" dei PAC, quando fu un semplice militante, o di aver affermato che Battisti uccise Torregiani durante una rapina di autofinanziamento, cosa non vera.[34]
Presunto uso della tortura e irregolarità giuridiche
Alcuni militanti dei PAC affermarono di aver subito pesanti torture, per far loro rivelare i colpevoli dell'omicidio Torregiani.[41] Battisti ha però anche ribadito che nessuno, nemmeno sotto minaccia o tortura, ha mai fatto il suo nome come esecutore degli omicidi, tranne Pietro Mutti, in cambio di sconti di pena.[25]
Mutti fece arrestare per l'omicidio Torregiani anche Sisinnio Bitti, poi risultato non coinvolto (avrà solo una pena minore per fiancheggiamento dei PAC) e vittima di violenze della polizia, assieme ad altri membri del Collettivo Politico della Barona, un gruppo legato all'Autonomia Operaia, che secondo gli inquirenti era legato direttamente ai PAC, poiché aveva parlato del delitto in un bar.[42] Tra questi autonomi, Sisinnio Bitti, Umberto Lucarelli, Roberto Villa, Gioacchino Vitrani, Annamaria e Michele Fatone (fratelli di Sante Fatone dei PAC ma non coinvolti con essi) presenteranno esposti all'Autorità Giudiziaria per aver subito violenze dalla polizia.[43] Evangelisti riporta che almeno dieci persone avrebbero confessato, causa torture, di essere autori materiali dell'omicidio Torregiani. Sisinnio Bitti ebbe una pena minore; disse di aver subito la tortura dell'acqua[41], ed ebbe tra l'altro, secondo referto medico, l'udito lesionato dalle percosse.[44] Anche il principale accusatore Mutti potrebbe aver subito pressioni fisiche, anche se lui negò[45][46], salvo poi ammetterlo, secondo gli autori di CarmillaOnLine, in un'intervista a Panorama del 29 gennaio 2009.[47] Il pentito fu tenuto isolato in luogo sconosciuto, senza avvocato, come accaduto ad altri terroristi arrestati nello stesso periodo (gennaio 1982) che subirono violenze (quali Emanuela Frascella delle BR, uno dei casi ammessi da Salvatore Genova, membro con Nicola Ciocia della squadra di Umberto Improtadurante il sequestro di James Lee Dozier).[48] Cesare Battisti sostiene apertamente che Mutti fu torturato:
Inoltre, lo stesso legale di Battisti, l'avvocato anarchico Gabriele Fuga, non avrebbe potuto costruire una difesa efficace in quanto fu arrestato perché accusato di essere un fiancheggiatore dei suoi assistiti, e rilasciato a processo in corso, il 13 luglio 1981, e assunse la difesa di Enrica Migliorati. Battisti venne difeso da un avvocato d'ufficio, poi dal collega di Fuga, Giuseppe Pelazza, dopo essere evaso.[44][50] Tra i testimoni a carico di alcuni imputati dei PAC ci furono anche una ragazzina di quindici anni, Rita Vitrani, indotta a deporre contro lo zio Sante Fatone, e dichiarata psicolabile dai periti. La Vitrani fu poi temporaneamente arrestata assieme al fratello nel 1984, durante la cattura e il ferimento di Fatone.[51] Un altro testimone, Walter Andreatta, cadde in stato confusionale e fu definito “squilibrato” e vittima di crisi depressive gravi dagli stessi periti del tribunale.[34]
«Mutti era mio amico, ma nessuno può resistere alla tortura compiuta con ferocia. È una questione fisica, biologica, non è necessariamente qualcosa che riguarda la morale. Perché denunciò me e non un altro? Perché i procuratori gli ordinarono di denunciare me, non di denunciare un altro! La persona torturata deve obbedire a chi ordina la tortura. Può rimanere il dubbio sul motivo per il quale i procuratori scelsero me. Io ero, di tutto questo gruppo, l’unico che scriveva cose che venivano lette in diversi paesi. Io per molto tempo ho fatto dettagliate denunce riguardo alla scomparsa di detenuti politici, alle torture e agli abusi.[49]»
Secondo Fred Vargas ci furono anche delle falsificazioni nei documenti, nei mandati e nelle firme con cui veniva assegnata la procura agli avvocati nel processo in contumacia, ma essi smentirono di essere stati sfavorevoli a Battisti.[17][50][52]
Amnesty International criticò le modalità dei processi per terrorismo e associazione sovversiva tenuti negli anni '80, sia quello ai PAC, sia altri (omicidio Tobagi e processo 7 aprile), tenuti dai pubblici ministeri Pietro Calogero e Armando Spataro.[53]
Dopo l'evasione di Cesare, i genitori di Battisti, con problemi di salute (il padre aveva un tumore, la madre era ospedalizzata), furono interrogati; i fratelli, una sorella e il cognato furono invece arrestati brevemente, detenuti in caserma e poi nel carcere di Frosinone e di Latina, interrogati - secondo la loro versione - in maniera pesante senza avvocato e poi rilasciati dopo alcune settimane. I carabinieri prelevarono una notte anche la nipote di quattordici anni che assistette all'interrogatorio dei genitori.[54] In quanto non erano ufficialmente indagati di favoreggiamento, ma solo "persone informate", nonché trattenuti in base alla legislazione d'emergenza, non furono assistiti da un legale durante gli interrogatori. I genitori di Battisti morirono pochi anni dopo, senza che lui potesse rivederli.[55]
I test scientifici sulle armiUn'altra linea di difesa è quella che sostiene che i test scientifici condotti sulle armi di Battisti sequestrate e analizzate, per le quali fu condannato a 12 anni - per insurrezione armata contro i poteri dello Stato e possesso illegale di armi da fuoco - avrebbero dato esito negativo e confermato che non furono mai usate per sparare nel periodo immediatamente precedente all'arresto del 1979 (mentre Battisti avrebbe dovuto utilizzarle almeno per l'omicidio che avrebbe commesso di persona lo stesso anno, quello di Campagna).[17][34] Il proiettile che uccise Campagna sarebbe stato identificato come appartenente alla stessa pistola usata da Memeo nell'esecuzione materiale del delitto Torregiani, mentre Mutti afferma che fu Battisti a sparare a Campagna (ma non a Torregiani). Risulterebbe quindi perlomeno esserci stata una pistola usata in comune tra i due.[17][34]
Il ruolo dei mass mediaAlcuni di essi paragonano il caso Battisti a quello di Pietro Valpreda, l'anarchico incarcerato per la strage di Piazza Fontana, additato come "mostro" dalla stampa, sulla base di due testimonianze (Mario Merlino e il testimone oculare Cornelio Rolandi) ritenute prima attendibili e poi rivelatasi incomplete, false o lacunose, e infine assolto.[34] Ci sono stati anche paragoni, spesso polemici, tra la vicenda di Battisti e quella di Silvia Baraldini, detenuta negli Stati Unitiper accuse simili, in riferimento a reati commessi nel paese d'oltreoceano (concorso in evasione, rapina e omicidio), poi estradata in Italia nel 1999 e liberata dopo pochi anni, poiché considerata una perseguitata politica secondo il governo italiano, nonostante le proteste statunitensi.[56][57] Altri notano l'affinità con le accuse, estorte, contro Giuseppe Gulotta, un muratore siciliano condannato per la strage di Alcamo Marina, scagionato dopo più di 30 anni e 22 di carcere; un altro condannato morì in prigione e altri due fuggirono in Brasile come Battisti, protetti dal governo sudamericano, fino alla dichiarazione di innocenza nella revisione processuale.[58]